2013
Zona Micheletti: Il risultato non è importante ma tutto
Gira un assioma da tempo nel mondo del calcio: il risultato non è importante ma tutto.
È una affermazione che trova proseliti e detrattori, ma soprattutto è una affermazione che trova risposte nella storia del campionato.
Vince chi prende meno gol: negli ultimi 8 scudetti ha vinto la difesa meno battuta. Ecco perché la Juve è prima e la Roma seconda;ecco perché il Napoli comanda il torneo di ciapa no che si sviluppa alle spalle delle prime due e che ha per le altre iscritte Inter e Fiorentina: nell’ultimo turno le due battistrada hanno preso un gol in due, le altre otto in tre.
I numeri hanno un’anima anche se a volte vanno spiegati. Per Napoli e Fiorentina si può parlare di problema filosofico (campani) e di problema strutturale (toscani). Il Napoli ha un allenatore che nel giorno in cui perde a Dortmund (dove doveva pareggiare) sostiene che preferisce una squadra che gioca a una che fa risultato, la Fiorentina è vittima forse dell’ambiente da sempre innamorato del bello ma non del pratico e con dei difensori che non si stanno dimostrando all’altezza delle aspirazioni e con un centrocampo che non li copre a dovere. L’Inter invece soffre di carenze: Mazzarri, che almeno ha sistemato i giocatori in campo a differenza di chi l’ha preceduto, non può fare i miracoli e se Ranocchia sbaglia l’uscita sul primo gol del Parma o Handanovic cicca uno dei suoi pochi palloni di quest’anno non può finire sul banco degli accusati. Dove non c’è mai stato invece chi questa squadra gli ha consegnato dal punto di vista tecnico.
E per restare coerenti con l’apertura, il Milan che stecca anche a Livorno è figlio del disordine societario: i giocatori, razza difficilissima da gestire e bravissima a capire in che direzione tira il vento, non possono essere lasciati a un allenatore che sanno non ci sarà più (Lippi nel suo divorzio dalla Juve prima dell’Inter non ha insegnato niente a nessuno?). Allegri poi ci mette un po’ del suo quando non riesce a trovare una soluzione tattica che eviti a Balotelli tutta quella solitudine là davanti. Ma se invece del pareggio fosse arrivata una sconfitta (come poteva essere) o una vittoria (basta pensare alla traversa di Balotelli) state sicuri che i commenti sarebbero stati tutti diversi.
Ed ecco anche perché a Genova sponda Samp e a Verona sponda Chievo ora è tutto un inno al cambio di panca: i due allenatori precedenti non avevano più lo spogliatoio dalla loro e ai subentranti è bastato per ora vivere sull’onda emozionale del cambio e mettere un po’ d’ordine tra le docce per avere il filotto che sistema la baracca. Direte e a Catania allora perché non ha funzionato? Perché quest’anno i rossazzurri soffrono di ‘interite’ una sindrome che colpisce tutti quelli che vivono la stagione successiva a un grande record. Lo scorso anno quasi l’Europa: quest’anno la convinzione di poterlo rifare. Sbagliato, sbagliato, sbagliato: era il momento di fare pizza pulita ringraziando chi c’è stato e ripartire. Come avrebbe dovuto fare l’Inter dopo il triplete di Mourinho e come avrebbero dovuto fare in Sicilia dopo il miracolo di Maran.