Zeman: «SCHILLACI amava il pallone, voleva giocare anche DA INFORTUNATO. Ecco come arrivò alla JUVE. Aveva tanti modi per fare GOL»
Connettiti con noi

Hanno Detto

Zeman: «SCHILLACI amava il pallone, voleva giocare anche DA INFORTUNATO. Ecco come arrivò alla JUVE. Aveva tanti modi per fare GOL»

Avatar di Redazione CalcioNews24

Pubblicato

su

Zeman

Zeman ricorda Totò Schillaci: «Amava il pallone, voleva giocare anche DA INFORTUNATO. Ecco come arrivò alla JUVE». Le dichiarazioni

Il tecnico degli anni di Messina di Totò Schillaci è stato Zdenek Zeman che su La Gazzetta dello Sport oggi ricorda la figura del bomber scomparso ieri.

VOLEVA GIOCARE SEMPRE «Calciatore con il fuoco dentro: voleva il campo, a qualsiasi costo, anche da infortunato. Non voleva rinunciare a nulla, amava esserci, divertirsi. Una volta si fece male, credo fosse stato operato mi pare a un menisco, ma in due settimane tornò ad allenarsi. Stiamo parlando di trentacinque anni fa, quando i tempi di recupero erano chiaramente superiori a quelli attuali. Ne ricordo un’altra: alla vigilia di una gara particolare, assai sentita, certo importante, gli venne una caviglia più grossa di un melone, impossibile rischiarlo. Quasi mi implorò: mi faccia giocare, mister». Glielo dissi, non puoi, non ti vorrei bene, ti rovinerei altre gare. Capì. Ma, come succede ogni tanto, quella esclusione fece rumore, non si era a conoscenza delle sue condizioni fisiche e nacquero le leggende metropolitane: in giro pensavano che avessimo litigato, qualcuno così disse o scrisse. Finì in risata tra me e lui: ma come si faceva ad avere una discussione con un ragazzo del genere?».

IL PALLONE – «Un sempliciotto, nei rapporti ci sapeva stare, era un buono. Da me – però in genere da qualsiasi allenatore – voleva solo il pallone, gli bastava quello per essere felice e per sentirsi realizzato. A Messina lo trovai già nella fase evolutiva, aveva cominciato con Scoglio. Ma poi insieme vivemmo una stagione emozionante, divenne capocannoniere della B e mio zio Vycpalek, che ricopriva il ruolo di osservatore della Juve, lo segnalò ai bianconeri».

COME ANDO’ ALLA JUVE – «Come doveva andare. Stava bene se poteva starsene in campo, lì dava il meglio, perché segnava».

DAL MESSINA A ITALIA ’90 – «Alla Juventus si impose immediatamente e penso che chi ebbe modo di vederlo e di conoscerlo non abbia mai avuto dubbi che riuscisse a dimostrare ciò che si portava dentro. Una fame per il gol che lo aiutava a divorare i palloni: non aveva un solo modo di far gol, ne conosceva tanti; e non c’era uno schema che preferisse a un altro, lui la porta la sentiva anche se non la vedeva»