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Buon compleanno a… Shaun Wright-Phillips

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Oggi è il compleanno di Shaun Wright-Phillips: la storia dell’ex giocatore del Manchester City e protagonista della Premier League

Oggi Shaun Wright-Phillips compie 42 anni. Quando si pensa a una famiglia votata al calcio, in Italia – non si offenda nessuno – viene automatico pensare ai Maldini. In Inghilterra uno dei nuclei più nutriti di giocatori è quello che fa capo a Ian Wright, uno dei più popolari che hanno calcato i campi di Londra. Shaun è il figlio adottivo, di cui Bradley è il fratellastro (insieme hanno condiviso un’esperienza negli Stati Uniti), D’Margio ne è il figlio che l’anno scorso è sceso in campo con lo Stoke City.

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Tutto questo per dire che non deve essere la cosa più semplice, anche se c’è chi pensa il contrario, far parte di un gruppo così prestigioso: affrancarsi da chi ti ha preceduto, essere all’altezza della tradizione e della fama è un aspetto sul quale bisogna saperci lavorare. «Segui la tua strada, crea il tuo percorso»: è l’insegnamento che arriva al giovane Shaun, che l’ha raccontato in un episodio di My Story, serie trasmessa da Sky Sport.

Wright-Phillips, quello che oggi festeggia il compleanno, si afferma nel Manchester City. Non quello di oggi, uno dei club più ricchi del pianeta, ma quello che era il parente povero dello United, mai così in auge come quando era ragazzino. Il ragazzo si fa valere, si mette in evidenza, tanto da ricevere la chiamata da parte di un certo José Mourinho che lo vuole al Chelsea. É il mister con il quale lega di più, quando The Independent va a chiedergli chi sia il tecnico migliore, lui non ha esitazioni, sebbene lo Special One non gli abbia regalato nulla, relegandolo anche in panchina quando lo riteneva giusto: «Sono costretto a dire Josè Mourinho. L’allenamento era fatto per esaltare le caratteristiche di ogni singolo giocatore. Era incredibile, svelto, veloce. Se dovevi fare qualcosa per migliorarti, potevi essere certo che ci avresti lavorato durante la sessione di allenamento. Mourinho era bravo, un “uomo di famiglia”. Se c’erano famiglie con bambini che venivano a vedere gli allenamenti, faceva in modo che si potessero avvicinare al campo per vedere da vicino cosa stava accadendo».
Ma l’amore calcistico di Shaun è il Manchester City. Vi ritorna nel 2008, con la speranza di affermarsi definitivamente. Che il giocatore sia sempre più interessante lo rivela la clamorosa – e come tale mai realizzata – operazione che in Italia si dice stia pensando la Juventus: importare dai Citizens lui, Edin Dzeko e pure l’allenatore Roberto Mancini.

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Wright-Phillips non ha alcuna intenzione di andarsene via. Lo dice ogni qualvolta è possibile, lo proclama con una certa vis polemica il padre Ian, lo ripete esplicitamente e per l’ennesima volta in un’intervista al Sun lo stesso giocatore quando si rende conto che la società non sembra essere orientata a prolungarli il contratto: «Cerco di non farmi coinvolgere personalmente dalla situazione perché voglio concentrarmi piuttosto nel dare il 110% per il City per far sì che otteniamo quel quarto posto in Premier League, ma la situazione mi fa molto male. É deludente. Ripeto, non è una questione di soldi, non ha niente a che fare con questo o con il fatto che io sia avido. Una cosa che non voglio fare è sapere quanto guadagnano altri giocatori in questo club. Ovviamente, so che ci sono giocatori che guadagnano il doppio di quello che prendo io, ma questo non è il problema. Non è un fatto del mio conto in banca, si tratta di dove io voglio rimanere e fare quello che mi piace fare. Non posso lavorare con serenità con tutti questi ritardi, a meno che non stiano cercando di cacciarmi».

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Nel 2011 Shaun tornerà a Londra, stavolta nei Queens Park Rangers, Ma in una gara contro il suo City, lo si vedrà al termine dell’incontro indossare la sciarpa della squadra del cuore perché i sentimenti non sono dimenticabili né offuscati dal lavoro che si fa. Il resto fa parte di una carriera contrassegnata da quella sensazione di avere un grande potenziale non totalmente espresso e definito da Owen Coyle, allenatore del Bolton che cercò di comprarlo: «Un giocatore pazzesco, ne conosciamo il talento».

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