Winston Bogarde e il dolce far niente - Calcio News 24
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2009

Winston Bogarde e il dolce far niente

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Winston Lloyd Bogarde nasce a Rotterdam in Olanda, il 22 ottobre del 1970. Ultimo di ben tredici (!) pargoli, vive l’infanzia in un contesto familiare non certo esemplare, condizione questa che non gli facilita certo le cose. Il piccolo Winston Lloyd a dispetto del nome, infatti, che pare tanto essere quello di un rispettabile gentiluomo, ebbe poi a dire: Ã?«Da ragazzo ero un delinquente, se non ci fosse stato il calcio sarei diventato un criminale. I miei modi di fare erano quelli di un trogloditaÃ?».

Inizia a giocare a calcio nell’Alexandria “?66, squadra dilettantistica di Rotterdam, per poi passare, all’età  di otto anni, nel settore giovanile dello Sparta Rotterdam, dove ha modo di assecondare i suoi istinti offensivi, giocando in avanti come ala sinistra.

La prima stagione tra i professionisti (1988-89) lo vede impegnato con la maglia dello Schiedamse Voetbal Vereniging (SVV), piccolo club di Schiedam, una cittadina nel sud dell’Olanda. Il club, sfiorata la bancarotta, viene rilevato da John Van Dijk, un venditore d’auto locale, il quale affida a Wim Jansen il ruolo di direttore tecnico e a Dick Advocaat quello di allenatore. Il duo sembra essere ben assortito, così pure la squadra che vince il campionato di Eerste Divisie (la serie B olandese) nella stagione 1989-90, ottenendo la promozione in Eredivisie.

Bogarde, però, nonostante il salto di categoria, si trasferisce in prestito all’Excelsior, società  satellite del Feyenoord che si barcamena nell’Eerste Divisie.

Le cose con i rossoneri dell’Excelsior non vanno come lui sperava, ritorna così a Schiedam, dove però non credono più in lui. Arriva così un’altra chiamata da Rotterdam, non è però quella del Feyenoord, le cui attenzioni Bogarde sperava di attirare. à? lo Sparta a farsi vivo. L’assistente allenatore Henk van Stee si ricorda dei suoi trascorsi giovanili e gli propone di ritornare.

Con i biancorossi, finalmente, riesce a ritagliarsi uno spazio per sè, mettendo in mostra quelle che sembrano “doti” da vera promessa, anche se, considerata la sua età , non si può più parlare di prospetto. Resta tre anni con i “Kasteelheren”, raccogliendo 64 presenze e 14 gol, di cui ben 11 nella stagione 1993-94. Reti pesanti, che consentono alla squadra di Han Berger di qualificarsi per l’Intertoto.

Il suo nome inizia a solleticare l’interesse di diversi club; si fa sotto il MSV Duisburg, con un’offerta finanziariamente allettante, ma poco prima dell’accordo arriva una di quelle chiamate che possono davvero dare una svolta alla carriera. Louis Van Gaal, allenatore dei campioni d’Olanda dell’Ajax, aveva notato questo laterale sinistro dal fisico da corazziere e avrebbe voluto trasformarlo in un possente difensore. Il ventiquattrenne Bogarde non si fa pregare e firma per i lancieri. Il primo anno ad Amsterdam accusa, però, alcuni problemi. Un infortunio ne ritarda il debutto in squadra a dicembre, inoltre i “complicati” “? parole sue “? schemi del mago olandese e l’adattamento al nuovo ruolo non gli consentono di imporsi tra i titolari.

Nonostante le iniziali difficoltà , però, con impegno e sudore riesce a togliersi diverse soddisfazioni, diventando una delle pedine difensive più importanti della squadra di Van Gaal, che esporta calcio champagne in tutto il mondo.

L’Ajax, infatti, raccoglie trofei e consensi in ogni manifestazione. Arriva così uno strepitoso filotto di vittorie: due Campionati (“?94-“?95 e “?95-“?96), due Supercoppe d’Olanda (1994 e 1995), due finali di Champions League, una vinta contro il Milan (1994-95) e l’altra sfumata “? immeritatamente a parer suo “? l’anno successivo, ai rigori contro la Juventus, la Supercoppa UEFA (1995) dove, dopo l’1-1 dell’andata contro il Saragozza, realizza la prima delle quattro reti con cui l’Ajax si impone al ritorno, ed infine la Coppa Intercontinentale vinta contro il Gràªmio (1995).

Era quello l’Ajax che dominava le scene, pescando fior di campioni nel settore giovanile. Un elenco lungo, lunghissimo, di calciatori entrati poi nella storia del calcio olandese e non solo. Una squadra tra le più temute e le più forti del mondo.

Le ottime prestazioni con la maglia dei lancieri gli valgono la chiamata della nazionale, con la quale fa il suo debutto il 13 dicembre 1995 nella sfida contro l’Irlanda, battuta per 2-0.

Al Campionato Europeo nel 1996 è tra i titolari dell’Olanda che si ferma ai quarti, sconfitta ai rigori dalla Francia. Nonostante la buona impressione, il clima, all’interno dello spogliatoio olandese non è certamente dei migliori. Profonda, infatti, si rivela essere la spaccatura tra i giocatori “bianchi” e quelli di “colore”; frattura alla cui base, tra le altre cose, c’è senza dubbio la questione degli stipendi emersa in primavera all’Ajax, quando venne fuori che diversi calciatori di colore percepivano degli ingaggi notevolmente più bassi rispetto ai loro colleghi bianchi, e questo non certo per questioni tecniche. Bogarde, ovviamente, sia all’Ajax, sia in nazionale, non ha paura a “denunciare” la situazione, figlia, a sentir lui, esclusivamente di una discriminazione razziale.

Nell’ultimo anno alla corte di Van Gaal emergono le prime crepe con l’ambiente e con l’allenatore stesso, che ne condizionano parzialmente l’impiego, ma per Bogarde era già  in previsione una nuova avventura. Chiusa l’esperienza all’Amsterdam Arena, infatti, passa al Milan.

Stagione 1997-98: la Sentenza Bosman del “?95 ha dato il via ad una nuova frontiera nel calciomercato. Il Milan non si fa trovare impreparato, così, per rinverdire i fasti di un indelebile passato, che già  si era tinto di arancione, pesca a mani piene nella giovane rosa dell’Ajax, che tre anni prima, nella finale di Champions League, lo aveva messo in ginocchio a Vienna.

Galliani, dopo aver prelevato l’anno prima Reiziger e Davids, bussa nuovamente alla porta dell’Ajax. Obiettivo numero uno è il bomber Patrick Kluivert, quella che avrebbe dovuto essere la risposta del Milan all’arrivo di Ronaldo. Insieme al promettente centravanti, però, arriva a Milanello anche l’energico laterale sinistro Winston Bogarde.

Due innesti che, nonostante siano frutto di una schizofrenica campagna acquisti, figlia del dubbio Sacchi-Capello, risolto dalla società  con colpevole ritardo, restano ad ogni modo vanto assoluto della dirigenza rossonera, sia per la qualità  dei calciatori, sia per l’impatto, praticamente nullo, se non per gli ingaggi, sul bilancio societario.

Risparmiati i soldi sull’acquisto, avvenuto a parametro zero, il Milan, però, non lesina sullo stipendio del difensore, proponendogli un quadriennale a un miliardo e 800 milioni l’anno.

Sguardo truce, fisico da energumeno (1.90 cm x 80 kg), l’olandese non pare affatto un giocatore di calcio, sembra, piuttosto, essere uno di quei buttafuori, tutto muscoli e zero cervello. Un marcantonio che ha saputo tener ben nascoste le sue lacune tecniche. Sin dalle prime sgambate, infatti, ci si accorge che i piedi non sono propriamente raffinati, ma sarebbe meglio dire “il” piede, visto che il destro il buon Winston lo usa solo per prendere l’autobus, per non parlare della sua sgraziata lentezza.

Eppure era arrivato all’ombra del duomo con tanto di squilli di tromba e con un curriculum di assoluto valore, dichiarando con spavalderia: Ã?«Sono venuto qui per giocare sempre e vincere tuttoÃ?».

Durante il precampionato Capello le prova tutte pur di trovargli posto nell’undici titolare, finanche la difesa a tre (una vera e propria eresia per il Milan!). Il punto è che nel ruolo di centrale difensivo, nonostante l’addio di Baresi, la concorrenza è tanta. Sugli esterni, invece, mentre a sinistra giostra Ziege, con Maldini che rimbalza, bontà  di Capello, da una fascia all’altra, a destra “Bogardone” ci sta con la naturalezza dei cavoli a merenda. Si fa largo, dunque, un’ineluttabile verità : per uno come Bogarde giocare nel Milan sembra davvero il colmo.

Alla luce di questo evidente stato di cose Capello alla prima di campionato sceglie di non far affidamento sulle prestazioni di questo macchinoso difensore, capace nemmeno a sfruttare appieno il suo fisico, relegandolo senza dubbio alcuno in panchina.

Fa il suo esordio così soltanto alla seconda giornata, in Milan-Lazio del 13 settembre 1997, subentrando a Leonardo. Gioca 25 minuti, giusto il tempo per la Lazio di agguantare l’1-1.

La domenica successiva il tragicomico soggiorno milanese di Bogarde raggiunge l’apice. L’olandese entra nel secondo tempo di Udinese-Milan, con le squadre avviate sull’1-1, un risultato che, tutto sommato, ci può anche stare, quando, a pochi minuti dalla fine, senza nemmeno essere pressato, si inventa uno sciagurato retropassaggio verso Taibi che manda in rete l’incredulo Bierhoff per il 2-1 finale.

Viene schierato titolare in Coppa Italia in Milan-Sampdoria: alla fine del primo tempo la Samp è in vantaggio per 2-0; Capello lo cambia con Maini e il Milan vince 3-2!

Dopo il disastro di Udine rimette piede in campionato alla sesta giornata, entra al 52′ al posto di Cardone con il Milan in svantaggio in casa contro il Lecce per 2-0: non cambia nulla, i rossoneri perdono 2-1.

Fine della corsa. Bogarde chiude il suo rapporto col Milan racimolando appena tre presenze in campionato, partendo sempre dalla panchina, e una in Coppa Italia (la sua unica gara da titolare). Mortificando le aspettative di tifosi e addetti ai lavori, che ne ridimensionano notevolmente il valore. La parentesi italiana, che avrebbe dovuto rappresentare la ciliegina sulla torta della sua carriera, risulta essere, invece, quanto di più triste si potesse immaginare.

Ã?«In realtà  a Milano non mi sono mai sentito a casa “? spiegherà  poi il giocatore “? troppa nebbia, una città  fredda. Mi piacevano solo la cucina e la modaÃ?». La moglie Lydia (cugina di Seedorf), infatti, non faceva alcuna fatica a trascinarselo dietro per lo shopping milanese.

Fortuna che in Via Turati arriva presto un fax, mittente era Louis Van Gaal, il tecnico che, costruito il miracolo degli aiacidi, ha trasferito il suo calcio computerizzato in Catalogna.

In verità  oggetto dei desideri del Barà§a è Edgar Davids, la “mela marcia” dello spogliatoio milanista, che, visti i suoi limiti caratteriali, era stato messo in vendita dai dirigenti rossoneri. Al tavolo delle trattative il Milan, però, riesce ad inserire anche Bogarde, oramai anch’egli divenuto una voce fuori dal coro con i suoi atteggiamenti non esattamente oxfordiani. L’accordo per cedere i due olandesi sembra essere solo una formalità , 17 miliari la cifra pattuita per il doppio trasferimento. Quando, con un colpo di scena, si inserisce la Juve, che, forte del gradimento del giocatore, riesce a portare a Torino il reprobo Davids (il quale terminerà  un brillante campionato), lasciando al Barà§a il solo Bogarde.

Nonostante questo a dicembre il Milan dà  l’annuncio della sua cessione. Bogarde passa al Barcellona, per 7 miliardi, raggiungendo l’ex milanista Reiziger e il portiere Hesp, primo nucleo della futura colonia orange che metterà  tenda al Camp Nou.

La prima stagione con l’ex squadra di Romà¡rio, suo giocatore preferito, sembra essere abbastanza promettente, appena arrivato, infatti, gioca e vince la Supercoppa UEFA ai danni del Borussia Dortmund. Al termine dell’anno conta 19 presenze e due trofei: Liga e Coppa del Re.
Le buone prestazioni in blaugrana convincono Guus Hiddink ad inserirlo nell’elenco dei convocati per i Mondiali in Francia nel 1998, dove l’Olanda parte, come sempre, tra le favorite. Ancora una volta, però, non mancano le polemiche all’interno di uno spogliatoio minato da un’insofferenza alla disciplina e dallo spregiudicato individualismo.

Fino ai quarti di finale Bogarde si deve accontentare della miseria di due sole presenze, per un totale di 29 minuti. Hiddink, infatti, non lo considera una prima scelta, preferendogli sempre Arthur Numan. La situazione, ovviamente, non accontenta il polemico difensore. Evidente, infatti, è il suo malcontento e il suo malcelato nervosismo. Le telecamere, infatti, subito dopo la fine dell’ottavo di finale tra Olanda e Jugoslavia pizzicano proprio Bogarde che spintona, in maniera non certo amichevole, due compagni di squadra: Van der Sar e Numan “rei” di voler festeggiare Davids per il gol che al 90′ consegna all’Olanda il passaggio del turno. L’episodio, nonostante non si presti che ad un’interpretazione, viene ridimensionato da Hiddink e dallo stesso Van der Sar come una semplice incomprensione.

La svolta per l’anonimo Mondiale di Bogarde, sembra arrivare, però, in semifinale contro il Brasile. Numan, infatti, nella spettacolare ed emozionante sfida contro l’Argentina ai quarti era stato espulso, complice anche l’indisponibilità  di Andrè Ooijer, Bogarde pare l’unico candidato per il ruolo di laterale sinistro per la sfida contro i sudamericani. Il terzino, però, in una partitella d’allenamento prima del match si infortuna gravemente (frattura della caviglia con interessamento dei legamenti), il suo posto così lo prende Philip Cocu. L’Olanda, nonostante una partita gagliarda, cede ai calci di rigori, dopo l’1-1 dei tempi regolamentari, con due errori dal dischetto di cui uno proprio di Cocu. Il non aver potuto disputare quella partita a causa dell’infortunio è Ã?«”¦il rimpianto più grande della mia carrieraÃ?», preciserà  Bogarde tempo dopo.

Durante la seconda stagione al Barcellona, complice l’infortunio patito al Mondiale, non viene praticamente mai utilizzato, tanto da collezionare una sola presenza nella Liga, grazie alla quale, però, può ben festeggiare con i compagni la vittoria di un altro campionato (1998-99).
Il terzo e ultimo anno in Spagna ritorna ad essere impiegato con maggiore continuità . Tuttavia anche se la parentesi milanista sembra essere stata solo un incidente di percorso nella sua carriera, è evidente che lo smalto degli anni migliori è ormai bello che andato. Pur rinfrancato, infatti, dal passaggio in Catalogna, dove man mano ritrova una buona parte dei suoi compagni dell’Ajax, tra i quali due dei suoi più grandi amici: Kluivert e Reiziger, i quali con Seedorf e Davids, rappresentano a suo dire: Ã?«Le persone migliori mai incontrate in un mondo del calcio ingiusto e ipocritaÃ?», il suo triennio in blaugrana non è minimamente paragonabile a quello vissuto ad Amsterdam. La stampa spagnola, di fatto, lo mette all’indice come l’anello debole della retroguardia del Barà§a, con buona pace del maestro Van Gaal, che lo avevo voluto, garantendo per lui. Fatta terra bruciata intorno a sè anche in Spagna, Bogarde sembra avere ancora qualche cartuccia da sparare. Arriva così il trasferimento al Chelsea, quello che lui stesso definirà : Ã?«Il più grande errore della mia vitaÃ?».

Il Chelsea 2000-01, del presidente Ken Bates, si affida in panchina a Gianluca Vialli, coadiuvato dal direttore tecnico Colin Hutchinson.
L’olandese Mario Melchiot (ex compagno di Bogarde ai tempi dell’Ajax e in nazionale) suggerisce il suo nome alla dirigenza. La premiata ditta Vialli&Hutchinson chiude l’affare (anni dopo i due si rimpalleranno a vicenda la responsabilità  di quello che è stato definito “il peggior affare del Chelsea nell’era moderna”), raddoppiando l’offerta che il Newcastle di Robson gli aveva proposto.

Alcune settimane dopo la firma del nuovo contratto, Bogarde ritorna Londra per una partita amichevole con le riserve del Chelsea. Ad attenderlo, però, c’è il neo-allenatore dei Blues Claudio Ranieri, appena subentrato al defenestrato Vialli. Un dèjà  vu per il terzino, considerata la vicenda del passaggio di consegne al Milan tra Sacchi e Capello.

Ranieri ha gioco facile a dichiarare di volerlo cedere. Del resto non era stato lui a chiederne l’acquisto. Le pressioni di Bogarde sono nella direzione di un rispetto reciproco del remunerativo accordo, anche a costo di non giocare: Ã?«Con la firma del contratto quel denaro è già  mio. Perchè dovrei rinunciarvi?Ã?».

Spiegherà  anni dopo, nella sua biografia, che la sua scelta non era dettata dall’avarizia, come sostenuto a più riprese dalla stampa inglese, ma da motivazioni puramente razziali. C’è anche da dire che era praticamente impossibile trovare una squadra disposta ad offrirgli un contratto analogo a quello che aveva al Chelsea. Rimane così a Stamford Bridge, rifiutando qualunque trasferimento, ma, di fatto, non viene quasi mai utilizzato. Come in Italia anche in Inghilterra Bogarde non tarda a farsi la nomea di bidone.

Ã?«Potrei giocare titolare da qualsiasi altra parte “? dichiarò una volta Bogarde “? ma perchè dovrei? Qui mi pagano, e anche beneÃ?». Come dargli torto? Del resto le colpe erano da ricercare in chi gli aveva offerto un faraonico contratto in un periodo di ristrettezze finanziarie per il club. Certo, avrebbe potuto quanto meno farsi ben volere nello spogliatoio dei Blues, ma i suoi modi prepotenti ed arroganti gli inimicarono la maggior parte dei suoi compagni di squadra, dal momento che, tra l’altro, guadagnava molto più di buona parte di loro.

Il Chelsea, le prova tutte pur di liberarsi dello scomodo giocatore, finanche quella di retrocederlo con la squadra delle riserve, facendolo allenare con i ragazzini, tra lo sberleffo di tifosi e stampa. Ma non c’è verso alcuno di smuoverlo da quella che ormai pare a tutti una sciocca e pretestuosa presa di posizione.

Con l’arrivo di AbramoviÃ? la situazione non cambia. Bogarde di rescindere il contratto proprio non ne vuole sapere, nè tanto meno prende in considerazione l’ipotesi di essere ceduto, anche a titolo gratuito, per andare a giocare da qualche altra parte (troppo bella era la vita da nullafacente!).

Finanche un mirato inasprimento del regolamento interno del club sortisce gli effetti desiderati; Bogarde, infatti, nonostante una serie di gossip stravaganti, non presta mai il fianco ad una “giusta causa” di licenziamento.

Il Chelsea si vede costretto giocoforza a pagare fino all’ultimo penny il suo stipendio, tuttavia, però, decide di metterlo fuori rosa, senza nemmeno assegnarli un numero di maglia, fino al termine del suo quadriennale. Al termine del quale avrà  versato nelle tasche dell’olandese la bellezza di 12 milioni di euro. Conti alla mano poco più di un milione di euro a partita, considerate le sue 12 presenze (di cui solo 4 da titolare). Nell’estate del 2004, alla scadenza naturale dell’accordo che lo lega al club londinese, ritorna all’Ajax (è una consuetudine del club di Amsterdam permettere ai vecchi giocatori di allenarsi con la squadra). La sua speranza è quella di rimettersi in forma e strappare un ultimo contratto ai lancieri. Sfumato il suo obiettivo, l’8 novembre 2005, dopo un anno di inattività  (in realtà  la “vacanza” era cominciata ben prima), annuncia il ritiro ufficiale dalle scene calcistiche, nonostante “le diverse offerte” comunque ricevute da altre squadre.

Al termine della sua carriera la rivista olandese “Voetbal International” lo ha eletto “Fannullone dell’anno 2004″. In Inghilterra, invece, un editoriale del quotidiano “The Independent” ha indicato in Winston Bogarde e nel suo contratto col Chelsea, il simbolo degli effetti più deleteri avuti dalla sentenza Bosman sulle casse di molti prestigiosi, e non solo, club europei, gettatisi alla spasmodica ricerca dei grandi nomi da acquistare a parametro zero con la proposta di ingaggi da favola.

Nella sua biografia dal titolo “Deze neger buigt voor niemand” (“Questo negro non si piega davanti a nessuno”), scritta da Marcel Rozer, Bogarde non risparmia pesanti accuse al mondo del calcio tacciato di ipocrisia ma soprattutto di razzismo (Ã?«Ovunque ho giocato, sapevo che prima di essere considerato un giocatore ero un negroÃ?»), denunciando le situazioni controverse della sua carriera, senza dimenticare, però, i bei momenti (Ã?«”¦la Coppa dei Campioni vinta nel 1995 con l’Ajax, un’impresa indimenticabileÃ?»).

Bogarde dopo essere diventato partner della Global Music Entertainment, una compagnia che organizza concerti rock in Olanda, ed aver preso a cuore un progetto per lo sviluppo del calcio giovanile nel Suriname, con l’obiettivo di portare il paese d’origine dei suoi genitori a partecipare ai Mondiali del 2014, attualmente ha intrapreso la carriera di allenatore. Dopo un’esperienza nel novembre del 2007 con il VVV Venlo, dove ha seguito il settore giovanile del club, Bogarde ha deciso, infatti, di prendere il patentino per allenare. Peccato però, che a differenza di Bergkamp e Cocu, suoi compagni di corso, non è riuscito a superare l’esame in Olanda, così ha pensato bene di rifarlo in Irlanda del Nord. Adesso collabora col settore giovanile dell’Ajax. Il suo ex compagno Blind ha detto: Ã?«Penso che Winston abbia le giuste caratteristiche per favorire la formazione professionale dei bambini che si affacciano nel mondo del calcioÃ?».

Bogarde, nonostante la sua nuova vita, mentre in Suriname è ancora un mito, un esempio da seguire per molti ragazzini, in Europa, invece, sarà  sempre ricordato come un calciatore che vestito le maglie di alcuni dei club più prestigiosi: Ajax, Milan, Barcellona, Chelsea, praticamente il gotha del calcio del Vecchio Continente, ottenendo il massimo (vittorie e lauti ingaggi) col minimo sforzo.