2020
Wenger: «Mi rivedo in Klopp, la Serie A si sta rialzando. Su Ferguson e il FPF…»
Arsene Wenger si è raccontato sulle pagine di Repubblica in occasione della presentazione della sua autobiografia. Queste le sue parole
Arsene Wenger si è raccontato sulle pagine di Repubblica in occasione della presentazione della sua autobiografia: “La mia vita in bianco e rosso”. Queste le parole dell’ex tecnico dell’Arsenal.
SCONFITTA – «Da bambino, nell’Alsazia del dopoguerra, in tutti i miei pensieri c’era un pallone. Anche quando caricavo sacchi di carbone in spalla, per aiutare mio zio mercante a consegnarli casa per casa. O nei pomeriggi al bistrot dei miei, palestra per capire gli uomini. Era un mondo agricolo, di duro lavoro. Avere un cavallo era una grande ricchezza». Sconfitta? È stato così fin da quando giocavo nei campionati distrettuali della Francia orientale. La sconfitta mi ha sempre provocato dolore, anche fisico. È un fatto sensoriale. Quando vinci, una parete spoglia è un bel paesaggio. Se perdi diventa insopportabile anche la vista del mare».
FERGUSON – «Se non avesse allenato per 27 anni allo United, non sarei rimasto all’Arsenal per 22? Non ci ho mai pensato, ma sì lo avrei fatto. A tenermi a Londra è stato l’amore per la squadra. E la parola data: sarei rimasto fin quando non avessimo pagato la costruzione del nuovo stadio, completato nel 2006. Detto questo quando si giocava contro lo United era anche una sfida fra me e lui, certo»
BIRRA INSIEME – «Non è capitato. Quando allenavamo era impensabile. Dopo il ritiro lui è rimasto a Manchester, fuori dalle mie traiettorie. Lo stimo e lo rispetto, ma non siamo rimasti in contatto. Quello che dovevamo dirci ce lo siamo detti in campo».
GIOCATORI – «Girava la leggenda che costringessi i calciatori a mangiare broccoli a colazione, pranzo e cena. Ma la vita privata è sacra. Un giocatore fu sorpreso a fumare, fuori la sera. Si aspettava una reprimenda. Gli dissi che con un buon drink, una sigaretta è l’ ideale. Finì lì. D’altra parte, la mia avventura all’Arsenal cominciò con una sigaretta fumata allo stadio, nel momento giusto e con la persona giusta».
22 ANNI IN PANCHINA – «Io ho sempre avuto bisogno di tempo. Sono stato l’allenatore in carica più a lungo al Monaco. Amo le cose che durano, che crescono dalle radici. Mi rivedo in Klopp, che a Liverpool potrebbe fare un lungo ciclo. Forse non di 22 anni, è troppo anziano. E dovrà trovare da parte del club sostegno e pazienza».
EUROPA – «Per molti anni in Champions arrivammo a quarti e semifinali. Dopo il 2007, quando il club spese per lo stadio, non fummo più in grado di competere. E gli avversari erano duri, il Barcellona soprattuto. Abbiamo vinto molte volte in Serie A anche quando era un ottimo campionato».
SERIE A – «Si sta rialzando, ma è meno ricca. E il calcio di oggi è un fatto di dominazione economica».
CALCIO ITALIANO – «Mi piace e lo rispetto. Sacchi e Capello hanno reso il gioco in Italia più offensivo, europeo. Lo si vede anche da come gioca oggi la Nazionale. In tutti i maggiori campionati si fa un gioco simile. Il modello è la Premier League».
FAIR PLAY FINANZIARIO – «Va rivisto. I club che dominano in Europa lo fanno grazie a quello che hanno speso prima dei vincoli. Si sono congelate le posizioni acquisite, questo falsa la competizione. Oggi è facile indovinare chi vincerà, mentre il bello del calcio dovrebbe essere l’imprevedibilità. E per i nuovi investitori è complicato fare profitti. Bisogna aprire le porte, pur con controlli stretti».
INGAGGIO GIOCATORI – «Guadagnano il giusto, se le società possono permetterselo».
GOVERNO IN AIUTO AL CALCIO – «Gli Stati devono avere altre priorità. Ha senso concedere ai club il rinvio delle scadenze fiscali, non soldi e favori. Quello dei grandi campionati è un mondo di privilegiati, anche se va di moda dire il contrario».
OBIETTIVI ATTUALI – «Dare una chance a ogni bambina e bambino di giocare a calcio. Abbattere la differenza fra Europa e resto del mondo. Dare credibilità al sistema. Creare le condizioni perché gli atleti possano dare il meglio. E credo nella funzione pedagogica del calcio. Ci lavoro con Pierluigi Collina, un maestro».