Mareco: «Le maglie dei campioni all'asta per aiutare il Paraguay» - ESCLUSIVA - Calcio News 24
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Mareco: «Le maglie dei campioni all’asta per aiutare il Paraguay» – ESCLUSIVA

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Victor Hugo Mareco, ex difensore di Brescia ed Hellas Verona, ha messo in piedi un’iniziativa per aiutare il Paraguay

Victor Hugo Mareco ha collezionato più di 250 presenze tra Serie A, Serie B e Coppa Italia. Attualmente tra le fila dell’Indepiendente del Paraguay, ha vestito per nove anni la maglia del Brescia (dal 2002 al 2011), e per un anno quella dell’Hellas Verona, nella stagione 2011-2012. Ai microfoni di Calcionews24, Mareco ha raccontato la sua lodevole iniziativa: ha messo all’asta la sua collezione di magliette di grandi campioni (tra cui Baggio e Ronaldinho) per aiutare il Paraguay nell’emergenza Coronavirus, acquistando beni alimentari per le persone in difficoltà.

Bellissima iniziativa Victor Hugo, per cercare di aiutare in questa emergenza Coronavirus. Quando è nata e come hai pensato a questo bellissimo progetto?

«Dalla mattina alla sera giriamo per questa iniziativa. Abbiamo deciso con mia moglie di mettere all’asta la mia collezione di magliette che ho preso in Italia durante le partite. A dir la verità mi fa male un po’, però nessuno si aspettava questo momento che stiamo passando a livello mondiale. Qua in Paraguay c’erano giò delle difficoltà alimentari, ma con l’emergenza Coronavirus ancora di più. Abbiamo messo le magliette all’asta per fare un po’ di soldi per comprare beni alimentari alle persone, che poi distribuisco; ma anche per invogliare le altre persone che possono aiutare ad avvicinarsi a questa causa. Noi non diamo i soldi, perché magari poi non comprano i beni necessari, quindi noi doniamo il cibo ai bisognosi».

Emergenza Coronavirus. Com’è la situazione in Paraguay?

«Noi siamo un paese più piccolo dell’Italia, abbiamo preso precauzioni subito però. Appena è arrivato il virus abbiamo chiuso tutto, si è fatto un buon lavoro. Quelli che sono venuti da fuori non hanno rispettato la quarantena e hanno allargato un po’ il contagio, ma per fortuna non è molto esteso. Ma io penso che più avanti arriverà un picco di contagi, speriamo di no ovviamente, e dobbiamo prepararci. Sono già 40/45 giorni che siamo chiusi, sono aperti solo gli alimentari e le farmacie, è quasi tutto chiuso».

Parliamo di calcio: si pensa di riprendere in Paraguay? Se sì, quando?

«Si sta pensando solo alla prima divisione, è un problema che arriva per tutti. Qui in Paraguay in seconda e terza divisione non si guadagna niente, hanno sospeso tutti i settori giovanili e lì sono senza lavoro. Si deve trovare un’altra soluzione invece che pensare a riprendere in fretta. Secondo me qua in Paraguay non ci sono le condizioni per riprendere. Ho letto che in Italia si parla di ritiro, però li stai anche giocando psicologicamente con la testa dei giocatori, perché essere chiusi in ritiro per tanto tempo li fa impazzire; poi non ci saranno solo i giocatori ma tutto lo staff della squadra, dai custodi ai cuochi. Io, sulla situazione in Paraguay penso questo: ci sono 4-5 squadre che pagano bene, a livello di salario. Essendo in un momento difficile, io sono dell’idea di tagliare gli stipendi al 50% (a quelli che guadagnano tanto) per distribuirli a coloro che sono rimasti senza lavoro per 4-5 mesi. Fino a gennaio i settori giovanili sono chiusi, con tutti i lavoratori che fanno parte di questo mondo».

Fino ad ora quale maglia è stata vinta all’asta con il maggior prezzo?

«Quella che è stata pagata di più è stata quella di Roberto Baggio, ma chi ha vinto l’asta ha chiesto di non rendere note le cifre. Anche quella di Totti è andata via a tanto».

La maglia a cui eri più affezionato?

«Io ero affezionato tantissimo alla mia collezione, avevo delle grandi magliette di grandi campioni. Ero affezionato tanto a quella di Roby Baggio perché ho giocato con lui».

Roby Baggio, un personaggio che non si racconta molto. Cosa ci dici di lui? Il più forte con cui hai giocato?

«Io ho visto tanti giocatori fortissimi, in quegli anni in cui sono stato in Italia era il periodo più bello del calcio italiano, con calciatori davvero di un altro livello. Non ti dico che adesso non ci siano, ma prima era diverso: come si vede dalla mia collezione di maglie c’era Crespo, Montero, Trezeguet, Salas, Simeone. Era gente che faceva la differenza. Roby è una grandissima persona, sul calciatore non parliamo nemmeno, non c’è da discutere. Tranquillo, umile, poi risolveva quasi sempre lui le partite. Sono passati tanti campioni da quel Brescia. Avevamo un presidente, Gino Corioni che è stato un grandissimo: io dico sempre che lui è stato un papà. Sono arrivato lì a 17 anni e lui mi ha dato tutto, ha fatto delle grandi cose a Brescia, ha portato grandi campioni come Baggio. In 4 anni consecutivi ci siamo salvati tranquillamente».

Il più forte che hai affrontato?

«Ma io penso che tutti mi hanno messo in difficoltà, c’erano giocatori come Vieri, lo stesso Del Piero. Mi hanno messo tutti in difficoltà, parliamo di campioni, c’era un livello altissimo, ancora di più se parliamo di attaccanti».

In quel Brescia c’era anche un certo Pep Guardiola. Dava già qualche consiglio a Carletto Mazzone, come allenatore?

«Lui era molto serio da questo punto di vista. Io credo che già quando ha iniziato a giocare al Barcellona vedeva il calcio in maniera diversa dagli altri, non sbagliava mai un passaggio. Era sempre ben messo in campo, studiava tutto e dava direttive agli altri giocatori: era un allenatore in campo. Avere quei campioni in squadra faceva sembrare tutto più facile».

Hai visto crescere anche Hamsik al Brescia. Si intuiva che sarebbe stato un grandissimo calciatore?

«Assolutamente sì. Un giorno lo hanno portato in Primavera, subito dopo è venuto in ritiro con la Prima Squadra e dopo tre partire era già lui che quello che calciava i rigori; calciava i rigori di destro e le punizioni di sinistro. Aveva una personalità incredibile, una mentalità che già faceva vedere il suo destino di andare in una grande squadra. Poi è diventato un grandissimo giocatore a Napoli, non è molto facile. Ha fatto tutti quei gol, eppure non è un attaccante. Era troppo intelligente per giocare solo a calcio».

Un Brescia pieno di grandi giocatori e grandi personalità come Adani. Conoscevi già il suo amore per il calcio sudamericano? Sei rimasto in contatto con qualcuno?

«Sì sì. Un ragazzo molto serio, tranquillo, dice sempre quello che pensa. Una bellissima persona, a parte che è stato un grande difensore, ci ho giocato insieme a Brescia. Adesso sono ripresi i contatti con i miei compagni di Brescia in quegli anni, ma sono rimasto tanto legato con Edo Piovani che lavora lì da anni (attuale team manager, ndr). È importante sentirci in questo momento, soprattutto adesso che Brescia e tutta l’Italia stanno passando un periodo bruttissimo. Speriamo non venga con questa forza in Paraguay, perché noi non siamo preparati come in Italia a livello sanitario».

Un pensiero per l’Italia, uno dei paesi più colpiti in questa emergenza Coronavirus.

«Sono stato a Brescia e Verona, in generale io devo tutto all’Italia. Il mio sogno è quello di tornare a lavorare in Italia, io appartengo all’Italia: lì ho fatto la mia carriera, sono cresciuto e i miei figli sono nati in Italia. Mi hanno dato tutto, insegnato tutto, anche la cultura italiana. La mia famiglia è cresciuta in Italia. Sono stato a Brescia nove anni, momenti bellissimi con i tifosi, il presidente, i compagni e gli amici. Prima o poi tornerò a lavorare lì. Verona è una città fantastica, i tifosi fanno paura, insieme a quella di Brescia sono delle tifoserie davvero massicce. Io ringrazierò sempre l’Italia ho imparato tutto lì ed il mio obiettivo è tornare».

Come si fa per partecipare all’asta o per acqiustare le magliette della tua collezione? Sempre a scopo benefico, ovviamente.

«L’asta in questo momento è finita, perché il mio obiettivo non è quello di fare soldi ma aiutare la gente e ce la stiamo facendo. Comunque nel mio video su Twitter ci sono tutti i riferimenti per contattarmi, per chiunque volesse acquistare una maglietta. Ovviamente serve per aiutare chi ha più bisogno, di certo non svendo la maglia di Veron (ride, ndr). Magari viene incuriosito qualche collezionista e arriva qualche offerta. La questione è semplice: più soldi raccogliamo, più gente mangia».

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