2013
Verona, Mandorlini: «Vivo a fondo ogni il mio lavoro»
VERONA MANDORLINI TONI ITURBE JORGINHO SOGLIANO – Andrea Mandorlini si gode il suo Verona, quinto in classifica dopo le prime sette giornate e che ha messo in mostra un bel gioco e, soprattutto, tanti bei talenti da esportare. Il tecnico della formazione scaligera, intervistato per l’edizione odierna di Tuttosport, ha parlato soprattutto dela strana coppia composta dal grande vecchio Luca Toni e dal giovane Juan Iturbe, che con gol e grandi giocate stanno trascinando il Verona in alto in classifica.
CHE COPPIA – «In questo momento Iturbe e Toni finalizzano, come l’anno scorso capitava per Cacia – ha esordito Mandorlini – . Ma è riduttivo semplificare il tutto a loro due… Jorginho? Lui è un veterano. Però sono in tanti a meritare la ribalta: c’è Maietta che non è mai stato in A, e poi Rafael, anche lui con noi dalla Lega Pro. È un centrocampista duttile e che può occupare tanti ruoli. Davanti alla difesa sa far girare palla con qualità, da mezzala sa attaccare in maniera intelligente. Capisce prima il gioco e questa è una qualità che non puoi insegnare: la puoi spiegare, puoi dare indicazioni, ma un giocatore ce l’ha o non ce l’ha. Lui ce l’ha, innata.»
IL MIO LAVORO – Mandorlini ha parlato anche della passione con cui vive il suo lavoro di allenatore, qualunque sia la squadra da guidare: «Vivo molto i luoghi in cui lavoro, ma poi dipende dalle situazioni… A Spezia, per esempio, ci fu il record di vittorie e sono rimasti ricordi importanti. E poi c’è sempre il solito luogo comune, su di me: è bravo, ma ha un carattere… Io dico che ci vuole personalità e poi, certo, se avessi conosciuto prima Sean Sogliano avrei vinto di più. E lui anche… Tensioni in estate tra voi? No, non c’è mai stata tensione. Magari si vedevano le cose in maniera diversa, ma la fiducia reciproca non è mai mancata, anche perché l’abbiamo costruita con il tempo, l’unica cosa che dà l’esatta misura della persone. Qui a Verona ho capito ancora di più quanto sia importante lavorare con una società alle spalle. Prima, lo ammetto, ero un po’ orso, un cane sciolto che percorreva un cammino solitario.»