Dilettanti
Varese 1968, Riccardo Sogliano: «Una squadra forte, con Borghi presidente genio e Anastasi fortissimo. Poi al Milan ho continuato a correre come ho sempre fatto…»
Le parole di Riccardo Sogliano, ex calciatore del Varese, sui suoi ricordi con la squadra lombarda nel lontano 1968. Tutti i dettagli
Come si sa, il 1968 è stato un anno importante nella storia. Nel suo piccolo, è stato anche il momento più alto vissuto calcisticamente a Varese. Club di provincia, in quel campionato batte le tre grandi della Serie A. A rievocare quei giorni mitici c’è Riccardo Sogliano su La Gazzetta dello Sport, uno che in quella squadra c’era.
SOPRANNOME: RICCARDO CUOR DI LEONE – «Io ero un manovale, non stavo mai fermo. Giocavo in difesa e a centrocampo. Correvo e correvo. Enzo Tortora mi ha dedicato un ritratto sull’Intrepido, Cuor di Leone, mi ha fatto piacere. C’era un bravo allenatore, Arcari. Poi buoni, ottimi giocatori e un vero fuoriclasse: il presidente Borghi, è stato lui a costruire quella squadra. Un uomo semplicemente straordinario».
LEGGENDE SU BORGHI – «Macché, Giovanni Borghi era grande in tutto: nell’industria, nello sport, nei rapporti umani. Aveva una meravigliosa carica di umanità e simpatia. Dopo una buona partita ci invitava, tutti, nella sua casa in Costa Azzurra.Veniva a prenderci con l’aereo ed era una festa, ci faceva sentire importanti. Amava la musica, suonava il piano e diceva: “Divertitevi, ballate”.Una meraviglia. Con lui i contratti si firmavano in bianco, poi ci chiamava, uno ad uno, e ci si metteva d’accordo. Mai avuto problemi. Sapeva convincere, acquistare e vendere».
I MERCATI DEL PRESIDENTE – «Ha preso Pietro Anastasi da una squadra di serie D, la Massiminiana di Catania, per 42 milioni di lire, l’anno dopo l’ha venduto alla Juve per 660. Poi, sempre alla Juve, ha ceduto Carmignani, Leonardi, Bettega, Gentile. Era di un’altra categoria. Beh, vendeva i frigoriferi agli americani che li avevano inventati. Un genio».
C’ERANO SEGRETI – «No. Il vero segreto era non averne. C’era una squadra organizzata, una società semplice e sana, gli stipendi erano regolari, i premi pure. Non ci hanno mai fatto mancare niente. Poi eravamo amici, veramente. Quando è arrivato Armando Picchi dall’Inter qualcuno ha pensato: “Adesso questo viene qui, se la tira e fa il professore saccente”. No, si è messo a disposizione ed è diventato un fratello maggiore. E noi sentivamo la sua presenza e il suo affetto. Purtroppo non ha giocato dieci partite per un infortunio. Armando era un campione e un signore».
GIOCATORE NEL MILAN – «Ma no. Ero manovale a Varese, ho fatto il manovale al Milan, ho preso il posto di Lodetti. Dicevano che ero un gregario di lusso. Sarà, la sostanza era quella: correvo molto anche lì. Ed è stato bello perché c’erano Nereo Rocco, Rivera, Fabio Cudicini, Pierino Prati, Romeo Benetti. Ho vinto una Coppa delle Coppe e due Coppe Italia».
MANAGER DI SUCCESSO AL MILAN – «Un’altra vita, un altro mondo, è davvero cambiato tutto. Preferisco ricordare il mio grande Varese».