2017

Uva: «Un Mondiale senza l’Italia non è immaginabile»

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Il direttore generale della FIGC, Michele Uva, racconta l’evoluzione del calcio italiano: «Con Tavecchio stiamo lavorando per il futuro. L’esperienza in federazione? Molto bella»

I bilanci dei club, il piano di risanamento del calcio italiano, la ricerca di un punto di equilibrio per la sostenibilità economico-finanziaria, i nuovi parametri per l’iscrizione al campionato, l’obbligo di coniugare budget e investimenti sul mercato, la riscoperta del valore dei settori giovanili, l’evoluzione dell’Italia di Ventura e il traguardo del Mondiale in Russia: Michele Uva, 52 anni, direttore generale della FIGC da ventisei mesi, docente in management delle organizzazioni sportive allo IUSM (Istituto Universitario di Scienze Motorie), un percorso professionale cominciato nel 1985, affronta ogni tema. Tre miliardi e 700 milioni di euro di fatturato, oltre un miliardo versato al Fisco, 609.709 partite ufficiali in un anno, più di un milione di giocatori tesserati, 13.491 club, 61.435 squadre, 235.676 dirigenti: sono i numeri del calcio italiano in base agli ultimi report del vostro Centro Studi e al Bilancio Integrato della Figc nel 2015.

BILANCIO – Michele Uva parla a “Il Corriere dello Sport” dello stato di salute dell’industria del pallone, dove sembrano prevalere segnali di stabilità e di ottimismo. Quindi l’allarme è rientrato? «Il giudizio complessivo riflette sicuramente dei segnali positivi. Il bilancio della Federazione è solido e gode di un’ottima patrimonializzazione e il calcio dilettantistico, come messo in evidenza dalla Figc nel primo Conto Economico del Calcio Italiano, rappresenta un miliardo di fatturato diretto ed è sostanzialmente in equilibrio, quindi non desta preoccupazioni. È il calcio professionistico che continua a perdere, ma l’introduzione graduale dal 2015 di una nuova regolamentazione tiene sotto controllo i principali parametri sportivi, economici e finanziari. Non possiamo dire che l’allarme sia rientrato perché alcune società devono ancora allenarsi a saper programmare, a coniugare calcio e risorse finanziarie. Anche questa finestra di mercato sarà importante».

REGOLE – Trasparenza negli assetti proprietari, raggiungimento della sostenibilità economico-finanziaria, valorizzazione della dimensione commerciale, potenziamento dell’attività giovanile, incremento dell’impegno sociale mirato allo sviluppo di attività educative, nel quadro della lotta al razzismo e alla discriminazione: sono i punti cardinali della Figc, del lavoro che sta portando avanti al fianco del presidente Tavecchio. «Con il presidente Tavecchio lavoriamo in sintonia grazie alla divisione dei ruoli, quello politico e quello gestionale. Ci siamo fortemente focalizzati sugli aspetti che competono alla Figc, perché le nostre azioni hanno un forte impatto, a medio e lungo termine sullo sviluppo del calcio italiano. Ad esempio il potenziamento delle nazionali maschili e femminili, la valorizzazione del settore giovanile e scolastico, la scrittura di nuove regole, la riforma della giustizia sportiva, l’ottimizzazione del rapporto con allenatori e arbitri, senza mai dimenticare il ruolo sociale che ha il calcio perché sentiamo il grande senso di responsabilità che comporta lavorare per e in questo splendido sport».

GAP – Perché c’è un divario così profondo a livello di fatturato e ricavi tra il calcio italiano e la Premier League, tra noi e la Bundesliga? «L’intero sistema si è cullato dei soli introiti dei diritti televisivi senza investire nella realizzazione di vere e proprie case moderne, gli stadi, dove accogliere i tifosi e sviluppare nuove strategie remunerative all’estero. L’internazionalizzazione è una chiave importante, cosi come la crescita dei settori giovanili. Giovani che provengono dal proprio vivaio danno lustro e energia, costano meno e creano plusvalenze».

NAZIONALE – È un anno decisivo anche per la nazionale di Ventura, alla ricerca della qualificazione al Mondiale del 2018 in Russia. Uva profetizza: «Rappresenta un obiettivo irrinunciabile, come ha detto il presidente Tavecchio in più di un’occasione. Non si può immaginare un’Italia senza Mondiale e un Mondiale senza l’Italia». Il peso dell’eredità lasciata da Conte non era facile da gestire, ma il ct Ventura ha saputo affrontare questa fase di rinnovamento anche generazionale con grande sapienza. «Il passaggio da allenatore di club a Commissario Tecnico non è stato mai facile per nessuno. Hai poco tempo per lavorare con i giocatori e fai scelte che in pochi giorni decidono le sorti della squadra in cui si identificano 60 milioni di italiani. Nel club puoi permetterti di perdere qualche partita recuperando la settimana successiva, in azzurro tutte le gare sono determinanti. Ventura sta lavorando molto bene, ha dato continuità e visione ad un programma che guarda oltre il presente, ma il presente è altresì importante».

OBIETTIVI – Uva traccia un bilancio della sua esperienza come direttore generale della FIGC: «Bellissima esperienza. Un sogno per qualsiasi manager poter lavorare e incidere sulla pratica di quattro milioni di persone, soprattutto sui giovani. Sono soddisfatto dei risultati soprattutto perché li abbiamo ottenuti con un grande e giovane team, coinvolgendo e facendo crescere il nostro capitale umano. Lavoriamo, con forti sinergie con Governo e Coni, per una federazione che deve essere sempre più centrale, credibile a livello nazionale e internazionale, trasparente. L’impegno è costruire il futuro senza tralasciare gli obiettivi più attuali. Abbiamo sviluppato un piano strategico per la crescita che monitoriamo costantemente, ma investire a lungo termine è indispensabile e rappresenta l’unico modo per creare il futuro. Ci riusciremo».

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