2016
Cairo: «Buona fortuna a Glik e Ventura, ma il mio Toro riparte ambizioso…»
Il nuovo proprietario del Corriere e ultradecennale presidente granata si confida con CN24: «Miha è una brava persona e farà bene qui da noi»
Milano, una calda sera di luglio, ressa da post-elaborazione del calendario di serie A 2016/2017. I cronisti lo reclamano a viva voce e lui, molto signorilmente, si concede un po’ a tutti: televisioni, stampa, giovani adepti del web riuniti in circolo. Si parla ovviamente di mercato (Valdifiori arriva o non arriva? E Kucka?) e di questo nuovo, intenso campionato che vedrà il Toro debuttare a San Siro contro il Milan (Montella versus Mihajlovic: sembra di essere tornati alla nomina del dopo-Inzaghi…) e poi vedersela via via con Roma (sesta giornata), Inter (decima), derby della Mole (sedicesima), Napoli (sette giorni prima di Natale) e via dicendo. Lui ovviamente è Urbano Cairo e, se fossimo ancora nella rovente estate del 1982, uno come Franco Battiato forse starebbe cantando di lui nel super-classico La Voce del Padrone. Già, il padrone. Perché, come saprete tutti, il 15 luglio scorso quest’ambizioso businessman di quasi sessant’anni ha vinto la sua personale Champions League editoriale detenendo con il 48,8% la proprietà di RCS Mediagroup e di conseguenza de Il Corriere della Sera. Basterebbe questa storica scalata a renderlo un irraggiungibile o l’uomo attualmente più importante d’Italia. Ed invece no. Basta un normale biglietto da visita e un po’ di faccia tosta («Presidente, ci regala questa chance?») per ritagliarci un inaspettato faccia a faccia esclusivo dove l’unico ad uscirne vincitore è sicuramente il giornalismo. Quel giornalismo (italiano) che ora Cairo vorrebbe svecchiare, “cholizzare” (se ci passate il termine) e portare a livelli più da terzo millennio esattamente come il suo ex dipendente Giampiero Ventura vede nella Russia del 2018 la prossima tacca verso cui sollevare l’asticella. Due belle storie, quelle dell’editore alessandrino e dell’allenatore ligure. Due storie di tentativi e sacrifici tipicamente italiani. Due vicende dove si fa quel che si può, con i mezzi che si hanno, lavorando come matti, sciorinando idee e puntando preferibilmente al massimo. La parola al signor Urbano.
Cairo, in questo periodo così editorialmente intenso per lei, ripensa mai a quand’era un giovane giornalista?
«(un po’ stupito, Ndr) E questo lei come lo sa?».
Beh, so che ha lavorato per La Notte, il leggendario quotidiano milanese.
«Confermo tutto. (sorride) La Notte aveva questa pagina speciale dove faceva scrivere solo i ragazzi dai 14 ai 16 anni ed io quell’anno (il 1973, Ndr) ero appunto sedicenne. Fu un’esperienza molto bella perché, come cronista, devo dire che ero pure bravo anche se poi ho preferito fare altro: l’editore, l’imprenditore e il presidente del mio amato Toro. Se mi manca il giornalismo? No, per carità: non avrei mai potuto competere con la qualità di certe penne che abbiamo qui in Italia. E comunque sono sempre stato convinto che nella vita uno debba seguire la via per cui è tagliato.».
Ritiene che in questo nuovo campionato vedremo un Cairo meno tifoso e più editore super partes? Voglio dire: ora con Corriere e Gazzetta possiede il gotha dell’informazione nostrana (senza mancare di rispetto agli altri)…
«Beh, innanzitutto io sono sempre stato un editore super partes visto che ogni mio singolo giornalista de La7 o della Cairo Communication ha continuamente goduto della massima libertà intellettuale. Al massimo, gestendo a pieno regime RCS, avrò meno tempo di andare a vedere tutte le partite del Toro anche se, onestamente, spero di ritagliarmi un po’ di spazio anche per quello! (ridacchia) Sa, sedermi allo stadio ‘Grande Torino’ e tifare quella squadra per me rimane un divertimento e un piacere allo stesso tempo.».
Parliamo ancora un attimo di TV: le sono piaciute le prime due puntate di ‘Futbol’ di Andrea Scanzi?
«Direi di sì, però ci vuole abitudine a prodotti del genere. Per ora siamo al 2,5% di audience e si può fare sicuramente di più…».
Il titolo è un chiaro omaggio a Soriano, in quel programma si vuole fare dello storytelling calcistico, ma nel web non sono mancate le critiche pesanti.
«Esatto. Ci piace raccontare il pallone non scordandoci della sua enorme Storia che si porta appresso. E ritengo che un giornalista di qualità come Scanzi sia perfetto in questo ruolo. Ma ripeto: la gente deve sapere che ‘Futbol’ esiste, ci vuole il passaparola.».
Cos’è Milan-Torino alla prima giornata? Uno scherzo del destino? RCS contro Mondadori, per dirla tranchant.
«Io la vedo di più come una buona cosa. Uno stimolo per partire col piede giusto perché di fronte a noi avremo una squadra importante. E poi, scusi, ci sarà pure il valore aggiunto di Sinisa Mihajlovic…».
Un Miha vendicativo di fargliela vedere alla sua ex società?
«Assolutamente no. Mihajlovic resta una persona per bene, mica un rancoroso. Un tecnico con un cuore grande così, ma anche parecchio competitivo e ricco d’ambizione. Da noi ha promesso che vuole fare bene ed io gli credo.».
Senza nulla togliere all’allenatore serbo, proverà una mostruosa nostalgia a vedere un Toro privo di capitan Glik e di mister Ventura?
«Stiamo parlando di due persone alle quali sono molto affezionato e come si fa a non voler bene a chi ha lavorato con te per cinque lunghi anni? Resterò sempre legato ad entrambi però sono contento che siano andati a cogliere quelle due enormi oppurtunità: Glik giocherà la Champions League con la maglia del Monaco e il neo CT Ventura ha una Nazionale da portare dritta ai Mondiali. Missioni importanti, le loro.».
Nel frattempo sono arrivati Iago Falque e Adem Ljajic, giocatori che sulla carta sembrerebbero avere attributi granata. Che si fa da qui al 31 agosto? Si continua con i grandi colpi oppure, d’ora in avanti, il suo sarà un mercato più pragmatico?
«Con quei nomi direi che in attaco siamo completi così. Certo, ora ci manca un metodista e forse un difensore, ma l’importante è che la fase offensiva sia stata rafforzata. Ne avevamo bisogno.».
A proposito di metodisti: Valdifiori del Napoli sarà in campo a San Siro il prossimo 21 agosto?
«(capisce al volo il tranello e sorride, Ndr) Non parlo di giocatori che non appartengono alla società Torino FC. Dico solo che per quel ruolo abbiamo tre opzioni differenti da valutare. Tre, non una.».
Quest’anno è stato il quarantesimo anniversario dell’ultimo scudetto del Toro. Quello di Radice, Pianelli, Pulici, Pecci e tutti gli altri ragazzi. Arriverà questo benedetto tricolore prima del cinquantennale?
«Beh, al Torino vige costantemente la filosofia dei piedi per terra e del lavorare sodo. Niente facili proclami, ma fatti concreti per chi ama questa maglia. E poi si vedrà.».
Che poi, mi scusi, gli scudetti del Toro attualmente sarebbero sette o… otto?
«Sono sette, ma – già che me lo chiede – ci sarebbe eccome da lavorare per riprenderci anche quello del 1926/’27 (revocato per ragioni mai del tutto chiarite, Ndr).».
Ultima domanda. E il gap con questa insaziabile Juventus, presidente?
«Eh, non è mai facile colmare un gap con una squadra che, di media, fattura sei volte più di te. Ma come Torino ci proveremo lo stesso, magari vincendo qualche derby in più. Noi del Toro, d’altronde, non ci arrendiamo mai.».
Buon lavoro, Cairo. Prima, di fronte alla platea, ha detto che questo per lei sarà un agosto privo di vacanze…
«Sì, ho un bel po’ da faticare. Buon lavoro anche a lei e ai suoi colleghi del sito.».
Intervista a cura di Simone Sacco; per comunicare: calciototale75@gmail.com