2018
Un miliardo di euro in fumo: in Serie A è flop delle proprietà straniere
I destini che uniscono Roma, Inter, Milan e Bologna: le spese sul mercato, i conti da risanare, la convivenza con il fair play finanziario
Un miliardo e trecento milioni. Questa la cifra complessiva sperperata (è il caso di dirlo) dalla legione straniera in Serie A. Scendendo nel dettaglio scopriamo che con questa cifra si sono acquistati 200 calciatori e assunti quindici allenatori. Per un totale di ZERO trofei. La storia degli sceicchi che spendono e spandono, riscrivendo la storia delle loro società non abita qui. Il precursore fu Tom Di Benedetto (poi svanito) e James Pallotta, rilevando la Roma nel 2011. Seguirono Joey Saputo a Bologna, Erick Thohir e poi il gruppo Suning all’ Inter fino a Li Yonghong al Milan: tutti salutati come i salvatori della patria, come coloro i quali avrebbero rivoluzionato il povero calcio tricolore. La storia, fino a qui, è diversa: i risultati sono rimasti gli stessi mentre il bilancio sportivo è in nero. Unica gioia la promozione del Bologna in A.
Il lato finanziario invece è in rosso. I Re Mida arrivati da oltre il confine hanno perso 460 milioni. La ricca Premier League o al limite Parigi sono più allettanti per i ricchissimi proprietari e infatti in Inghilterra le prime 4 in classifica hanno un padrone straniero. I “poveri” Pallotta & C. hanno ereditato debiti stellari e passivi in rosso e sono costretti a muoversi nelle grinfie strettissime imposte dal fair play finanziario, e in molti casi la strada da percorrere è una sola: da Dzeko a Icardi, da Skriniar a Donnarumma, mettere all’asta i pezzi da novanta è inevitabile per evitare la severa lente d’ingrandimento della Fifa. I tifosi li rimproverano di non mettere mano al portafoglio, ma se si controllano i bilanci degli ultimi anni il racconto cambia.
Pallotta ha versato nella Roma quasi 290 milioni, la famiglia Suning ha scommesso sull’ Inter 530 milioni in 19 mesi, Saputo ha staccato un assegno da 100 milioni per gli emiliani. E il misterioso Li Yonghong ha rafforzato il capitale dei rossoneri con 60 milioni, ne ha spesi 220 sul mercato quest’estate e si è indebitato per 420 per acquistarli. In tutto 1.118 milioni spesi sul mercato. Una montagna d’oro rovesciata sul nostro calcio che tra acquisti sbagliati (Joao Mario e Gabigol), stipendi folli e zero stadi di proprietà hanno ridotto le squadre sopracitate ad osservare altre società alzare trofei. E i propositi di modernizzare le forme di ricavo, come la diffusione del brand, si scontrano con la cruda realtà.
I giallorossi si sono affidati alle plusvalenze: 320 milioni in 5 anni. Ma ha comunque perso 231 milioni. La maglia è senza sponsor per il quinto anno di fila: poichè Pallotta vuole almeno 10 milioni, ma così facendo ne ha persi 30. I ricavi li gonfiano i soldi della Champions (fino a quando?), ma i debiti sono giunti fino a 210 milioni: «La Roma decollerà col nuovo stadio», giura lui, che da anni cerca un socio o come malignamente sostiene qualcuno, un compratore. Suning sta battendo una strada diversa: nel 2017 le entrate sono cresciute del 33% grazie a marketing e sponsor. Peccato che il salto sia figlio dei 56 milioni per i diritti del nome sul centro d’allenamento e le sponsorizzazioni in Cina versati dalla stessa proprietà cinese. Quest’anno ha l’obbligo di centrare il pareggio per non finire nella tagliola del Fair Play e all’appello mancano circa 40 milioni. A giugno il club può monetizzare le super-richieste per Icardi e Skriniar, incassando 160 milioni con cui rifare la squadra.
A Bologna, ragionevolmente, i tifosi non pretendevano tutto e subito come a Milano e Roma, ma i sogni dei tifosi rossoblù di lottare con le grandi grazie ai soldi di Saputo si sono dovuti scontrare con la realtà e la volontà della dirigenza di andarci con i piedi di piombo. Ha aumentato da 7 a 11 milioni i ricavi commerciali, qualche plusvalenza (Diawara) ha tamponato i buchi, quest’anno può arrivare l’utile operativo. Per il salto finale serve lo stadio: il progetto per ristrutturare il Dall’Ara, voluto dal Comune, rischia però di limare i piani al ribasso. Per quanto riguarda il Milan, c’è l’attenuante del tempo: ma è difficile che la new entry cinese riesca nel breve termine a cancellare il flop collettivo dei team a guida estera. I soci stanno lottando per onorare i debiti contratti per l’acquisto e per finanziare il pirotecnico mercato 2017. L’obiettivo è chiaro arrivare in Champions e far esplodere i ricavi nel profondo est per far continuare il gioco. Il mercato in Oriente fatica però a decollare e la Champions è un miraggio: anche il Diavolo rischia di fallire la propria campagna estera.