2014

Un controsenso… all’italiana

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SERIE A GIUDICE SPORTIVO SQUALIFICHE – «Ammenda di € 25.000,00 : alla Soc. JUVENTUS per avere suoi sostenitori, al 10° del primo tempo ed al 12° del secondo tempo, esposto due striscioni insultanti la memoria della tragedia di Superga». Alzi la mano chi, leggendo il comunicato del Giudice Sportivo Gianpaolo Tosel, si è stupito per la multa comminata alla società bianconera. Ci sarebbe sì da stupirsi, se non fossimo in Italia però. Sì, perché come spesso e volentieri accade, noi cittadini del ‘Belpaese’ riusciamo a farci riconoscere per episodi grotteschi, a volte persino difficili da credere.

PRESUPPOSTO – Da inizio stagione, infatti, Tosel ha deciso di applicare la nuova norma della discriminazione territoriale. Niente a che vedere con il becero fenomeno del razzismo – da combattere con tutte le forze -, ma una regola ferrea introdotta per mettere fine alle offese tra tifoserie. Come? Con una prima diffida e poi, in caso di nuovi episodi, la chiusura dei settori interessati. E qui nasce il primo paradosso: com’è possibile capire qual è la – sottolissima – linea che separa lo ‘sfottò’ dalla discriminazione territoriale? Per intenderci, gli ultras del Napoli – uniti a tutti gli altri ‘colleghi’ d’Italia nella battaglia contro la nuova norma – hanno deciso, a mo’ di provocazione, di autoattribuirsi gli stessi ‘epiteti’ che, di domenica in domenica, – e, soprattutto, da molti anni a questa parte – ricevono girando per l’Italia. Ciò, insomma, che accade per qualsiasi tifoseria: che sia di Bergamo o di Catania poco importa, la rivalità prima di tutto.

DUE PESI E DUE MISURE – Passi, comunque, l’inflessibilità del regolamento, tutto italiano: tale norma, infatti, non compare all’interno di quello Uefa. Ma allora non si spiega la scelta – parecchio singolare – di non punire, se non con ammende quasi irrilevanti per società che fatturano milioni di euro su milioni di euro, gli striscioni che inneggiano a tragedie passate. Viene anzitutto da chiedersi come sia possibile introdurre all’interno degli impianti – muniti, proprio per evitare questi problemi, di tornelli – striscioni di questo genere. Una domanda a cui difficilmente sarà possibile trovare una risposta sensata. Giacinto Facchetti, i giocatori del Torino, i tifosi della Juventus morti all’Heysel e moltissimi altri esempi: le tragedie non hanno bandiere e, soprattutto, vanno rispettate. Non in Italia, però, dove l’attenzione è concentrata solo ed esclusivamente sulle ‘inezie’. E le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: curva del Como diffidata per «cori inneggianti alla discriminazione territoriale verso la città di Bergamo» (nel match del 16 novembre 2013 contro l’Albinoleffe) e nessuna punizione per gli autori di striscioni come quelli apparsi allo Juventus Stadium durante il derby, gli ultimi, purtroppo, di una lunga serie. Un controsenso… all’italiana, per l’appunto.

RIFLESSIONE – E poi c’è l’interrogativo più grande: tessera del tifoso, biglietti nominativi e telecamere all’interno dello stadio servono a qualcosa? No, apparentemente proprio a nulla. O, più probabilmente, non vogliono essere sfruttati: perché, altrimenti, individuare i trasgressori – e punirli severamente – sarebbe un gioco da ragazzi. Un po’ come è accaduto in Germania, dove un tifoso del Borussia Dortmund, colto mentre faceva un saluto nazista in curva, è stato allontanato dagli stadi fino al 2020. Gli anni passano ma la solfa resta la stessa in Italia: forse perché ce lo meritiamo?


(Foto dell’1 dicembre 2013: strade chiuse e centinaia di poliziotti nelle zone antistanti lo stadio di Bergamo, a poche ore dalla sfida tra Atalanta e Roma. Scene da ‘Far West’ in una domenica che dovrebbe essere solo ed esclusivamente all’insegna dello sport).

 

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