2013
Un calcio alle spese: viaggio nei “paradisi fiscali” europei
Dal Monaco al Galatasaray, dal Manchester United al Real Madrid: il calcio ai tempi della crisi
Sta prendendo forma in Francia la “tassa sui redditi alti”, che colpirà anche la Ligue1: più di 120 addetti ai lavori, tra giocatori e allenatori, verranno colpiti dall’imposta del 75% promossa dal presidente della Repubblica francese François Holland. Per il numero uno della LFP si tratterebbe in sintesi della «morte del calcio francese. Nessun club potrebbe sopportare questo aumento dei costi e sarebbe più ingiusto che da questo discorso venissero esclusi i professionisti degli sport individuali», ha dichiarato Frédéric Thiriez.
In un’intervista a “Le Parisien” il ministro dello Sport ha risposto a tali critiche: «Non si tratta di uno scudo fiscale, è invece un atto di solidarietà in tempi di crisi: chi versa dei salari eccezionali paga una tassa eccezionale. Il Paris St Germain è di gran lunga il principale contribuente. Monaco? La Lega ha preso una decisione che è oggetto di ricorso davanti al Consiglio di Stato e siamo in attesa di una risposta», ha spiegato Valérie Fourneyron.
Nei meandri delle polemiche scoppiate Oltralpe sta montando la controversia sul club del Principato di Monaco, acquistato dal magnate russo Dmitri Rybolovlev (in foto), che ha rastrellato il mercato europeo per acquistare i migliori (e più costosi) giocatori. Non una novità, sia chiaro, del resto sono noti Roman Abramovich e la Qatar Investment Authority alla guida rispettivamente di Chelsea e Paris St Germain, ma il Monaco ha un grande vantaggio rispetto alle grandi “corazzate” europee: può offrire cospicui ingaggi ai calciatori, forti dell’esenzione sulla tassa sui redditi alti sopracitata. Mentre il Monaco gongola per il suo status fiscale, non avendo sede nello Stato francese, gli altri club della Ligue1 vivono una condizione di significativo svantaggio. Un po’ come se un club di baseball della Major League avesse sede alle Isole Cayman. Le Lega Calcio francese ha, però, stabilito che tutti i club del loro campionato debbano avere sede in Francia per essere così sottoposte alla medesima tassazione.
Il Monaco, a cui sono stati chiesti 200 milioni di euro in cambio del permesso di risiedere nella sua città, ha fatto ricorso al Consiglio di Stato, la più alta corte amministrativa, per far valere “i principi di libera circolazione, di libera concorrenza, di libero accesso alle competizioni sportive, e finanche l’accordo fiscale franco-monegasco siglato il 18 febbraio 1963″.
IN INGHILTERRA – Tale complesso fenomeno, una novità in Francia, rappresenta, invece, una tendenza in Inghilterra: pensiamo, ad esempio, al Manchester United, che aveva sede nel Regno Unito e che poi è stato costituito dalla famiglia statunitense Glazer secondo il diritto societario delle Isole Cayman e controllato da Red Football LLC, registrata nel Delaware. Nessuno scandalo nella terra della Regina Elisabetta, però, perché nonostante la Premier League fatturi cifre esorbitanti, le tasse versate dai club inglesi sono bassissime: nel 2012 gli utili hanno superato i 150 milioni di sterline, il fatturato ha raggiunto 2,2 miliardi di sterline, ma sono state pagate imposte sul reddito per 3 milioni di sterline.
IN SPAGNA – Chi non si è chiesto come abbia fatto il Real Madrid a pagare 120 milioni di euro Gareth Bale? Mentre il territorio iberico sprofonda giorno dopo giorno nella crisi, il club di Florentino Perez ha fatturato 512 milioni di euro, poco più del Barcellona, che ha speso “solo” 57 milioni di euro per Neymar e ha fatturato complessivamente 483 milioni di euro, secondo il rapporto di Deloitte & Touche. Il segreto è presto svelato: i due club, come Athletic Bilbao ed Osasuna, sono società sportive senza scopo di lucro, di proprietà dei loro soci, una condizione che garantisce numerose esenzioni sulle imposte societarie e sui redditi e che permette, ad esempio, a tali club di pagare il 25% di tasse, meno, addirittura, di un’impresa di pulizie, che in Spagna ha un’aliquota pari al 35%. La musica, però, potrebbe cambiare, perché la Commissione Europea vuole vederci chiaro e decidere se un club che incassa oltre 500 milioni di euro possa essere definito una società senza scopo di lucro.
IN TURCHIA – Un altro esempio è il “boom” turco: Wesley Sneijder, ad esempio, percepisce 4 milioni di euro a stagione dal Galatasaray, che paga soltanto il 15% di tasse sul netto, contro il 43% in Italia. Un vantaggio fiscale che ha permesso ai club della Superliga di poter annoverare giocatori come Kuyt, Raul Meireles, Felipe Melo, Altintop e Drogba.
Se non dovessimo, dunque, tener conto degli “escamotage” di alcuni club europei, potremmo asserire che il calcio italiano è, dunque, l’“Eldorado” per i giocatori, i quali potrebbero trovare condizioni fiscali più vantaggiose solo in Svizzera o Slovacchia, campionati nient’affatto competitivi. Come emerso dallo studio di Kpmg, si è verificato una sorta di allineamento tra i singoli Paesi, come del resto auspica la Commissione dell’Unione Europea, così da disincentivare gli spostamenti da un Paese all’altro solo alla ricerca di un regime fiscale più favorevole, ma è evidente che le aspettative finora siano state deluse.