2016

Pelé: «Emozionante rivedere la mia gioventù»

Pubblicato

su

«Non bisogna essere benestanti per diventare calciatori»

Giovedì arriverà il film di Jeff e Mike Zimbalist dedicato al più forte calciatore brasiliano di tutti i tempi, ovvero Pelè. Il calciatore tra i tanti record è l’unico che ha segnato due goal in una finale mondiale a soli 17 anni: «Ero giovane per sentire la pressione – dice Pelè nell’intervista riportata da Repubblica – non avevo esperienza di una competizione del genere. Il Brasile, invece, dopo la disfatta del 1950, aspettava di vincere la prima Coppa del Mondo. Io pensavo solo a giocare. Messico 70, invece, fu molto stressante. Ero tra i veterani e avevo deciso che quella sarebbe stata la mia ultima coppa del mondo»

COSA SI PROVA A RIVEDERE LA PROPRIA INFANZIA AL CINEMA? – «E’ stato emozionante. Anni fa ho giocato in “Fuga per la vittoria”, ma questo è un progetto diverso, perché mette in scena non solo il Pelé calciatore, ma anche la mia storia personale. Non m’interessava un altro film dove mostravo le mie prodezze. Mi sono commosso nel rivedere la mia gioventù. L’eredità lasciatami dalla mia famiglia si basa sul rispetto e l’educazione, questo è il cuore di questo film»

IL RAPPORTO CON IL PADRE JOAO«Era anche lui un calciatore e giocava nel Bauro, una squadra di seconda divisione. Si ruppe il ginocchio e dovette smettere. Mio padre è stato un dono di Dio. Mi ha insegnato la vita, non il calcio. Quando a 10 – 11 anni cominciavano ad asaltarmi, lui mi diceva che dovevo divertirmi e che dovevo lavorare molto, impegnarmi. Mi spingeva ad allenarmi e non dare per scontato le mie qualità. Credo sia stato un insegnamento fondamentale»

IL MOMENTO IN CUI HA CAPITO DI ESSERE IL MIGLIORE – «L’ho capito quando segnai il millesimo goal al Maracana. Era un rigore e non ho mai avuto le gambe così pesanti. Quando segnai, presi il pallone e rimasi un po’ a godermi il momento: avevo fatto qualcosa che nessuno era mai riuscito a fare. Bambini che giocano a piedi nudi? Non c’è bisogno di essere benestanti per diventare calciatori professionisti. Bisogna impegnarsi e lavorare duro, vorrei che questo messaggio arrivasse al pubblico del film»

LO SPORT PUO’ ABBATTARE LE BARRIERE RAZZIALI?«Quando andammo in Svezia per il Mondiale del 58′, in molti non erano mai stati fuori dal Brasile. Nessuno conosceva il nostro paese. I giornalisti lo confondevano con l’Uruguay o l’Argentina. Diventammo celebri solo dopo aver vinto quel campionato. Oggi c’è la possibilità di far arrivare il proprio pensiero a grande velocità in ogni parte del mondo, eppure accade poco. Mohammed Alì non aveva i mezzi odierni, eppure ciò che diceva arrivava a tanti. Probabilmente oggi la gente non ascolta più come prima o forse gli atleti non prendono più posizioni nette».

OLIMPIADI DI RIO«Spero di stare bene perché ultimamente non sono stato a posto. Io non ho mai giocato alle Olimpiadi perché ai miei tempi i giocatori professionisti non erano ammessi. Il Brasile non ha mai vinto l’oro, magari potrei giocare qualche minuto in un’eventuale finale del Brasile. Ho 75 anni, e mancano ancora 5 mesi, se mi alleno potrebbe essere la mia grande opportunità…»

Exit mobile version