2016

Essere campioni d’inverno conta

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Partenopei avanti al giro di boa: Sarri rispetto a Mancini, la storia da difendere (Juventus) e quella da scrivere (Napoli)

Prima i fatti: il Napoli di Maurizio Sarri giunge al giro di boa avanti a tutti e si laurea campione d’inverno con 41 punti all’attivo, circostanza che non accadeva da ben ventisei anni e che si è ripetuta nella storia del club in tre sole occasioni (1986-87, 1987-88 ed appunto 1989-90). In due delle quali i partenopei hanno poi centrato lo scudetto. Nella storia della Serie A il campione d’inverno si è poi aggiudicato il titolo nel 69% dei casi, percentuale che sfiora l’80 su 100 con il passaggio alla formula della vittoria a tre punti.

PERCHE’ CONTA – Ma i rilievi statistici, affermeranno i più scettici, lasciano il tempo che trovano. Ed in parte c’è anche da essere d’accordo: se le eccezioni esistono, non puoi escludere che nelle stesse eccezioni ti ci ritroverai anche tu. E’ il gioco della vita: se il tutto va in porto sei stato il migliore dall’inizio, altrimenti lo sfigato di turno. Colui che non è stato in grado di sopportare il peso della responsabilità: la circostanza di essere il primo a metà per poi sfaldarsi in corso d’opera sotto il fardello della pressione e dell’emotività. Per vincere però, a maggior ragione in Italia, devi fare i conti non solo con le vicende strettamente legate al campo ma anche con tutto quanto gli gravita intorno, e dunque quest’assunzione di responsabilità – per il Napoli di Sarri – arriva nel momento giusto. Se non sei in grado di tenerle testa, puoi farti da parte ed il rumore che solleverai non sarà neanche troppo marcato.

PERCHE’ CONTA, PARTE DUE – Il Napoli di Sarri, dopo la parola Napoli viene immediato scrivere “di Sarri”: sì, perché su come abbia rivoluzionato questa squadra abbiamo messo giù fiumi di parole e quasi non c’è ulteriore bisogno di tornarci su, è più interessante invece aprire al capitolo gestione della pressione. Un sentiero sul quale si è incamminato ricorrendo al suo unico e reale valore aggiunto: la gavetta. “Quando sono passato dall’Eccellenza ai Dilettanti ero uno da Eccellenza, dai Dilettanti alla C ero uno da D, dalla Serie C alla B mi consideravano da C, dalla B alla massima serie uno da cadetteria e da una piccola ad una grande un allenatore da piccola, è la mia storia”: in questo pensiero magnificamente e genuinamente rivelato da Maurizio Sarri in persona è tradotto il suo punto di forza e l’abilità nel tramutare il suo pregresso nella sua dote. Se ad esempio confrontato al tecnico dell’Inter Roberto Mancini, non può vantare quell’esperienza accumulata nel gestire le vertigini d’alta classifica (fattore che invece vedrebbe i nerazzurri favoriti) ma decisamente più di lui può fare tesoro di ogni risvolto appreso sul più improbabile dei campi italiani.

LA STORIA DA DIFENDERE E QUELLA DA SCRIVERE – Abbiamo parlato dell’Inter, ma c’è una nuova concorrente da iscrivere al registro delle pretendenti: la Juventus di Allegri. Nuova, fa quasi ridere: quando era oramai logico ipotizzare un sacrosanto anno di transizione figlio della rivoluzione estiva a tutti nota, la Vecchia Signora trainata dal giovane Dybala si è ribellata allo status quo ed ha tirato fuori gli artigli per, quantomeno, provare a scrivere una pagina diversa da quella più logica. O ancora meglio a difendere la sua storia. In tal senso prendiamo in prestito un pensiero rivelato proprio ieri negli studi di Sky da Gianluca Vialli in occasione della presentazione di Sampdoria-Juventus:  “vincere alla Samp è stata una gioia perché nessuno se lo aspettava, alla Juventus un sollievo perché era quasi dovuto”. In questa frase c’è tanto se non tutto dell’attuale parallelo tra Juventus e Napoli: i bianconeri sono chiamati a difendere la propria storia recente e passata, fatta di successi in fila l’uno dopo l’altro, i partenopei invece – la storia – vogliono scriverla. E rievocarla. Ed è bellissimo così.

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