2016

Davvero servono attaccanti che segnano?

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Post Inter-Carpi, Mancini ha scaricato la colpa su Icardi e Ljajic: giusto così?

Lo sfogo di Roberto Mancini nel post Inter-Carpi, epilogo di una settimana mediaticamente lancinante, ci può anche stare: il rammarico di non aver condotto in porto una vittoria annunciata e praticamente raggiunta ha dominato su ogni altra considerazione o lucidità. Del resto, se è umano Maurizio Sarri quando si lascia andare a parole poco consone, lo è altrettanto il Mancio nelle sue manifestazioni. Umani lo siamo un po’ tutti.

GIOCATORI COLPEVOLI – Compiuta doverosa premessa, sul quale non torneremo ulteriormente, va detto come il carattere dello sfogo sia risultato alquanto particolare: Mancini ha di fatto scaricato le colpe sui giocatori, individuando su tutti due colpevoli nei nomi di Icardi e Ljajic. Dell’argentino ha detto: “se ti capita quel tipo di palla devi fare gol, poche storie, lo avrei segnato io a cinquant’anni”. E sul serbo: “i calciatori devono guardare il time della partita e ragionare, se sei oltre il novantesimo e stai vincendo gestisci quel pallone e vai sulla bandierina”. Ha poi rincarato la dose parlando di un evidente problema – quello del gol, peraltro assolutamente esistente e condizionante in casa Inter – e della necessità, qualora dovesse partire Guarin e dunque arrivare in cassa fondi da investire sull’attuale finestra di calciomercato, di prelevare un attaccante in grado di migliorare le statistiche offensive. Di segnare, per farla breve.

PROBLEMA CERTO. MA LE RAGIONI? – Che quello sia il difetto dell’Inter 2015-16 è assunto fin troppo scontato ed evidente: a fronte della miglior difesa d’Italia – appena 14 le reti incassate – e terza dei principali campionati europei, c’è un attacco che latita. Soltanto 26 i gol firmati dai nerazzurri: per intenderci, quello dell’Inter è l’undicesimo attacco del torneo dopo (in ordine) Napoli (45), Fiorentina (39), Juventus (38), Roma (37), Sampdoria (31), Milan e Lazio (29), Empoli, Chievo e Torino (27). Una statistica che sul breve è stata attutita dagli uomini di Mancini ma che sul medio-lungo periodo, se non invertita, avrebbe giocoforza condizionato l’andamento da altissima classifica di cui si è resa protagonista la squadra. L’allenatore ha incolpato la scarsa vena realizzativa dei suoi attaccanti: ma è questo il reale fattore?

CAPOCANNONIERE USCENTE – Soffermandoci sui dati le cose non sembrerebbero stare in questo modo: Mauro Icardi è il capocannoniere in carica, autore di 22 reti nello scorso campionato (e 27 stagionali, ma già nelle due stagioni precedenti, quando non ancora ventenne, segnava su medie gol/minutaggio assolutamente strepitose). Nella recente classifica marcatori, per intenderci, un tale Higuain si era fermato a 18. E chi gli gira intorno, i vari Jovetic, Ljajic e Perisic su tutti, sono attaccanti da 10 gol che – quando hai un bomber acclamato sul quale contare – rappresentano quanto basta a rendere un pacchetto offensivo da primissimi posti. Il problema sembra dunque da ricercare altrove: l’Inter, a differenza ad esempio del Napoli, non vanta un’impronta di gioco riconoscibile. Dalla metà campo in avanti non c’è intesa tra i singoli ed in primis Icardi non è messo nelle condizioni di poter esprimere le sue qualità negli ultimissimi metri. Le occasioni arrivano con il contagocce: anche Higuain sbaglia, basta guardare ieri a quanto accaduto in Sampdoria-Napoli, ma la squadra esprime una mole di gioco tale da farlo esprimere – anche numericamente – per il fuoriclasse che è. Il resto lo fa l’assenza di fisionomia: i continui avvicendamenti, soprattutto in questa fetta di campo, non hanno certamente agevolato gli automatismi. Sia chiaro: per l’Inter nulla è perduto ed i meriti di Mancini sono talmente evidenti e già raccontati che appare addirittura superfluo tornarci su. Pensate a come erano messa i nerazzurri soltanto un anno fa. Per andare oltre però, ora, serve quel qualcosa in più. E, a livello di organico, è ampiamente sufficiente chi c’è già.

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