2014
Tra soldi e tv
Nuovo appuntamento con la rubrica settimanale di Giorgio Micheletti per Calcionews24!
La recente intervista della La Gazzeta dello Sport a Marco Bogarelli, in merito ai soldi che lui come presidente italiano di Infront porta al calcio italiano, e il bellissimo e provocatorio titolo, e contemporaneamente la notizia che la federazione russa non ha più i soldi da dare a Capello e al suo staff, e quella che il Parma forse va verso una penalizzazione perché non ha i soldi per far fronte a certe scadenze di regolamento, mi hanno fatto venire in mente che forse davvero il calcio italiano e non solo quello è a una svolta.
Se diventasse uno sport solo da tv? Se si stesse davvero andando verso il concetto di evento sportivo tipo Super Bowl americano, dove la partita viene interrotta per permettere la messa in onda tv di spot?
Le casse delle società mi sembrano talmente tanto asfittiche e i loro dirigenti talmente tanto privi contemporaneamente di preparazione e di fantasia manageriale che potrebbero davvero accettare questa trasformazione. Solo che c’è a mio giudizio un però: non siamo culturalmente pronti per una cosa del genere. È vero che le svolte devono partire da lontano e che mai si comincia mai si arriva, però questo sarebbe davvero troppo. Ma siccome a tutto c’è il suo contrario, guardo i dati degli spettatori presenti sui campi della Serie A in questo scorcio di campionato e vedo un grave calo generalizzato (per non parlare delle presenze durante le partite dell’Europa League). Non che gli ascolti tv siano aumentati in proporzione, ma una disaffezione ad andare allo stadio c’è (anche se credo che la perdurante crisi e lo stato di degrado dei nostri impianti possano contribuire non poco). Nel giro di due anni si sono persi al botteghino circa 100 milioni, passando dai 201 del campionato 2010-2011 ai 191 del 2012-2013. Inoltre, gli introiti delle società sono ancora troppo legati alla tv: il 56% del bilancio. E state attenti, molte società non incassano davvero quello che viene pattuito sui contratti, perché la cronicità di mancanza di liquidità le porta a ‘fattorizzare’ questi contratti, scontandoli e in pratica venendo a prendere meno di quello previsto (che però sul bilancio continua a figurare). E quando non ci si riesce si deve pesare sulle tasche dei proprietari: nel 2012-13, tra versamenti in conto capitale e finanziamenti (per lo più infruttiferi), i «mecenati» hanno elargito 283 milioni ai club di A. E attenti a quella pratica che prevedeva la cessione del marchio per aumentare i ricavi: la recente iscrizione nel registro degli indagati dell’ex presidente del Siena Mezzaroma potrebbe essere solo la prima.