2016

Le 7 leggende del calcio scaricate dai club

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Da Maldini a Bergomi passando per i recenti casi Totti, Toni e Di Natale

Nel calcio, così come nella vita, esistono combinazioni di eventi che spesso finiamo per catalogare sbrigativamente come coincidenze. Sarebbe troppo complesso interrogarsi ogni volta su tutta la somma di scelte e di situazioni che hanno condotto a un certo risultato, e così anche stavolta resta possibile solo osservare i fatti, l’effetto finale: la 31^ giornata di Serie A, appena conclusa, resterà nella memoria anche per quanto accaduto a Francesco Totti, Totò Di Natale e Luca Toni, costretti ad assistere da spettatori alle vittorie di Roma, Udinese e Verona. Tre campioni che si sentono in qualche modo scaricati dai rispettivi club e che rappresentano nel migliore dei modi, curiosamente in contemporanea, tutte le difficoltà legate al distacco più o meno graduale dal campo ed al tempo che passa e lascia i propri segni. Il calcio è costellato di situazioni, a loro modo paradossali, in cui la carriera di un campione è risultata così ingombrante e ricca da rendere impossibile un finale altrettanto esaltante, o almeno degno. Tutta una serie di film spettacolari ma con un finale amaro, le 7 leggende del calcio che si sono sentite scaricate dal loro club:

IL PARADOSSO DEL PUPONE – Finali paradossali, appunto. La storia degli ultimi mesi di Francesco Totti con la maglia della sua Roma incarna perfettamente il senso, anche surreale, di un epilogo: se da un lato l’arrivo di Luciano Spalletti in panchina ha sancito la rinascita giallorossa, tanto da poter puntare al secondo posto, d’altro canto i malumori del capitano si sono fatti sempre più ingombranti e sono esplosi nell’ormai celebre intervista rilasciata al TG1. Totti ha chiesto rispetto, ha definito la situazione insostenibile e, neanche troppo tra le righe, ha tenuto aperta una porta verso un futuro lontano dalla Roma giallorossa di cui, in tutto e per tutto, è il simbolo. In tanti, nella Capitale, non sanno immaginare il concetto di Roma senza il numero 10: questa è la stagione in cui una simile assurdità prende forma, l’assenza nel derby rischia di diventarne l’emblema.

FUORI DAL GRUPPOTotò Di Natale e i falsi allarmi: nelle ultime stagioni, a cadenza regolare, spuntavano voci e indiscrezioni sulla fine ormai imminente della carriera dell’attaccante napoletano. Più la fine sembrava vicina, però, e più il campo si divertiva a smentire l’idea di un ritiro: l’Udinese, nelle ultime stagioni, ha vissuto appesa alla certezza dei gol e delle giocate del suo inarrestabile Totò. Fino a quest’anno, l’anno in cui alle voci hanno fatto seguito i fatti, con numeri che da soli rendono l’idea del declino: 14 gol in 33 presenze nella stagione 2014/2015, un solo gol nella stagione in corso, con impiego part-time e la concorrenza agguerrita di Thereau e Zapata. De Canio lo ha detto chiaramente: non puoi giocare solo per il nome, devi metterti a disposizione della squadra: nella mente di Di Natale pare sia persino balenata l’idea della rescissione anticipata.

IL SECONDO EPILOGO  – Una storia di alti e bassi quella di Luca Toni, capace di arrivare tardi al calcio che conta e di riprendersi con gli interessi tutto il tempo perso. Il ritorno alla Fiorentina, tre stagioni fa, appariva agli occhi dei più come un romantico epilogo: la dirigenza gigliata immaginava già un Toni fuori dal campo, lui la vedeva diversamente. L’esperienza al Verona, del resto, ha dato ragione all’attaccante di Pavullo, capace di diventare il miglior marcatore di sempre dell’Hellas in Serie A. La stagione disastrosa del Verona, però, sembra aver intaccato anche il solido rapporto tra il centravanti e la dirigenza scaligera: resta da capire se, magari pensando ad un futuro in società, Toni riuscirà a digerire l’ultima esclusione dai convocati da parte di Delneri, liquidata come una poco verosimile scelta tecnica.

Al di là della 31^ giornata, la giornata in cui tutti i nodi sono venuti al pettine, non mancano nel passato più o meno recente esempi in qualche modo affini a quelli appena descritti, in Italia come all’estero.

SI, VIAGGIARE – L’avventura di Alex Del Piero in maglia bianconera si è chiusa col lieto fine: il numero dieci ha lasciato la Vecchia Signora in buone mani, congedandosi proprio mentre la Juventus si apprestava a diventare padrona indiscussa del campionato per più stagioni, sotto la guida di Conte prima e di Allegri poi. Tutto secondo rituale, senza sbavature: l’ultimo gol contro l’Atalanta, il giro di campo per salutare i tifosi. Dietro, però, c’erano pensieri diversi, c’era persino spazio per qualche rimpianto: le trattative mai avviate da Andrea Agnelli per il rinnovo, le dichiarazioni della dirigenza sulla fine dell’avventura bianconera di Del Piero e, soprattutto, la scelta di tentare l’avventura australiana e di non restare a Torino, in vesti diverse da quelle di calciatore.

SOLO NERAZZURRO – Anche lo Zio, bandiera nerazzurra e leader silenzioso della difesa, ha vissuto un finale di carriera dal retrogusto amaro. Beppe Bergomi è recentemente tornato a parlare degli ultimi mesi in nerazzurro, sottolineando il ruolo decisivo di Marcello Lippi nella fine della sua avventura come calciatore: il tecnico viareggino spiegò chiaramente a Moratti di voler rinunciare allo zoccolo duro nerazzurro, quello dei più esperti, e Bergomi a quel punto scelse di farsi da parte uscendo di scena nonostante le offerte provenienti dall’estero, lasciando che quella nerazzurra fosse l’unica divisa indossata in carriera.

UN SALUTO AMARO – Ancora più marcata l’amarezza pensando, sull’altra sonda di Milano, all’addio al calcio di Paolo Maldini. Una vita in rossonero, 647 presenze col Milan in Serie A, non bastò per rendere idilliaco il saluto a San Siro: una parte del pubblico presente, quel 24 maggio del 2009, contestò il terzino sinistro tributando cori a Baresi e prendendo le distanze da Maldini con striscioni polemici. A rendere meno malinconico l’addio al calcio giocato fu il Franchi, la settimana successiva, tributando alla leggenda rossonera una standing ovation in occasione di Milan – Fiorentina. Anche i rapporti con la società rossonera non sono rimasti idilliaci: Maldini ha recentemente contestato l’operato di Galliani, sottolineando peraltro come quest’ultimo abbia posto sempre il veto ad un suo possibile approdo in società.

SILENZIO ASSORDANTE – L’epopea di Steven Gerrard, centrocampista e bandiera del Liverpool dal 1998 al 2015, può ricordare per certi versi quanto sta avvenendo a Roma con Totti, in attesa di conoscere l’epilogo del caso relativo al Pupone: il numero 8 dei Reds, prima di optare per l’avventura in MLS, espresse tutta la propria delusione per il comportamento della dirigenza che, a suo dire, non si fece mai avanti per discutere del futuro e per sancire in rinnovo del contratto. Gerrard, così come Totti, si sentiva ancora calciatore a tutti gli effetti: resta da capire se la scelta compiuta dall’inglese, proseguire oltreoceano la carriera, sarà seguita dal numero 10 giallorosso, uno che del resto non ha mai nascosto di stimare Gerrard.

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