Totti e la nuova vita da dirigente: «All'inizio parlavo da solo!» - Calcio News 24
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2017

Totti e la nuova vita da dirigente: «All’inizio parlavo da solo!»

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Totti

Le dichiarazioni di Francesco Totti sul rapporto con la Roma e il cambio da giocatore-capitano per 25 anni a dirigente della società

Protagonista di una lunga intervista con il Corriere della Sera, il dirigente della Roma, Francesco Totti, ha rilasciato queste dichiarazioni per raccontare il rapporto vissuto con la società nei mesi del ritiro dal calciatore: «Prima intervista da dirigente. Fa un po’ effetto. E’ diversa. Ma dopo 25 anni da calciatore ti devi abituare. Cosa è cambiato? Tutto, la vita, il fisico, la testa. Ero abituato a fare sempre le stesse cose: sveglia presto, colazione, allenamento. Come una macchina. Adesso devo programmare la giornata. L’impatto non è stato semplice. Ho chiesto alla società se potevo ricaricare le batterie per un po’. Avevo voglia di dare un taglio, liberare la testa, godermi i miei figli. Me lo hanno concesso e li ringrazio, così ho potuto ricominciare con il piede giusto il nuovo percorso».

Prosegue Totti: «Sono rimasto nel calcio, che per me è la vita. E’ tutto. Il mio lavoro resterà sempre nel calcio. Ne sono convinto. Ho la fortuna di poter stare con la squadra, divido le partite con loro, vado sul pullman, in ritiro, lavoro a 360 gradi. Sono stato calciatore e conosco tutte le dinamiche, so come trattare un giocatore. Dentro lo spogliatoio può starci davvero solo chi ne conosce le parole, gli sguardi, i momenti giusti. Ho questa fortuna rispetto ad altri dirigenti, ho vissuto le dinamiche dello spogliatoio. Ci vado ogni giorno, come prima. Solo che adesso non mi spoglio».

Infine, l’ex capitano giallorosso conclude con una battuta circa i primi periodi di smarrimento post-ritiro da calciatore, tanto da non essersi ancora pienamente abituato all’idea di non poter entrare più in campo: «All’inizio parlavo da solo, come un matto: sono infortunato, sono squalificato, adesso rientro. Però adesso mi sono abituato. Dove si soffre di più? In tribuna, perché in panchina speri sempre di poter entrare. In tribuna ascolti cose pazzesche, tutti allenatori. Penso: chissà cosa dicevano quando giocavo io?».

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