Torino, Vanoli si presenta: «Il Toro un club storico, ringrazio Cairo per la possibilità. I miei obiettivi…» - Calcio News 24
Connettiti con noi

Serie A

Torino, Vanoli si presenta: «Il Toro un club storico, ringrazio Cairo per la possibilità. I miei obiettivi…»

Pubblicato

su

Vanoli

Paolo Vanoli interviene in conferenza stampa, così il neo tecnico del Torino nella sua presentazione a Pinzolo, le parole dell’allenatore

(Lorenzo Bosca – Inviato a Pinzolo). L’attesa è (finalmente) terminata. Dopo settimane di rumors è voci più o meno attendibili è giunto il tempo della conferenza stampa di presentazione di Paolo Vanoli. Il neo tecnico del Torino interverrà quindi dinanzi ai cronisti riuniti in quel di Pinzolo (sede del ritiro estivo granata) a partire dalle ore 14.40. Tanta le curiosità che gravita intorno a quelle che saranno le prime parole dell’allenatore di Varese.

Da un bilancio sul suo impatto con il mondo Torino, passando per gli obiettivi di calciomercato. E chissà, magari ci sarà anche spazio per qualche pronostico e o speranza per il suo primo anno nel capoluogo sabaudo. La conferenza stampa di Paolo Vanoli verrà qui riportata in forma integrale LIVE per le colonne di CalcioNews24 a partire – come anticipato – dalle 14.40. L’attesa è quindi terminata, il tu per tu con Paolo Vanoli sta per cominciare.

Vanoli prende la parola

«Prima di passare alle domande volevo ringraziare il presidente per le belle parole espresse nei miei confronti e per le opportunità che mi sta dando. Al direttore, è una cosa importante averlo qui. A Emiliano (Moretti, ndr) che mi ha portato via il posto a Firenze (ride, ndr). Il ringraziamento a queste persone per me era importante»

Quali sono gli obiettivi del Torino e come si alza l’asticella?

«Il Toro è un club storico, per me è una responsabilità importante. Obiettivi? Sicuramente ringrazio anch’io Juric: ho trovato una squadra con una cultura del lavoro importante. Io voglio seguire la mia filosofia, la mia idea di gioco. Ci voglio lavorare tanto, ma questo non mi spaventa. Gli obiettivi devono partire un’idea di gioco. Dobbiamo farci degli obiettivi concreti, non guardare in là, gli acquisti che faremo saranno in funzione dell’idea di gioco».

L’abbiamo sentita dire che cercherete il bel gioco

«Noi dobbiamo cercare la pressione. Se vogliamo migliorare, la dobbiamo cercare. E’ una cosa positiva. Fa parte di un’attività vincente. E’ quello che voglio dai miei giocatori: cercare il dettaglio. E’ un processo fatto di step come ho detto prima: step dopo step»

Cos’è il calcio per lei

«Il calcio per me è una grossa passione. A volte mi vergogno quasi del mio atteggiamento in campo (ride, ndr). Però mi piace: voglio che i miei calciatori si appassioni, capisca perchè alcune cose funzionano così. Mi piaccione le sfide. Quando ho accettato la Russia mi sono trovato davanti a un capitolo brutto che sta avvenendo ancora oggi. Fidatevi, io e il mio staff ci siamo trovati in un momento difficile. Ma a me piace coinvolgere i giocatori. Devono capire perché vanno al campo, se li coinvolgi hai già vinto uno step. Ricordo sempre la frase di Sacchi: il calcio dev’essere un’orchestra. Mi ha aperto».

Cosa le ha trasmesso la visita a Superga

«Quando ho iniziato a fare questo lavoro tutti parlavano del Grande Torino. La prima cosa che ho chiesto alla società, al mio staff quando sono arrivato è stata di andare a vedere che cos’era Superga. Quando sono arrivato in questo posto…mi ha dato una carica incredibile. Mi dice cosa rappresento ora. Il presidente del direttore mi hanno fatto sentire importante. Su Superga…non dobbiamo mai dimenticare la storia»

Vedremo nuove aperture allo stadio Filadelfia?

«Per prima cosa ringrazio i tifosi, mi hanno accolto in una maniera inaspettata e questo mi ha dato ulteriore carica. Mi hanno convinto ancora di più che sia stata la scelta giusta. Il Filadelfia è la storia, il poter allenarci lì ha un significato importante e in futuro spero di poter regalare ai tifosi qualche giornata in più. Poi bisogna capire tempi e modalità. E’ un’occasione per unire e diventare più forti. Ora non posso prometterlo con continuità, ma farò il possibile perché anche i ragazzi devono capire che i tifosi possono dare una spinta in più»

Quanto è stata importante la sua gavetta?

«Hai parlato di Zoratto, lui mi ha regalato tanto: Daniele è stato una persona al mio fianco all’inizio di un processo nel cambiamento da giocatore ad allenatore. Mi diceva sempre di contare fino a dieci, mi ha aiutato tanto a capire che l’ambizione e la pazienza mi avrebbero portato dove sono arrivato oggi. Se c’è una cosa di cui sono davvero orgoglioso è della mia gavetta, questa possibilità al Toro me la sono meritata: io sono una persona ambiziosa. Nel mio percorso ho fatto di tutto, ho visto in secondo piano com’è composta una società: è per questo che le mie esperienze all’estero mi ha fatto fare poi un ultimo step: anche per capire cosa significhi fare il manager. Sono cresciuto, con Vagnati devo gestire l’azienda del presidente e deve portare risultati. Il mio compito è anche unire, condividere per arrivare all’obiettivo. E’ come quando scelgo un collaboratore: so che anche io ho magari fatto errori e così glieli anticipo per non farglieli commettere. Il mio sogno sarebbe finire il mio percorso in Nazionale: avendo fatto otto anni in azzurro, ho conosciuto i migliori giovani e mi piace lavorare con loro. E il mio desiderio, un domani, sarà chiudere il cerchio in Nazionale al termine del mio percorso».

La Primavera si allena qui vicino. E’ stata una sua scelta? Che significato ha?

«Bella domanda, se n’è parlato poco. Il presidente e il direttore hanno fatto una cosa straordinaria…avere la Primavera a dieci minuti da qui è davvero bello. Ti dà l’opportunità di lavorare con 20 giocatori e avere sempre qualcuno a disposizione, e poi posso conoscere più velocemente i giovani che ho sotto. L’altro giorno hanno giocato alle 15 e ho visto la loro amichevole. Contro la Virtus li ho fatto i complimenti: all’inizio erano un po’ timidi, ma poi hanno capito che la timidezza non fa parte del calcio. Voglio farglielo capire, loro devono avere il sogno di arrivare qui. E quando chiamo qualche giovane, anche per cinque minuti, devono vivere il sogno di dire: ‘Papà, hai visto bello?’. Le strade sono infinite e difficili per diventare calciatori, ma l’attenzione che do ai giovane è importante. Ho dei figli…»

Un giudizio sulle strutture di Pinzolo per il Torino e per la primavera

«Ringrazio il territorio. Ci hanno messo a disposizione tutto per lavorare al meglio. E’ un ringraziamento speciale, abbiamo due campi e tutto ciò che abbiamo chiesto, ci hanno messo in condizione di lavorare benissimo qui»

Nella sua esperienza al Torino lavorerà sull’importanza della maglia granata

«E’ la prima cosa che chiedo a un giocatore, deve sapere che maglia indossa. E sapere cos’è il Toro. Sono valori unici i suoi, non si può non saperlo. E così sai che devi rappresentare questi valori. I valori tecnici vengono dopo e si possono migliorare…i valori di un club li devi sapere invece»

In base a cosa sceglie i suoi collaboratori?

«Io sono una persona curiosa. Voglio persone che mi diano energie per capire: i miei sono collaboratori di alto livello con esperienze importanti, questo mi aiuta nel percorso di crescita. Voglio vedere e capire, ho la curiosità di cercare un collaboratore che mi stimola. La lingua? Oggi tutte le società hanno cultura internazionale, il mio staff deve essere preparato a sapere più lingue: è arrivato Coco, avere collaboratori che sanno lo spagnolo diventa più facile per il ragazzo capire cosa chiedo. In questo mondo globale, è importante questo aspetto. L’ho vissuto anche a Venezia, in sei mesi ho parlato più inglese in Italia che all’estero (ride, ndr). Poi sono severo, qui in Italia bisogna parlare italiano: il mio collaboratore che è arrivato dal Real Madrid ha un insegnante. In Inghilterra non mi hanno detto di parlare in inglese, ma avevo la maestra per imparare l’inglese (ride ancora, ndr)»