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Torino, Vagnati rilancia il sogno Europa: guai a parlare di Tor-exit

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Il dt del Torino Vagnati rilancia il sogno Europeo, tra ambizione e realtà l’impresa passa dal Lecce, altrimenti sarà effettivamente Tor-exit 

Sono passati 1632 giorni dall’ultima apparizione europea del Torino. Parliamo del 22 agosto 2019, quando in una tiepida estate britannica ormai prossima al tramonto, i granata affrontavano fuori dalle mura amiche il Wolverhampton. All’epoca, la scuderia sabauda era capitanata da Andrea Belotti (ora alla Fiorentina), mentre sulla panchina sedeva Walter Mazzarri (ora al Napoli) e allargando il cerchio a Palazzo Chigi operava Giuseppe Conte (ora all’opposizione), con Sergio Mattarella al Quirinale (no, la sua carica non è mutata).

Da quel 2-1 in favore dei Wolves – dopo il 2-3 dell’andata sempre per gli inglesi – il palcoscenico continentale non ha più annoverato il Torino tra i suoi attori. Nemmeno dopo l’assegnazione del tagliando per qualificazione in Champions alla quarta classificata nostrana (che ha dunque aumentato il novero delle pretendenti per una competizione europea sino alla settima del tabellino), o la trovata – forse più a fini di marketing che sportivi – della Conference League.

Eppure nei cinque anni successivi il Vecchio Continente non ha mai perso la sua attrazione gravitazionale nei confronti della piazza piemontese. Forse (concediamoci almeno il beneficio del dubbio) anche quando il Torino i mezzi per navigare verso le urne di Nyon non li aveva proprio. Sedicesimo, diciassettesimo, decimo e ancora decimo, questi sono i piazzamenti inanellati in Serie A dal Toro dopo la prima citata sconfitta al Molineux Stadium.

Nulla di entusiasmante insomma, eppure per qualche strana ragione come spiegato l’assillo non è mai venuto meno, questo con un duplice ma non meno importante effetto. Se da un lato l’ambizione e il desiderio hanno mantenuto a livelli perlomeno discreti l’attenzione e l’affetto dei tifosi nei confronti della società – della serie: «Farò l’abbonamento, chissà che questo non sarà l’anno giusto» – dall’altro, le consequenziali delusioni per non aver riacciuffato l’obiettivo si sono riversate proprio sugli stessi fan prima ed allenatori con calciatori poi. 

Un leitmotiv che rischia di ripetersi anche quest’anno, se non fosse che per la prima volta in quasi tre anni di permanenza in via Viotti, il tecnico Ivan Juric ha messo a tutti gli effetti le cose in chiaro. «Se non andiamo in Europa il mio lavoro qui non ha senso…me ne vado», ha spiegato lo stratega croato in un momento di furore (per usare un eufemismo) davanti ai giornalisti.

Un’uscita “a gamba tesa” figlia di qualche lamentela di troppo arrivata in seguito al pareggio casalingo con l’ultima della classe Salernitana e che ha costretto lo stesso Juric a palesarsi nuovamente il giorno seguente dinanzi ai media per specificare meglio le proprie intenzioni. Chissà se la conferenza stampa bis sia stata indetta dallo stesso Juric o rappresenti piuttosto il risultato di un’imposizione dall’alto. Le prove in nostro possesso pendono molto più per la seconda opzione che per la prima, basti pensare che l’ex Hellas Verona abbia nella seconda occasione concessa de facto ripetuto il medesimo concetto, ma con toni innegabilmente più pacati.

Juric

Insomma, sarà per la storia, sarà per il sempreverde paragone con i cugini bianconeri, o sarà per il valore della rosa (probabilmente superiore al decimo posto che ad oggi mette in luce la classifica), ma il rischio è che ogni risultato al di fuori di quello europeo a Torino rischi di venire etichettato come “fallimento” è più che concreto. Tra i tanti interrogativi, una prima certezza è arrivata nella giornata di ieri, quando in occasione della presentazione del neo acquisto David Okereke anche il ds Davide Vagnati ha avuto modo di scambiare due chiacchiere con i giornalisti.

Una mossa che potrebbe essere anche letta come il tentativo di porre rimedio alla prima – e per forza di cose anche alla seconda – conferenze del vulcanico allenatore. E mentre ci si può interrogare sel il Torino abbia così battuto un record sul numero di incontri con i media in una settimana, pare lapalissiano che la questione europea sia stata nuovamente toccata (e non solo tangenzialmente) anche dal manager:

«Se senza Europa Juric va via?» è stato subito incalzato. «Non mi piace questa domanda, non è il momento di parlare di con o senza Juric» ha risposto secco. E ancora: «Parliamo del Lecce, le ultime due gare ci hanno lasciato dispiacere per i risultati: per migliorarsi, bisogna vincere più partite possibili. Il focus deve essere tutto su questa stagione, ogni goccia di sudore, e abbiamo una squadra che può fare buoni risultati». Poi la chiosa: «Pensiamo a questo, al futuro si vedrà e siamo pronti a tutto».

Dunque tra sogno e realtà per il Torino c’è la prossima partita. E sia chiaro, classifica alla mano questo artifizio retorico spesso scelto dai protagonisti del pallone per schivare domande sinistre, questa volta appare quanto mai veritiero. Con un novero di squadre davanti raccolte in così pochi punti, una potenziale vittoria farebbe da leva per uscire – almeno in via momentanea – dal limbo del gruppo di centro. Un’eventuale sconfitta contro  l’abbordabile (almeno sulla carta) Lecce invece, vorrebbe dire perdere anche l’ultima chiamata per il treno che porta a giocare in settimana.

Un Tor-brexit in poche parole, rubando l’espressione alla politica. Uno scenario da scongiurare, visto e rivisto da troppo tempo, da quando il Torino perdeva col Wolverhampton in un’Inghilterra ancora parte dell’Unione Europea. E quindi che Lecce sia, le somme andranno tirate in seguito.

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