2016
Juve all’altezza: il resto è chiacchiera
Quattro cose dal derby da sottolineare e di cui fare tesoro per il futuro
Un grande primo tempo, soprattutto perchè ha mostrato come quel senso di ingiustizia vissuto a Monaco, che avrebbe potuto zavorrare pesantemente testa, muscoli e cuore della squadra, è stato assolutamente assorbito e la corsa al campionato è ripartita con le solite convinzioni, se non addirittura qualcuna di più, regalata dalla consapevolezza – come ha detto Allegri in conferenza alla vigilia del deby – che si è in testa e quindi si è favoriti, possedendo il destino nelle proprie mani. E quando parlo di ingiustizia, non mi riferisco agli episodi arbitrali che tra andata e ritorno hano avuto un qualche peso in Champions League. Penso a quel sentimento davvero bruciante che i giocatori hanno provato nell’avere giocato due gare all’altezza di avverasari ritenuti mostri e che – probabilmente – dimostreranno di esserlo nelle sfide successive. Il resto è chiacchiera, anche perchè proprio all’Allianz la Juventus stessa ha dimostrato sul campo di avere assorbito l’annullamento dello 0-2 di Morata con il gol fantastico confezionato dallo stesso Morata per Cuadrado.
PENSIERO UNICO – Nel secondo tempo, la Juve ha invece rimesso in gara il Toro che avrebbe meritato il pareggio visto che il 2-2 lo aveva segnato davvero con Maxi Lopez, nella solita accelerazione di Bruno Peres che sembrava avere risparmiato energie nel caldo pomeriggio torinese e stava mettendo in crisi il reparto arretrato bianconero. E’ successo prima in occasione del rigore, a mio avviso molto generoso, anche se solo sui social – e quelli di parte gobba, naturalmente – si è provato a obiettare sul fallo di Alex Sandro, che tocca nettamente il pallone e mette la gamba avanti rispetto al granata. Ma il pensiero unico, tra i moviolisti, mi induce a pensare di essere in torto io, si vede che le mie lenti a contatto mi provocano un’illusione di ipervisione (o sarà la tv, oppure la rabbia provata nel sapere in quell’esatto momento che sarebbe scattato uno dei tormentoni classici del derby: l’ansia da impresa granata, figlia di 3-3 o addirittura 3-2 del passato…).
CON MALIZIA – Ci sono un po’ di cose da sottolineare della partita bianconera (per inciso: mai, in campionato, la Juve aveva sconfitto i cugini in casa loro per 1-4). Ne indico per l’appunto 4, volutamente con malizia. Faccio parte di una generazione cresciuta negli anni ’70, con conseguente patimento nei derby, non nascondo di essere stato molto dispiaciuto quando Morata ha fallito l’opportunità della cinquina di squadra, della tripletta personale e del gol – per di più – in inferiorità numerica e con un’azione delle sue, che mi fa ben sperare su un finale da trascinatore da parte di Alvaro, apparso ancora un volta in totale crescita nelle progressioni (oltre al fatto che la rete dell’1-3 è stata un autentico capolavoro per controllo di destro e tocco raffinato di sinistro).
POGBA – Parto da Pogba, non si può fare altrimenti. All’andata ero rimasto colpito da come un suo gol fantastico fosse stato derubricato a gesto tecnico quasi normale, offuscato dal finale thrilling con la rete di Cuadrado a pochi secondi dal termine. Ieri Paul ha inventato un’altra punizione letale, eleggendo Padelli a vittima preferita, visto che ha bissato l’exploit di Coppa Italia. Conta anche il momento nel quale si inventano queste prodezze: la Juve stava schiacciando il Toro, votato a un atteggiamento iperdifensivo, in perfetta coerenza con tutti gli altri derby della gestione Ventura. Ma occasioni non ne erano ancora nate e quel calcio di punizione se l’è procurato lui, in quella che è la mossa più utilizzata sulla scacchiera di Allegri, con il 10 a guadagnare lo spazio da lontano perchè in possesso del oasso giusto per arrivare in zona pericolosa. E difatti i compagni lo cercano in maniera ricorrente, anche se ancora non manca qualche palla persa che si potrebbe gestire meglio
RUGANI – Proseguo con Rugani. Dalla timidezza negli appoggi delle prime prestazioni, con un occhio di riguardo verso Bonucci al quale delegava la costruzione del gioco quasi totalmente, si è arrivati a una crescita di rendimento assolutamente visibile, con l’ex empolese leader per palloni giocati e per verticalizzazioni. Anche in questo la pazienza di Allegri si è rivelata produttiva, regalando alla Juve la costruzione di un giocatore che quando sarà ancor più sicuro (manca poco) sarà un pezzo forte del muro che aiuta Buffon a conseguire quei traguardi storici che si merita.
DYBALA – Non trascurerei una frase di Allegri a fine gara per capire una volta di più e meglio la sua concezione calcistica. Su un campo apparso in una condizione imbarazzante – ancor più per una squadra come il Toro che Ventura vorrebbe sempre in grado di costruire il gioco dalla difesa con palla a terra – il mister livornese ha motivato l’utilizzo di Dybala proprio come elemento tecnico che avrebbe potuto supplire ai problemi del terreno. Una specie di sfida, che peraltro Paulo stava vincendo perchè in alcune discese aveva perso il controllo della sfera, ma stava creando buchi e insicurezze nel reparto arretrato granata che sono esplose al momento del gol di Khedira. Dybala non era più nella partita e il tedesco – uno che palla al piede ha pochi eguali al mondo per padronanza – si è calato nello spazio con l’autorevolezza giusta per andare a segnare a tu per tu con Padelli.
ATTENZIONE – Infine, un dettaglio. Perchè si vincono gli scudetti anche così. Nei minuti conclusivi, dopo l’espulsione di Khedira, si è registrato un incremento d’attenzione, quasi che non si volesse sporcare la vittoria con un altro possibile sbrego (anche perchè il Toro ha fatto molta fatica ad entrare in partita, ma poi non ne è uscito più e Maxi Lopez è andato molto vicino al 2-3). Nello sprint finale sarà necessario anche il più piccolo particolare. Il Napoli è sempre lì e ormai sono troppe le prove che fanno pensare che sarà così fino alla fine.