2016
Torino: Mihajlovic, se Ljajic avesse il tuo coraggio
Derby della Mole ancora alla Juventus, battuto il Torino di Mihajlovic: l’analisi
Perdere un derby, quando il tuo avversario si chiama Juventus, è qualcosa che ci sta e risulta ampiamente preventivabile. In campo contro i migliori della Serie A da cinque anni ad oggi, i più titolati nella storia del nostro campionato, ragion per cui sei sì costretto a giocartela ma non a fare risultato: il Torino ha perso, dopo esser passato in vantaggio con il gol del solito Belotti, ed al netto delle doverose premesse appena ricordate lascia il campo con enorme amarezza.
MIHA DETTA LA VIA – Se tutti gli allenatori della Serie A si rapportassero alla Juventus come lo ha fatto Mihajlovic, saremmo senz’altro di fronte ad una contesa del tutto differente e decisamente più equilibrata. Premettiamolo subito, a scanso di equivoci: se analizzate il tutto sempre e solo in base al risultato, beh, avete sbagliato sede. Qui si va oltre, o quantomeno si prova a farlo. E dunque si premia il coraggio di Sinisa Mihajlovic: quello di caricare il derby di significativa tensione emotiva alla vigilia e comportarsi come annunciato nello sviluppo della partita. Che coerenza! Quando si dice: alle parole devono seguire i fatti.
LE SCELTE DI SINISA – Sì, merce rara vero. Eppure a tutto quanto asserito hanno fatto seguito le scelte, le decisioni. Sul risultato di 1-1, con il Torino in predominio territoriale e che si lasciava ampiamente preferire sul piano del gioco e della propensione offensiva, Sinisa Mihajlovic si è giocato il tutto per tutto: all’82’ minuto le tre sostituzioni, tutte insieme, per vincere la partita. Acquah per il corrispettivo Benassi, ma anche Martinez e Boyé per Baselli e Iago Falque. Le due forze fresche d’attacco, sommati ai già presenti Belotti e Ljajic, andavano a formare un 4-2-4 di infinita ambizione e coraggio. Il segnale alla squadra è stato inequivocabile: andate a vincerla. Sì, andate a vincerla, Juventus o non Juventus non fatevi bastare il pareggio. Poi l’ha persa, ma ve l’abbiamo detto: se guardate al solo risultato non siete nella sede giusta. Onorevole perderla in questo modo, da timorati della propria ombra perderla chiudendosi in poco probabili barricate. Unica via per provare ad impensierire la Juventus è quella di attaccarla.
MENTRE LJAJIC… – Viene da domandarsi se solo Adem Ljajic avesse una porzione della personalità del suo allenatore e connazionale. Sul livello tecnico del calciatore non c’è neanche da discuterne: è tra i primi interpreti del campionato. Ma oramai, carta d’identità alla mano, non può più essere l’eterno bambino da aspettare, il fenomeno di cui attendere l’esplosione. Nessuno gli ha mai chiesto quel ruolo di leader di una squadra che non gli può appartenere, ma nel derby – giornata in cui dovrebbe esaltarsi e far valere la sua manifesta superiorità tecnica – viene meno. E’ molle in occasione dell’1-1 bianconero, lasciando una palla lì in mezzo al campo puntualmente divorata dai rapaci avversari bianconeri, fallisce la chance del nuovo vantaggio mancando il colpo dalla mattonella di sua proprietà. Avrebbe segnato contro qualsiasi altro avversario, viene meno con la Juventus nel giorno in cui un popolo intero gli chiedeva di esser presente. Il tutto condito da una prestazione piuttosto fiacca: eppure al suo fianco avrebbe quell’indemoniato di Belotti. Fosse anche per pura imitazione, qualcosa in più ci saremmo aspettati. Ed invece…