Torino, Glik: ?Se segno alla Juventus.." - Calcio News 24
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2012

Torino, Glik: ?Se segno alla Juventus..”

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TORINO GLIK – Difensore del Torino e della Polonia, Kamil Glik dal 2010 è approdato nel calcio italiano. Dopo le esperienze con la maglia del Palermo e del Bari, il difensore, che vanta anche un passato al Real Madrid, si è raccontato in un’intervista a Tuttosport.

Kamil Glik, il primo messaggio a tinte granata dopo la prodezza contro l’Inghilterra?

«Da quella testa matta di Basha. Testuale: hai fatto gol! Pensa te… Poi mi hanno emozionato quelli di mia mamma e mia nonna, e quelli di alcuni amici polacchi. E mi sono arrivati anche sms affettuosi da persone che ho conosciuto a Torino. Ovviamente tifosi granata. Chi non si è fatta viva al telefono è mia moglie».

Come?

«Calma, non abbiamo litigato, è solo che lei era con me allo stadio di Varsavia. Ha preso un aereo in queste ore per tornare a casa. Ovvio, assieme al nostro yorkshire Kaesy».

E Ventura?

«Nessun messaggio, ha preferito aspettare che tornassi alla Sisport per complimentarsi con me a quattrocchi».

La vediamo giustamente raggiante dopo un gol ad Hart. E se tra un mese e mezzo, contro la Juve, dovesse trovare l’inzuccata vincente, magari al 95’…

«Mi metto a correre fino all’esterno dello stadio, in maglietta e pantaloncini e con le scarpe con i tacchetti ai piedi. Penso che non mi fermerei più, farei tutta Torino di corsa».

Ma arriverà anche un gol prima del derby?

«Magari già a Palermo. Ringrazio il club rosanero per avermi portato in Italia, però in Sicilia non mi hanno concesso troppe opportunità. Sarei ipocrita se non dicessi che sono animato da uno spirito di rivalsa».

Eppure Delio Rossi, suo allenatore a Palermo, in un’intervista concessa pochi giorni fa a Tuttosport ha avuto belle parole nei suoi confronti.

«Francamente non so come la pensi sul mio conto, ora. Al tempo vedevo poco il campo, e da quando sono andato via da Palermo non ci siamo più visti né sentiti».

A Smuda, ex ct della Polonia che l’ha esclusa dagli Europei di casa sua, cosa vuole dire?

«Rispondo con la stessa moneta, cioè non dico nulla. Esattamente come aveva fatto lui nei miei confronti, non motivando la sua scelta. Acqua passata, ora c’è un altro allenatore, Waldemar Fornalik, che mi sta concedendo fiducia. Con lui ho già disputato tre gare, il rapporto è ottimo e ora il mio obiettivo, a livello di Nazionale, è la qualificazione ai Mondiali. Poi, è chiaro, vorrei non essere escluso all’ultimo dal gruppo che volerà in Brasile».

Lei rientra a Torino con una carica pazzesca, mentre Ogbonna ha dovuto lasciare la Nazionale e la scorsa settimana non si è allenato. Sente qualche responsabilità in più, in vista della sfida del Barbera?

«Innanzitutto spero che Angelo sia al meglio, e per fortuna mi risulta che sia a posto. Io sono responsabilizzato a prescindere, ma lui è troppo importante per noi».

A voi toccherà Miccoli, mentre i difensori centrali del Palermo se la vedranno contro Bianchi. Chi sta peggio?

«E’ una dura lotta, sono due grandi attaccanti, per quanto diversi. Sono i simboli di Palermo e Torino, i giocatori più carismatici dei due club».

A Palermo è stato arretrato Donati per puntellare la difesa. A maggior ragione pensa che la rimpiangano?

«L’importante è che il rimpianto non sia il mio. E il sottoscritto, a Torino, si trova benissimo: da un punto di vista professionale come umano».

Il luogo che più le è caro del capoluogo piemontese?

«Piazza San Carlo. Fare una passeggiata sotto i portici, fermarsi in un bar storico a prendere un caffé alza la qualità della vita. Torino è una splendida città, soprattutto se la si gira a piedi, senza fretta».

Il suo connazionale Boniek è rimasto a Torino, sponda bianconera, tre stagioni. E lei?

«Lo supererò, se le condizioni me lo permetteranno. Non è retorica, questa adesso è davvero casa mia. E quando io e mia moglie sentiamo un po’ di nostalgia del nostro Paese, ci vediamo con qualche amico polacco che vive in città. E, ancora, a Torino sapete che c’è un centro culturale polacco molto attivo».

In Italia lei è stato a Palermo, Bari e Torino. Come cambia il nostro Paese tra le differenti longitudini?

«La mia è una percezione legata alle mie origini. Nel sud Italia sono stato molto bene, ma Torino ha un clima che mi si addice di più. E poi qui sono un po’ più vicino alla Polonia. Comunque, da sud a nord, l’Italia è tutta da vivere».

Perché lei ha anche il passaporto tedesco?

«Ragioni storiche. Sono nato nella Polonia meridionale, dove l’influenza tedesca è forte. Non ho legami di parentela con i tedeschi, in Germania sono stato solo un paio di volte».

Oltretutto, tornando allo sport, la rivalità tra voi e la Germania è forte.

«Germania, Inghilterra e Russia sono le tre Nazionali contro cui teniamo di più a fare bene. Personalmente sento uno stimolo particolare se affrontiamo le prime due».

La sua torinesizzazione non la porta a recidere il cordone ombelicale con la Polonia. Risulta che contro l’Inghilterra abbia calzato un paio di parastinchi speciali?

«Quelli del Plast Gliwice, il club polacco nel quale ho giocato dopo l’esperienza con il Real Madrid. Nel Plast affondano le mie radici professionali, a quella società rimarrò per sempre legato. E ho pure la soddisfazione di essere stato l’unico loro calciatore a indossare la maglia della Nazionale. Per me e per la società è un motivo d’orgoglio».

Nel Real ascoltava i consigli di Sergio Ramos: siete rimasti in contatto?

«No, ma non dimentico l’aiuto che mi ha dato, i suggerimenti ricevuti negli anni trascorsi a Madrid. Consigli arrivati da uno tra i difensori più forti che ci siano in circolazione».

E Lucio? Resta un suo riferimento?

«E’ stato il mio idolo, un modello di difensore quando ero bambino. Ora non è più il fenomeno che è stato, e poi adesso gioca nella Juve… A parte gli scherzi è un calciatore che ho sempre stimato».

Il difensore più forte al mondo?

«L’inglese Lescott del Manchester City. Anche se in Nazionale, in occasione del mio gol di testa, non è stato perfetto nell’intervento aereo. Vorrà dire che tutti commettono qualche errore».

Ogbonna potrà diventare uno tra i quattro, cinque difensori più forti in circolazione?

«Se va avanti di questo passo assolutamente sì: ha tutto per diventare un vero fuoriclasse».

E’ vero che lei ha il mito del Bayern Monaco?

«Verissimo. E’ un club per cui faccio il tifo. Mi sono affezionato al Bayern quando hanno perso la finale di Champions contro il Manchester United, subendo due gol allo scadere. Lo so, è un legame molto granata…».

E’ appassionato di pesca: in Piemonte ha trovato un fiume, un lago dove ogni tanto andare a rilassarsi?

«Non ancora, è un hobby che coltivo soprattutto d’estate. Troverò un posto dove pescare anche attorno a Torino, però aspetto che tornino temperature più miti».

Un polacco che dice questo! Non le basta coprirsi e magari scaldarsi con una birra?

«Ma io bevo solo gazzosa».

Questa, proprio, non la dà a bere…

«Va bé, lo ammetto, quando vado a pescare non disdegno un paio di birre».

Italiane o polacche?

«Anche italiane. Per quanto voi facciate la differenza con il vino, più che con la birra».

Un’ultima cosa: il Torino potrà salvarsi segnando un gol in più oppure subendone uno in meno?

«Per mantenere la categoria serve una difesa forte. Qualche gol lo fai sempre, se riusciremo a restare in serie A sarà in virtù di un gol in meno subito. Per ora siamo la terza difesa del campionato, con appena 5 reti al passivo. Insomma, la strada intrapresa è giusta, ora andiamo avanti di questo passo».