2014
Toni: «Rimpianto Juventus. E l’Inter…»
E sul calcio italiano: «Chi decide deve sapere di pallone»
Con la voglia di migliorarsi è riuscito ad arrivare a quota 300 gol in carriera Luca Toni, che si aspetta miglioramenti dal calcio italiano dopo i punti persi rispetto agli altri campionati: «Il ritmo è diverso, gli altri vanno al doppio e ormai troppo spesso ci sono partite… davvero brutte da vedere. Bisogna puntare di più sui settori giovanili e sugli italiani. Il cambiamento deve poi essere radicale. Qui, per esempio, i tifosi non possono andare in trasferta. Una delle cose più tristi per un calciatore è inoltre giocare una partita a porte chiuse: sentire la voce del raccattapalle è imbarazzante e ti fa passare la voglia», ha dichiarato l’attaccante dell’Hellas Verona ai microfoni di Tuttosport, descrivendo poi il sorpasso della Germania, che ha costruito impianti di proprietà, attratto le famiglie e risolto il problema della violenza.
IL CALCIO AI CALCIATORI – Un’altra soluzione per Toni potrebbe essere affidare il governo del calcio ad un calciatore: «Come può decidere cosa sia meglio per il calcio uno che non ha mai frequentato un settore giovanile? Sapete perché il Bayern funziona? Perché comandano Rummenigge e Hoeness, due che hanno fatto la storia del club. Da Vialli a Del Piero, Cannavaro, allo stesso Albertini: ce ne sono tanti. È brutto da dire, però io la politica la lascerei fuori dal calcio. È chiaro, abbiamo bisogno di loro per velocizzare le norme, ma è giusto che chi decide sappia di pallone».
ALL’ATTACCO – Si torna poi a parlar di gol, che spesso “piovono” quando si concretizzano determinate condizioni: con la Fiorentina, ad esempio, Toni dice di aver segnato tanto perché la squadra giocava per lui e perché era in un’ottima condizione fisica. A proposito dei suoi possibili eredi e di altri colleghi: «Gabbiadini è un bel giocatore, lo stesso Okaka ora non sta segnando tanto ma, quando inizierà a farne tanti di gol, potrà diventare importante anche per una grande squadra. Questi ragazzi però bisogna saperli anche aspettare. Immobile? Era il capocannoniere, la Juve l’aveva in mano e l’ha venduto per prendere Morata. Non so se abbia fatto bene oppure no, però è l’esempio di come le grandi squadre italiane guardino prima all’estero e facciano fatica a puntare sui nostri di campioni. Balotelli? Per dargli una mano bisognerebbe iniziare a parlare di lui quando fa gol. Lui deve iniziare ad andare sulle prime pagine perché è capocannoniere in Premier, non perché spara con la carabina».
IL PASSATO – L’attenzione si sposta poi sull’esperienza vissuta alla Juventus, uno dei rimpianti di Toni: «Forse sono arrivato un po’ tardi. Forse potevo anche dare qualcosa in più, se me ne avessero data la possibilità. Io sarei rimasto volentieri, ma hanno fatto altre scelte. Inter? Prima di Calciopoli siamo stati molto vicini. Poi, con la penalizzazione, Della Valle mi ha dichiarato incedibile. Gol con la Roma all’Inter nella sfida scudetto? Quello è stato uno dei miei più grossi rimpianti perché lo scudetto a Roma è qualcosa di speciale e se indossi quella maglia lo respiri. Per questo là è così difficile vincere».
AZZURRO, ESTERO E FUTURO – Toni ha parlato poi dell’Italia e della speranza di poter prender parte ai Mondiali: «Ci credevo perché vedevo che fino all’ultimo Prandelli ha convocato gente che non era mai stata in Nazionale. Un conto è se punti su un gruppo come aveva fatto Lippi che, per esempio, in Germania ha portato Totti nonostante a inizio Mondiale avesse ancora problemi alla caviglia, se invece lasci aperte le porte a tutti, beh i discorsi cambiano. Forse ventuno gol sono stati pochi… Conte? Anche Prandelli è un bell’allenatore. Con lui ho passato due anni splendidi a Firenze: poi non so cosa possa essere successo e non ci siamo mai sentiti». Di vita l’esperienza in Arabia, dove non si è trasferito per soldi e che ha lasciato perché non stava bene: «Era un calcio che non mi piaceva perché io non sono un giocatore che salta tre uomini e tira sotto l’incrocio. Poi c’era molto dilettantismo: un giorno uno veniva al campo e il giorno dopo non si presentava senza che nessuno dicesse niente. Così ho lasciato lì il contratto e sono tornato in Italia». Dal passato al futuro, che valuterà a maggio in base alle sue condizioni e alle proposte. L’intenzione di Toni è di restare comunque nel mondo del calcio: «Perché è l’unica cosa di cui so parlare».