2017
Titolari o riserve? Milan 2003 e Juve 2017, approcci opposti alla gara prima della finale Champions
Nel 2003 Ancelotti schierò mezza Primavera nel match che precedette Manchester ed ebbe ragione. Oggi Allegri fa esattamente l’opposto: due approcci diversi per uno stesso obiettivo
Mancano 8 giorni e poi sarà finalmente il giorno della finale di Champions League, la partita dell’anno che vedrà protagonista la Juventus di Massimiliano Allegri contro il Real Madrid. Il tecnico bianconero si sta dimostrando adattissimo alla massima competizione europea: dopo aver sempre raggiunto la fase ad eliminazione diretta ai tempi del Milan, alla Juventus si sta superando, con due finali in tre anni. Risultati straordinari che lo inseriscono nel solco dei grandi allenatori italiani in Europa, uno fra tutti Carlo Ancelotti recordman di Champions vinte in panchina (al pari di Bob Paisley) con tre successi, due a Milano sponda rossonera e uno proprio con il Real Madrid. E’ però curioso confrontare il diverso approccio filosofico di due tecnici così bravi in quella che è la partita più importante della stagione: il dilemma che di solito fa interrogare addetti ai lavori e semplici tifosi è se, potendoselo permettere, sia meglio tenere a riposo i big in vista della finale o invece farli giocare per mantenerli in forma. In questo senso è interessante confrontare l’approccio di quest’anno di Allegri con quello che ebbe Ancelotti in vista della finale di Manchester 2003.
Quanti cambi per Carletto
Quel Milan arrivava alla finale con la Juventus dopo un campionato concluso in terza posizione e nell’ultima giornata di campionato, disputata 3 giorni prima della finalissima, non aveva nulla da chiedere alla classifica. Ancelotti in quel caso a Piacenza schierò una squadra che definire infarcita di riserve è eufemistico: nessuno dei titolari fu convocato, la Primavera venne letteralmente saccheggiata con 10 giocatori inseriti tra campo e panchina (Matri esordì proprio quel pomeriggio). Gli unici due giocatori presenti dal primo minuto quel giorno che rientravano nelle rotazioni tradizionali di Ancelotti erano Laursen in difesa e Christian Brocchi in mezzo al campo. Proprio Brocchi fu il capitano in quella giornata e realizzò una doppietta che non impedì comunque al Milan di soccombere per 4-2. Venne schierato persino Redondo, acquistato in pompa magna 3 anni prima e falcidiato in quegli anni da infortuni infiniti, oltre a Ibou Ba, Sam Dalla Bona e il terzo portiere Valerio Fiori in porta. Nessuno dei convocati di Piacenza fu titolare all’Old Trafford contro la Juve e dei 18 selezionati tra campo e panchina per la finalissima gli unici che avevano giocato in campionato furono Brocchi e Laursen.
Max vuole tenere tutti sulla corda
Discorso opposto per Allegri in questi giorni: è vero, anche lui a Bologna schiererà dal 1′ il 3° portiere Audero, ma per il resto scenderanno in campo moltissimi titolari abituali: Higuain, Dybala, Cuardrado e Mandzukic in attacco, ma anche Khedira e Marchisio a centrocampo oltre a Bonucci in difesa. E poi ancora Asamoah, Benatia e Lichtsteiner in ordine sparso. Si tratta di una formazione di primissime scelte o comunque di giocatori utilizzati con grande frequenza, nulla a che vedere con i Primavera di Ancelotti nel 2003. Non c’è naturalmente una scelta giusta o sbagliata a priori, ogni allenatore ha la sua sensibilità e le sue idee su come sia meglio gestire le energie fisiche dei propri giocatori. Se Ancelotti avesse perso a Manchester sarebbero potute piovere critiche sul troppo riposo dato allo Shevchenko di turno, così come certamente se alla Juventus dovesse andare male a Cardiff qualche profeta del giorno dopo rinfaccerebbe ad Allegri le scelte di Bologna.
Il dato affascinante per noi resta semplicemente il diverso approccio ad uno stesso tema che possono avere due grandissimi della panchina quali senza alcun dubbio sono Carlo Ancelotti e Max Allegri.