2009

Termina il Lippi-bis: adesso l’Italia è da ricostruire

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Quattro anni fa Italia e Francia si apprestavano a concludere la trionfale cavalcata che le avrebbe portate a giocarsi la coppa del Mondo a Berlino, nella notte magica (per i colori azzurri, si intende) del 9 luglio 2006. Oggi, dopo sole tre gare disputate in Sudafrica, entrambe tornano mestamente a casa tra i fischi, dopo un girone di qualificazione terribile concluso senza neanche una vittoria.

Sono cambiati i tempi, per Lippi e Domenech. Il secondo, a dire il vero, è stato sempre mal sopportato in patria anche quando i risultati sorridevano, mentre per il tecnico viareggino la fiducia è sempre stata incondizionata anche durante il suo secondo incarico, iniziato dopo l’esonero dell’agnello sacrificale Donadoni. Oggi, dopo la disfatta con la Slovacchia, anche le quotazioni di Lippi sono ai minimi storici, e non è difficile capire il perchè.

Innanzitutto, le scelte iniziali, e quel gruppo che è stato costruito da lontano, nel quale certi elementi di spessore non sono mai stati inseriti, alcuni della vecchia guardia sono rimasti, mentre altri che del gruppo vincente del 2006 facevano parte sono stati tagliati fuori praticamente subito.

L’ostracismo nei confronti di Cassano (così come quello del collega transalpino per Benzema, Frey, Trezeguet e Nasri), e non solo, è stato pagato a caro prezzo. Attenzione, non c’è la controprova che col barese in campo questa Italia sarebbe cambiata in modo netto, ma certo è che il tasso qualitativo di una squadra così mediocre sarebbe aumentato notevolmente, fornendo quel coefficiente di imprevedibilità  che avrebbe reso meno ostici avversari di caratura modesta come quelli incontrati nel girone mondiale.

Le indicazioni del campionato sono servite a poco o nulla per spostare quelli che erano i capisaldi del gruppo 2010. E così, come per Cassano, non c’è stato spazio neanche per uno dei migliori centrocampisti italiani in circolazione, quel Massimo Ambrosini che ha retto praticamente da solo il centrocampo del Milan di Leonardo. Al mondiale ci è andato Gattuso, dopo un’annata da panchinaro, peraltro lanciato allo sbaraglio nella gara decisiva del girone. Follia.

Per tacere dei vari Balotelli, Miccoli, Borriello e compagnia cantante. Tanto vale Pepe, che con la sua mobilità  ha messo in crisi soprattutto i telespettatori costretti a guardarlo litigare col pallone: per carità , l’impegno c’è stato, ma la maglia azzurra andrebbe data a gente che oltre alla confusione riesce anche a fare altro, con un pallone tra i piedi. E in tal senso, un Balotelli fresco e spregiudicato come pochi sarebbe stata un’arma micidiale.

Detto delle scelte ex-ante, passiamo a quelle operate in Sudafrica. Nessuno si aspettava un Chiellini improponibile come quello sceso in campo nelle tre gare del girone, tutti invece si aspettavano un Cannavaro indecente, e sotto questo aspetto il capitano si è prodigato nel non tradire le aspettative. In questa galleria degli orrori, non c’è stato spazio per un giovane rampante come Bonucci, che certo peggio non avrebbe potuto fare. Del trionfale gruppo del mondiale tedesco poi, è stato tagliato senza troppi complimenti Materazzi, che alla luce di quanto fatto vedere nelle sporadiche apparizioni all’Inter, sarebbe potuto essere più utile di un Bocchetti, tanto per dire.

Così come non c’è stato spazio, se non come soluzione disperata, per Maggio, miglior esterno del campionato italiano che però nelle gerarchie di Lippi veniva dopo ciò che rimane di Zambrotta, e il timido Criscito, che prima di spingere sulla sinistra ci pensava non una, ma cinque-sei volte. A centrocampo poi, senza Pirlo è stata notte fonda, e la scelta di puntare sulle doti inesistenti di Marchisio come trequartista è stata l’ennesima genialata di un Lippi mai visto così cervellotico nell’operare delle scelte di formazione.

Tre gare, a cui se togliamo la casualità , troviamo tiri in porta soltanto nei 30 minuti finali contro gli Slovacchi, che già  ci avevano impallinato due volte. Una manovra inesistente, e un reparto offensivo in cui Gilardino è stato poco più di un peso morto, diventando una delle grandi delusioni della spedizione azzurra.

Torniamo a casa, derisi, senza alibi e con la consapevolezza che si poteva e doveva fare meglio. Anche con una rosa ai limiti della decenza come quella selezionata, un girone con Paraguay, Nuova Zelanda e Slovacchia era ampiamente alla nostra portata, e vincendolo si sarebbero spalancate nuove possibilità , come quella di giocarsi gli ottavi di finale contro il non certo impossibile Giappone.

Non è stato così, e viene da chiedersi perchè, nella nazionale qualitativamente più scadente che la memoria recente ricordi, si è scelto di puntare solo su un gruppo di cavalli bolsi e vecchie glorie al passo d’addio, piuttosto che dare quella ventata di freschezza di cui questa squadra aveva bisogno.

Toccherà  a Prandelli adesso ricostruire il gruppo azzurro, che dopo le figuracce dell’europeo 2008, della Confederations Cup e di Sudafrica 2010, dovrà  risorgere per ridare credibilità  al prodotto calcio italiano, uscito a brandelli da due anni di delusioni e umiliazioni.

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