Hanno Detto
Tebas: «Reichart dice bugie sulla Superlega. La Serie A deve rimanere a 18 squadre»
Javier Tebas, presidente della Liga, ha parlato a La Gazzetta dello Sport della Serie A e della Superlega
Presidente della Liga dal 2013, Javier Tebas rimarrà in carica fino al 2027. Le sue dichiarazioni non sono mai banali o diplomatiche e anche oggi, nell’intervista a La Gazzetta dello Sport, conferma il suo stile comunicativo.
REICHART HA DETTO DI ESSERE IN CONTATTO CON 50 CLUB – «Non credo proprio. Quando i club si rendono conto che dai campionati nazionali non hanno accesso diretto al primo livello della Superlega, ma solo alla “Serie C” voglio vedere se accettano. Per questo io lo chiamo Bernd Copperfield»
L’ILLUSIONISTA – «Esatto. Per me Bernd Copperfield è un mago. Un mago che prende tutti per idioti. I club per primi. E poi noi della Liga, quelli della Premier League, della Bundesliga, voi della Serie A, e i dirigenti di Sky, di Dazn, di Telefonica, e degli altri sport americani. Dice che trasmetterà il calcio gratuitamente, e la cosa è semplicemente impossibile. Se fosse possibile perché non l’ha ancora fatto nessuno, in Europa o negli Usa? É come se abolissimo la vendita dei biglietti per lo stadio: tutti gratis sperando di attirare grandi sponsor negli stadi pieni. Ci manca di rispetto, pensa che siamo tutti degli incapaci e lavora con l’inganno. E infatti sulla gratuità ha già corretto il tiro parlando di vari livelli di accesso alla piattaforma di trasmissione. E non è l’unica bugia»
SERIE A A 18 SQUADRE – «E sarebbe un altro grosso errore. Togliere 4 giornate a una stagione vuol dire perdere spazio e una competizione sportiva ha più valore quanto più tempo dura in termini di esposizione audiovisiva. Perché la F.1 o la MotoGP aumentano i Gran Premi? E ci sono macchine o moto che non fanno un punto in tutta la stagione, però sono lì per il bene della competizione. Nel calcio è lo stesso. In Europa i due campionati che incassano di più sono la Premier League e la Liga, entrambi a 20 squadre».
I PROVENTI DELLE SCOMMESSE – «In Spagna quando abbiamo proibito le sponsorizzazioni il calcio riceveva circa 90 milioni. Penso che in Italia siamo su cifre simili, a fronte di un volume d’affari pari a 3,5 miliardi di euro. Se consideriamo tutti gli aspetti del tema, anche sociali, non vale la pena. Detto questo, penso che per il calcio ci debba essere un ritorno economico legato alla parte generata dalle scommesse con il nostro nome. Quello sì. Ma la Serie A deve pensare prima ad altre questioni».