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Tardelli su Rai 3: «Racconterò le vite degli sportivi senza omissionioni»

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Marco Tardelli debutta alla conduzione di ‘L’avversario- L’altra faccia del campione’: una serie di interviste con grandi nomi dello sport

Marco Tardelli ha debuttato alla conduzione di L’avversario- L’altra faccia del campione in seconda serata su Rai 3. Una serie di 6 interviste a personaggi sportiviAntonio Cassano, Federica Pellegrini, Roberto Mancini, Lea Pericoli, Michel Platini e Franco Menichelli – a 360°. Di seguito le sue parole al Messagero per raccontare la sua nuova vita da storyteller.

PROGRAMMA – «Ci provo. Queste chiacchierate mi sono piaciute tanto. Spero che la pensino così anche a casa. Volevo fare qualcosa tipo Sfide per raccontare le vite degli sportivi senza omettere i problemi».

AVVERSARIO PIÙ DURO – «Mia madre. Che non voleva assolutamente lasciarmi fare il calciatore: per lei ero mingherlino, sudavo troppo, e rovinavo i pochi vestiti che avevo. Mamma era anche manesca, al contrario di papà – operaio Anas e contadino – ma quando capì che potevo fare qualcosa mi lasciò giocare».

SOGNAVA LA NAZIONALE DA BAMBINO – «No. Io volevo solo giocare nel Pisa, la squadra della città, perché così in vista avrei potuto agganciare qualche ragazza in più».

ATTACCHI DI PANICO ALLA JUVE – «Avevo ansia da prestazione. Avevo 20 anni e mi avevano preso dal Como spendendo un sacco di soldi: 950 milioni di lire. Da me si aspettavano grandi cose e io pativo la pressione psicologica. L’ho supeata con il training autogeno. Un professore nello spogliatoio mi fece fare esercizi per rilassarmi con la respirazione e la concentrazione. Superai il problema dopo una decina di partite».

MANCINI – «Nel 1984 lui venne convocato per la prima volta in Nazionale per un’amichevole a New York. La sera prima della partita, dopo la cena, io e gli altri “vecchi” decidemmo di uscire, lui si aggregò, tonammo alle 5 del mattino e Bearzot scoprì tutto. A lui disse: “Mancini, lei con la Nazionale ha chiuso”. E così fu. Il Mister in realtà aspettava solo una sua telefonata
di scuse, ma Mancini per orgoglio non lo chiamò mai. Vabbè, quella sera andammo anche a ballare allo Studio 54… Rimorchiato? Diciamo che fu una serata di divertimento in giro per la città… Eravamo a New York, eravamo giovani
».

DI COSA SI PENTE – «Di aver lasciato male la Juventus. Ero deluso dalle discussioni con Boniperti e me ne andai più per ripicca che per altro. Oggi posso dire senza alcun dubbio che è stato il mio miglior presidente».

SE É ANCORA COMUNISTA – «Certo. Sono sempre fedele a quelle idee anche se dirlo oggi sembra anacronista. Diciamo che sono sempre di sinistra, anche se oggi nessuno mi rappresenta».

HA MAI INCONTRATO BERLUSCONI – «Sì. Anni fa lo contattai perché volevo organizzare un torneo di vecchie glorie. Lui mi disse: “Se viene da me le giro tutto il materiale che ho già preparato per un progetto simile al suo. Le devo dire però che non sta funzionando… Nessuno sponsor ci mette i soldi”. Ho lasciato perdere: se non funzionava con lui, figuriamoci con me».

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