Tanto estro quanta pigrizia: Erik Lamela - Calcio News 24
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2014

Tanto estro quanta pigrizia: Erik Lamela

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Focus sul giovane argentino che incantava il Monumental di Buenos Aires

TALENTO E BASTA – La storia del calcio ci insegna che chi si muove prima, con furbizia, sottotraccia, si accaparra i migliori giocatori. Nel mondo di oggi questo è più che mai difficile. In una società connessa alla rete con ogni tipo di dispositivo, anche il più sconosciuto dei ragazzini che gioca al campetto con i suoi amici e fa parlare di sé è già su YouTube. Questo è il motivo per cui una società che vuol prendere un giovane fenomeno deve seguire un piano che si basi sulla discrezionalità. E in tal senso ci aveva visto giusto il Barcellona, nel 2004, quando aveva mandato i suoi osservatori al torneo di squadre giovanili ‘Arousa’ e voleva ingaggiare Erick Lamela, allora militante nel River Plate. Un contratto da più di centomila euro all’anno per il giocatore, lavoro in Spagna per i genitori Josè e Miriam, e le migliori scuole per i fratelli Axel e Brian. Ma niente da fare, il River Plate lo blindò con un accordo che avrebbe previsto che alla famiglia sarebbe andato il 20% della somma incassata da una futura vendita di Lamela. E chissà come sarebbe cambiata la storia di Lamela – e del calcio, in generale – se l’argentino si fosse trasferito in Spagna. In ogni caso, Lamela inizia a giocare a calcio molto tempo prima. Nato il 4 marzo del 1992, l’argentino parte dal Pedro Lozano, una scuola calcio di Villa Devoto, ovvero uno dei quarantotto quartieri di Buenos Aires. A sette anni è già del River, ma non prima di aver cambiato altre sette società. Lamela si configura subito come un’ala destra molto tecnica: il piede è il sinistro, raffinato, ma lui gioca a destra, in modo tale da poter rientrare verso il centro del campo e scaricare così il suo estro creativo. Sono due le figure che nella carriera di Lamela assumono maggior rilevanza. Il primo è Leonardo Astrada, tecnico del River che si è interessato all’argentino dal 2004 al 2005. Il secondo è Oscar Videla Arias, responsabile del settore giovanile del club del Monumental: è lui che risolse la questione col Barcellona e che fece sì che Lamela esplodesse in Argentina, anziché in Europa. E così avvenne.

TRA BUENOS AIRES E ROMA – È Nestor Gorosito l’allenatore del River Plate nella stagione 2008/09. Gorosito è attratto da quel ragazzo che è furbo, capace di saltare gli avversari con dribbling eleganti e con un controllo di palla davvero invidiabile. E così per Lamela arriva il debutto in prima squadra: è il 13 giugno 2009 quando Gorosito lo butta nella mischia a dieci minuti dalla fine, nella partita contro il Tigre del torneo Clausura.  Lamela debutta a 17 anni e tre mesi. Ricorda Pastore nei movimenti e nel tipo di dribbling capace di offrire. A differenza del Flaco, Lamela può contare su una maggiore rapidità, ma non serve assist a tempesta come il talento oggi al Psg. Più che altro, l’argentino cresciuto nel River preferisce la giocata ad effetto, e forse questo è da sempre stato il suo tallone d’Achille. La seconda presenza con la maglia dei ‘Millonarios’ arriva sempre con Gorosito in panchina, nella stagione successiva: questa volta il torneo è l’Apertura, e l’avversario l’Arsenal di Sarandì. Per Lamela solo tredici minuti in campo, al posto di Daniel Villalva. La stagione 2010/11 è la più proficua per Lamela, malgrado in panchina Angel Cappa abbia sostituito Gorosito. El Coco – soprannome di Lamela che deriva dal fatto che il fratello più piccolo lo chiamasse sempre ‘Coco’ – continua a stupire e si prende il River. Nel torneo Apertura colleziona ben 13 presenze e segna due gol, uno dei quali, contro il Colon, delizioso: pallonetto di destro che scavalca il portiere in uscita. Nella Clausura successiva sono 19 le presenze timbrate, e altri due gol, con Huracan e Lanus. Impossibile che a fine stagioni questo ragazzo alto e magro (186 centimetri per 72 chili) non abbia attirato su di sé l’attenzione dei maggiori club europei, soprattutto considerato il fatto che già nel 2004, a 12 anni, il Barcellona lo avrebbe voluto nella sua Cantera. Dopo gli interessamenti di Milan, Juventus e Inter, è la Roma di Di Benedetto a farsi avanti e pagare circa 17 milioni di euro per portare El Coco in Serie A. È il 6 agosto 2011 e Lamela è ufficialmente un giocatore giallorosso. Sulla panchina della Roma Lamela trova Luis Enrique, tecnico che con le sue convinzioni a forti tinte blaugrana non ha mai fatto breccia nel cuore dei tifosi giallorossi. Lamela rimane fuori per le prime 7 partite, complice anche un infortunio alla caviglia. All’esordio da titolare contro il Palermo, il 23 ottobre 2011, Lamela segna la sua prima rete in Serie A. A fine campionato Lamela avrà segnato altre tre reti, per un totale di quattro marcature complessive in 29 partite. La prima doppietta in Italia arriva sempre nella stagione 2011, contro la Fiorentina in Coppa Italia. L’anno successivo la Roma cambia tecnico: all’Olimpico sbarca Zeman nella sua seconda avventura giallorossa. L’apporto del Boemo è significativo nel rendimento di Lamela, che esplode definitivamente. 33 presenze in campionato, 15 gol e 5 assist: numeri importanti, che fanno sì che per l’argentino il Tottenham faccia follie. Lamela è ormai diventata un ala destra tecnica, straripante e incontenibile – malgrado possa anche giocare da trequartista, o come ala sinistra -.

Blab0QLCAAEryau kRHD U80468290084i0F 620x349@Gazzetta Web articoloDALLE STELLE ALLE STALLE – Sono 30 i milioni di euro che la Roma riceve dal club di White Hart Lane per la cessione del Coco. Arriva in un Tottenham che vuole affermarsi sia in campo nazionale che internazionale, grazie a giocatori del calibro di Adebayor, Soldado, Sandro, ed il talentuosissimo ex Ajax Eriksen. In panchina c’è Villas Boas, presunto erede di Mourinho che durerà solo fino al 16 dicembre. Ed effettivamente il rendimento di Lamela coincide con quello degli Spurs, che da due anni vivono un parziale declino. Con il Tottenham, Lamela esordisce il 1° settembre 2013, in uno dei tanti derby londinesi, contro l’Arsenal. La prima ed unica rete della stagione con la maglia degli Spurs arriva il 7 novembre contro lo Sheriff, in Europa League. Il 29 dicembre Lamela conclude in anticipo la sua stagione, a causa di un infortunio rimediato nella gara contro lo Stoke City. La stagione 2013/14 è di certo la più sfortunata per l’argentino. Anche i sostenitori del Tottenham, visto l’ingente spesa effettuata dalla società, si sono chiesti che fine avesse fatto Lamela ad aprile. L’iniziativa è stata abbastanza curiosa: i fan degli Spurs hanno affisso dei volantini nella zona di White Hart Lane, il cui layout ricorda quello per le persone scomparse. Il volantino, la cui immagine è a fianco, si apre con il classico ‘LOST’, ovvero scomparso. E poi continua: “Giovane animale domestico, molto amato ma difficilmente allenabile, conosciuto come lo ‘scarafaggio argentino’. Visto di rado. Trova difficile adattarsi al nuovo ambiente. Ultima apparizione: è stato visto aggirarsi in stato confusionale, con sguardo assente e confuso. Siamo disperati! Si prega di contattare il Tottenham Hotspur FC”. Il post scriptum è emblematico: “Non è prevista nessuna ricompensa. I soldi non crescono sugli alberi. E poi abbiamo anche uno stadio da ristrutturare. Cosa siamo noi, un ente di carità?“. La stagione corrente sembra essere un po’ più fortunata per l’argentino. Con Pochettino in panchina, Lamela ha già collezionato ben 17 presenze in campionato, 2 in Curling cup e 6 in Europa League. Proprio in Europa Lamela ha messo a segno una doppietta contro i greci dell’Asteras Tripolis, ma è la prima rete a lasciare sbalorditi: una rabona di prima intenzione dal limite dell’area, con la palla che si insacca alla sinistra del portiere, immobile. Questa marcatura potrebbe essere il simbolo della qualità espressa dal Coco, che però deve far sempre i conti con il suo temperamento ed il suo estro, fattori che spesso lo hanno portato ad essere imbeccato dal pubblico a causa di una certa discontinuità. Come lui stesso ha affermato, si ispira a Zidane. Parlava così Lamela alle colonne del Messaggero nel novembre del 2011: «Mi piaceva Zidane, era il mio mito, il più grande quando io cominciavo. Maradona non l’ho mai visto dal vivo, ma gli argentini vogliono tutti diventare lui». Ma Lamela non è diventato Zidane. El Coco è ancora un ragazzo di 22 che deve cercare la continuità giusta per affermarsi nel calcio che conta, quello che ti fischia e ti grida contro se sbagli due dribbling di seguito, lo stesso calcio che ti osanna se riesci a segnare con una rabona.

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