Tagliavento e il sabotaggio al Var: perché nessuno ha il coraggio di fermarlo? - Calcio News 24
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2018

Tagliavento e il sabotaggio al Var: perché nessuno ha il coraggio di fermarlo?

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Tagliavento persevera nel pessimo utilizzo del Var: dopo i danni in Inter-Fiorentina, Torino-Sampdoria e Spal-Lazio ecco il disastro di Crotone-Cagliari. Perché nessuno lo ferma?

Tanti indizi, fino a questo momento, stanno producendo una prova schiacciante. All’interno della classe arbitrale l’ausilio tecnologico non è visto di buon occhio da tutti. Fra chi intende proteggere la bontà della propria carriera e chi si sente minacciato dalla bravura dei colleghi la lobby dei direttori di gara si sente in pericolo di fronte al Var, il video assistant refree che dovrebbe fungere da scialuppa di salvataggio per valutare gli episodi più caldi delle gare di Serie A. Uno dei più resistenti, come ha confermato la prima parte di stagione, è Paolo Tagliavento. Il fischietto più esperto del massimo campionato, internazionale dal primo gennaio 2007, ma ormai in procinto di lasciare il calcio a fine stagione. Una decisione già annunciata a dicembre, che rientra in una logica di ricambio generazionale non solo auspicabile, ma anche diventata necessaria. L’ego dell’arbitro della sezione di Terni è sempre stato smisurato e questo lato del carattere ha fatto di Tagliavento un inflessibile direttore di gara, decisamente poco incline al dialogo con i calciatori. Al contrario di Rosetti e Rizzoli, paladini di una conduzione di gara diplomatica e morbida, che dopo anni vissuti sui campi sono diventati i “superiori” di Tagliavento.

Per Tagliavento il mondo non cambia. Nemmeno dopo l’introduzione del Var: è nato tondo e morirà tondo, c’è poco da fare. Già dalla prima giornata lo ha dimostrato: quando Miranda colpisce il piede di Simeone in Inter-Fiorentina a lui non viene neanche in mente di andare a vedere le immagini per valutare se ci siano gli estremi per fischiare il penalty. Per Tagliavento il rigore non c’è. Punto. E pazienza se il Var Guida segnala un contatto sospetto nell’area di rigore nerazzurra. Capita esattamente la stessa cosa in Torino-Sampdoria di poche settimane dopo. Strinic viene strattonato da Iago Falque nei sedici metri granata, ma per Tagliavento non ci sono dubbi: niente rigore. Ma soprattutto nessun consulto al Var. In Inter-Milan di metà ottobre gli è andata bene e il suo occhio da grande arbitro, navigato dopo anni di esperienza, ha battuto pure la tecnologia: la cintura di Rodriguez a D’Ambrosio merita un fischio. Rigore per i nerazzurri, nessun dubbio per Tagliavento, che dimostra di non aver bisogno del Var. E che anzi guardare le immagini assomiglia ad una inutile perdita di tempo. Peccato che la tecnologia, se solo avesse voluto servirsene, lo avrebbe aiutato eccome in Spal-Lazio: dopo cinque minuti Paloschi viene atterrato da Wallace. Per Tagliavento è rigore. Le immagini, per il fischietto umbro, non servono. Eppure ancora oggi, su quel tiro dagli undici metri, qualche dubbio rimane.

Dopo il match di Ferrara ecco però la prova del fatto che Tagliavento non veda di buon occhio la rivoluzione tecnologica nella classe arbitrale. Crotone-Cagliari diventa un disastro su tutta la linea: prima viene espulso ingiustamente Pisacane, nonostante abbia avuto il buon senso di rivedere le immagini. Per lui era cartellino rosso a priori e nemmeno di fronte all’evidenza di un errore palese ha voluto rivedere la propria decisione. Poi ecco lo scempio servito sul gol di Ceccherini, regolarissimo ma annullato per un fuorigioco che non esiste. Ma proprio non esiste. Ecco perché, messi insieme tutti questi indizi, non resta che porsi una domanda: perché non mette la parola fine alla carriera di Tagliavento già adesso? Guardare avanti è una necessità. Ignorare la presenza del Var non è più ammissibile. Pensionare arbitri che non riescono a digerire il cambiamento è quanto meno auspicabile.

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