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Buongiorno Conte, non sei più alla Juventus

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La sfuriata del ct Antonio Conte nel post Italia-Albania: più di un elemento desta perplessità

ITALIA ALBANIA CONTE – Una sfuriata di cui non se ne sentiva alcun bisogno: erga omnes, secondo il vecchio uso (un po’ superato? Sicuramente ha stancato) di fare fronte comune contro un gigante e mostruoso nemico a tratti immaginario. E’ di questo che necessitiamo per ritrovare quello spirito comune a cui peraltro proprio Antonio Conte fa riferimento? La convinzione personale è opposta.

DA DOVE NASCE IL MALCONTENTO – Parliamoci chiaro: il buon Antonio non ha digerito le critiche piovute sulla sua Italia nel post Croazia. Ma se lui – giustamente, sacrosanto farlo – difende con le unghie il suo lavoro e le evidenti difficoltà di un percorso lastricato, noi difendiamo il nostro. E dobbiamo sentirci liberi di farlo. Il commissario tecnico ci spieghi – o meglio spieghi al sottoscritto – perché non si possa allo stesso tempo ritenere che sia lui l’uomo giusto per il rilancio ma che con la Croazia non si è fatta una bella figura? Si deve raccontare di una prestazione convincente quando non lo è stata? Si deve essere d’accordo con l’aver fatto passare una nazionale anch’essa eliminata alla fase a gironi del Mondiale per una sorta di creatura imbattibile? A parole – nell’approccio alla gara – e poi nei fatti sul campo: più pesante il primo aspetto, ad oggi ci possono stare prestazioni sottotono.

ALCUNE INCOERENZE DELLA SFURIATA – Lo si era inteso subito: nell’immediato post-gara di Italia-Albania il ct Conte è parso decisamente nervoso (“Dovete stare più calmi”). Poi il clou nella conferenza stampa, lì dove ha lamentato tempi troppo dilatati per i raduni della nazionale (ma quando ha accettato la proposta della federazione non lo sapeva già?) ed un netto ostracismo da parte di alcuni (non identificati) sulla strada di un lavoro oggettivamente complesso: “una pietra che tiro, chi deve capire capirà”, beh alle volte meglio chiarire. Perché in Italia è ora di farla finita con questa caccia alle streghe: ognuno oramai – non è il caso di Conte, s’intenda, non ne ha alcun bisogno – si fa pubblicità sparando sul mucchio. Il mucchio ha un grande vantaggio: quello di non essere identificato. E dunque puoi accusarlo di tutto, tanto sarà sempre colpevole. Servono i nomi e i cognomi ed uno come Conte non ha certo il timore di farli. Da chi si aspettava un maggiore coinvolgimento? Chi ha deluso le sue aspettative? Infine ulteriori dichiarazioni che lasciano riflettere: “quando sei in un club pensi molto a te e poco agli altri, ora mi trovo in una situazione diversa”. Caro Antonio, se preferivi determinate situazioni le avevi già. Le hai lasciate e ne hai scelte altre. “Io so soltanto lavorare, pedalare a testa bassa”. Bene, pedaliamo.

ITALIA-ALBANIA – Il tutto, e torniamo al nostro argomento preferito (il campo), dopo una buona prova delle seconde linee: Conte, nell’amichevole contro un’Albania dalle rinnovate ambizioni, ha scelto di testare alcune alternative selezionando ad ampio raggio nell’intero panorama calcistico nazionale. In tanti hanno risposto presente: su tutti Cerci e Bertolacci, non al meglio invece Destro e nel complesso la tenuta difensiva nonostante il dato numerico. E’ bene chiarire – per i meno affini al tema nazionali – come si giocasse contro una realtà tutt’altro che improvvisata: il nuovo corso De Biasi (complimenti, davvero!) ha messo su un’Albania competitiva, quadrata nel suo equilibrio e veloce nella metà campo avversaria. Una squadra che nell’attuale percorso di qualificazione ad Euro 2016 ha vinto in Portogallo, si è fatta raggiungere soltanto nei minuti finali dalla Danimarca prima dei noti fatti di Belgrado nella trasferta sul campo della Serbia (in atto un ricorso sull’esito che di fatto non ha assegnato alcun punto ad entrambe). Prima della sfida con l’Italia gli uomini di De Biasi hanno pareggiato in Francia dominando per 70 minuti sul piano della prestazione: i nostri Berisha, Cana ed Hysaj si sommano – tra gli altri – ai vari Mavraj, Xhaka, Abrashi, Memushaj, Balaj e ad una squadra affamata come poche (pensare cosa sarebbe stato con i vari Behrami, Shaqiri, ma non apriamo l’argomento). In ballo l’orgoglio di un popolo in piena fase di transizione da quello che fu ad un futuro in cui non si vuole più recitare la parte di chi sempre in difficoltà. L’Albania sta cambiando e con lei la sua nazionale. 

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