2013

Sussidiario illustrato delle capigliature anni ’90 in Serie A

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Quando ancora i giocatori non avevano le stelle sui capelli e le treccine erano un lusso

CAPIGLIATURE DEL… CALCIO – I calciatori oggi hanno un appuntamento imperdibile prima delle partite: passare dal parrucchiere. Non sia mai che Vidal non si faccia mancare un disegno sulla propria testa o che Hamsik abbia la cresta più piccola di otto millimetri, prima di cambiare acconciatura è meglio lasciare il calcio. Non vi siete un po’ stancati di tutta questa cura pilifera da parte dei vostri beniamini? Desiderate anche voi che i giornali smettano di parlare della capigliatura di Balotelli, giusto? E magari siete pure tifosi del Milan e vi tocca sorbirvi Niang, il cui rapporto tra gol segnati e tagli di capelli è pari alla media realizzativa di Gerd Muller. Non potete però dire un «No» secco al calcio moderno, un po’ perché il calcio è tutta la vostra vita e un po’ perché in effetti a voi dei capelli interessa e non interessa. Poi magari ripensate a quando eravate piccoli o adolescenti e attaccavate le figurine sull’album e al massimo vi capitava il ciuffo biondo di Tramezzani al Piacenza, un obbrobrio illegale in Asia per dire, e vi si stringe il cuore quando la mente vi riporta a un periodo florido per la vostra passione di calciofili ma un po’ meno fecondo per l’attività parrucchiera: gli anni ’90 in Serie A e le relative capigliature (a quel tempo) strane. Andiamo a vederne qualcuna assieme.

CAPELLO ORDINATO – Il mondo è cambiato totalmente da quando sulle figurine non c’è più la scritta Javier Adelmar Zanetti ma solamente Javier Zanetti. Che fine ha fatto quell’Adelmar? Perché qualcuno ha deciso per questa orrenda censura? L’unica cosa che rimane è la capigliatura del nostro Zanetti, ancora oggi a quarant’anni come quando approdò in Italia assieme al più famoso Rambert (Rambert chi?!?). Capello ordinato e ritrosa alla Gianni Morandi, Zanetti è l’unico superstite dei calciatori con i capelli marmorei dei favolosi Nineties. Rientrano di gran lunga in questa categoria i tedeschi, si dice addirittura che Oliver Bierhoff li misurasse col righello.

DI GENTIL ASPETTO – C’è stato un momento particolare in Italia nel quale le squadre hanno cominciato a comprare all’estero con la foga tipica di una donna al quale è stato dato un buono di mille euro da Zara. A inizio anni novanta le squadre hanno speso e sperperato danaro andando a pescare oltre oceano e in alcuni casi hanno fatto felici le donne, ma qui non si tratta di megastore dell’abbigliamento bensì di Claudio Iggy Pop Caniggia e di Alexi Lalas. Biondi (ma anche rosci), belli e di gentile aspetto con una criniera lussuriosa per le donzelle locali, due giocatori conosciuti più per il look rockettaro che per le gesta in campo. Lalas poi aveva una barba che sembrava un microfono, che magari usava anche per cantare nel suo gruppo: i Gypsies, gli zingari.

RENEGADE ERA TERZINOLorenzo Lamas, in pochi lo sanno, ma aveva il dono dell’ubiquità. E’ riuscito ad essere contemporaneamente terzino dell’Inter e della Juventus. In entrambe le occasioni per riuscire a giocare ha dovuto camuffare la sua vera identità e ha scelto i nomi di Felice Centofanti e di Moreno Torricelli. Questi ultimi avevano dei capelli tipici dei terzini che hanno fatto parecchi gavetta e che magari hanno lavorato in un mobilificio: ma sulla fascia c’è un giocatore oppure Shel Shapiro? Forse questa ai tempi era la domanda più in voga. Capello alla Renegade e gran corsa, magari i piedi erano un po’ selvaggi come l’acconciatura ma lo spirito di sacrificio non mancava mai.

PIAZZA GRANDE – Attilio Lombardo non può mancare se si parla di capigliature, anche se forse la cosa che manca qui è proprio la capigliatura stessa. Lo chiamavano struzzo ma gli struzzi erano più spelacchiati, lui invece aveva quella splendida zona liscia in testa, la divisa un po’ larga come diceva Claudio Bisio. A quell’epoca però i capelli non erano un pattern importante per il calcio e quindi Lombardo volava su quella fascia fino a vincere un po’ tutto. Come lui, ma con un’aria da ragioniere mancato, anche Domenico Di Carlo, che ai tempi del Vicenza ha sfoggiato una splendida chioma alla Gheller di Camera Cafè. Indimenticabili quelle stempiature un po’ accennate che aveva pure Antonio Conte, al quale però poi il corso dei tempi ha dato ragione.

PRIME CRESTE – Un tempo la cresta non andava di moda se non nei quartieri un po’ più degradati delle grandi città dove più che passarsi il pallone certi ragazzi avevano a che fare con materiali più creativi. C’era però un tedesco che rispondeva al nome di Christian Ziege, che arrivò a Milano e al Milan con una cresta particolare. Si sa che lo stile Milan proibisce certi colpi di testa e quindi nel biennio rossonero Ziege si è dato da fare per tenere il cuoio capelluto il più composto possibile. Andiamo un po’ off-topic perché è in quel momento, verso la fine dei Novanta, che cominciano a spuntare i galli del pallone, come Ljungberg e Clint Mathis. Altro che Pogba

OSSIGENO, PER FAVORE – Ibrahim Ba e Abel Xavier vincono invece il premio per la capigliatura più ossigenata degli anni ’90. Entrambi di colore, riuscivano a mantenere un delizioso contrasto cromatico tingendosi i capelli di un biondo quasi platinato. Va detto che ai tempi del Bari Xavier ancora non aveva infilato la testa nella tinta, ma poi si è rifatto in grande stile.

WILD WILD WEST – Un tempo però se un giocatore era fuori dagli schemi lo si riconosceva dalle treccine. Clarence Seedorf o Christian Karembeu alla Sampdoria hanno iniziato questa lunga tradizione ma il vero e unico personaggio con la P maiuscola è lui: Taribo West, professione calciatore ma anche pastore di anime perse. Arrivato in Italia con la fama di cannibale ma anche di falso giovane, si è sempre messo in mostra più che altro per quella incredibile ed oscena capigliatura formata da treccine e ciuffettini multicolore, un carnevale sulla testa in pratica. I capelli di West sono stati uno spartiacque per il nostro calcio, si pensava che nessuno potesse arrivare a fare qualcosa di ben peggiore ma ancora non eravamo abituati alla modernità. Per questo quando passano le immagini del grande Taribo in televisione (quasi mai) ci viene sempre in mente di darci una spuntatina ai capelli.

DIVIN CODINO – E poi c’era lui, il Divin Codino. Roberto Baggio poteva essere calvo o con i capelli biondi e ispidi, di pelo rosso o con una cresta assurda, rimaneva Roberto Baggio e per lui parlavano i piedi, il look era un optional. E invece il fenomeno veneto ha deciso di lasciare un marchio nella storia, il codino emulo di Fiorello e gli orecchini simbolo assoluto di ribellione. Rock ma anche musica classica quando partiva palla al piede, e a vederlo giocare era così facile estasiarsi. Inoltre negli anni ’90 i parrucchieri hanno registrato un boom di codini che nemmeno in un porcile: Baggio è stato la prima vera icona pop del calcio italiano, idolo e idolatrato anche per quel capello fuori dagli schemi. «Aaah da quando Baggio non gioca più non è più domenica».

 

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