Conference League
Stankovic: «Un giorno tornerò in Italia, Sampdoria nel cuore»
Le parole di Dejan Stankovic, tecnico del Ferencvaros, alla vigilia della sfida di Conference League contro la Fiorentina
Dejan Stankovic ha parlato ai microfoni di Sky Sport in vista della sfida di Conference League tra Ferencvaros e Fiorentina. Di seguito le sue parole.
PARTITA – «Questo è un capitolo importante in un club che ha una grande storia. Vogliamo andare avanti e crescere sempre di più. Sono qui da tre mesi e sono stato accolto benissimo, con un presidente spettacolare e abbiamo una buona squadra. Siamo sulla strada giusta».
PERIODO NEGATIVO – «Il bilancio è pesante, per fortuna non c’è troppo distacco nel nostro campionato. Volevamo passare il girone in Conference, in una gruppo molto tosto. Tutte e tre le squadre davanti hanno perso punti, possiamo superare il girone e vogliamo farlo».
FIORENTINA – «Sono bravi a fare possesso, a pressare gli avversari. Nell’ultimo terzo del campo la Fiorentina mette pressione a tutti, sono i primi in Italia in questo».
AMICIZIA CON ITALIANO – «Abbiamo giocato contro, poi ho seguito il suo lavoro e il suo percorso. Lo rispetto davvero tanto, l’ho già affrontato quattro volte in panchina e rispetto quello che sta facendo in una piazza non facile. L’anno scorso è arrivato in fondo a due competizioni, poi è stato fortunato nell’essere stato ripescato ma se lo meritava».
TAPPE FORMATIVE DI CARRIERA – «Umanamente sì. Alla Stella Rossa ero a casa, c’era lo sforzo emotivo e professionale. Alla Samp umanamente stavo male, è uno step che mi è servito. La società non merita quello che è successo, ci ho lasciato l’anima e i tifosi hanno riconosciuto quello che ho dato. Qui c’è un club organizzatissimo, che vuole fare bene. I tifosi volgiono il miracolo e la Champions League. Io sono qui per questo».
TORNARE IN ITALIA – «Sì, voglio essere pronto per quando arriverà la chiamata. La mia famiglia è a Milano, un giorno tornerò».
VICINO ALLA FIORENTINA IN PASSATO – «Perché la società fallì. Per questo non sono andato. Mancini era l’allenatore, avevo già fatto le visite, le foto e avevo preso le misure per l’abito. Sono rimasto alla Lazio e da lì ho iniziato a giocare e non ho mai smesso».