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Spinazzola: «Prima dell’infortunio al crociato ero un cavallo pazzo. Derby perso? Brucia ancora»
Leonardo Spinazzola si è raccontato in una lunga intervista al sito della Roma: queste le parole dell’esterno giallorosso
Leonardo Spinazzola si è raccontato in una lunga intervista al sito della Roma: queste le parole dell’esterno giallorosso.
Che preparazione è stata quella svolta la scorsa estate? Forse la più corta mai fatta considerato l’impegno di Europa League che ha prolungato la chiusura della scorsa stagione?
«A dire il vero mi sembra di vivere una stagione unica che dura dodici mesi. Quella estiva l’ho percepita come una breve pausa, come quella natalizia: nella mia testa il campionato è iniziato a giugno, non a settembre. Ci siamo portati dietro il lavoro del lockdown e la partite di giugno e luglio».
Venivate dalla delusione contro il Siviglia: quanta voglia c’era di ripartire in estate?
«I giorni di stacco servivano per ricaricare, ma venivamo da una partita storta che volevamo giocare diversamente. Mentalmente, però, non abbiamo mai staccato perché abbiamo ripreso subito dopo».
Il primo match è stato contro il Verona, che sul campo è finito 0-0 e dove all’84’ hai sfiorato un euro gol: che inizio di campionato è stato?
«Alla prima partita abbiamo già mostrato le nostre potenzialità. Il Verona può cambiare anche tutti gli uomini, ma a prescindere da chi viene schierato è sempre in grado di giocare con un sistema preciso, che valorizza in ogni caso gli interpreti. Chiunque entra fa bene, anche i nuovi arrivati. Ti fanno giocare male e le partite con loro sono come quelle contro l’Atalanta: diverse da tutte le altre. Nonostante tutto, quella fu una sfida nella quale potevamo segnare due o tre gol, a prescindere dalla mia traversa».
Poi c’è stata la sfida contro la Juventus, finita 2-2: come te la ricordi?
«Come la partita che abbiamo buttato di più in tutto il girone di andata».
Addirittura?
«Sì. Avevamo i tre punti in pugno. Avevamo il controllo della partita, ci siamo mangiati due o tre gol. Potevamo chiuderla e non l’abbiamo fatto. Il colpo di testa di Ronaldo è arrivato a difesa schierata. Quella è una partita che mi ha lasciato tanti rimpianti».
Con Udinese-Roma e Roma-Benevento sono arrivate le prime due vittore: sono state le partite della consapevolezza dei vostri mezzi?
«No, perché noi siamo consapevoli da giugno, lo sappiamo che possiamo far bene. Più vinci e più acquisti autostima e le prime due vittorie sono state senza dubbio importanti. Contro l’Udinese fu una partita tostissima, ma lì ci ha pensato Pedro, con un gran gol, si è presentato così in squadra. I grandi giocatori come lui servono anche a questo. Il Benevento è invece un’avversaria molto difficile da affrontare, una squadra con valori di gruppo, ha identità, gioca sempre allo stesso modo, a prescindere da chi affronta, e spesso lo fa bene, un po’ come lo Spezia. Una volta le neo promosse non avevano queste caratteristiche, loro sì».
Contro il Milan è arrivato un pareggio per 3-3, con il gol di Kumbulla a pochi minuti dal termine: è stata più una delusione o siete usciti soddisfatti per come è andata?
«Quello è stato un buon punto. È stata una partita a episodi, giocata alla pari, ma comunque è un punto guadagnato. Non come la Juve, dove ne abbiamo persi due».
Niente da fare, Roma-Juve non ti è andata proprio giù…
«Sì, quella e il Sassuolo».
Proseguiamo in ordine: con Genoa e Parma sono arrivate buone prestazioni, poi la sconfitta per 4-0 contro il Napoli: risultato bugiardo o partita giocata male?
«Quella è stata una partita che nei primi quindici minuti abbiamo giocato bene, facevamo girare la palla, ma il Napoli è molto stretto, è difficile giocare contro di loro. Si è schierato due linee da quattro, Petagna andava sempre sul regista. È difficile affrontare una squadra che si chiude così e all’epoca, se non sbaglio, avevano la miglior difesa. Hanno fatto un gol su punizione e siamo andati all’intervallo in svantaggio di un gol. Poi ci sono stati una serie di episodi, ma noi dobbiamo essere bravi a non farli accadere. È lì che dobbiamo crescere, bisogna tenerla in piedi la partita e se te la giochi essendo sotto solo 1-0 fino a dieci minuti dalla fine puoi sempre fare un gran gol o chiudere una bella azione. Questo aspetto lo dobbiamo migliorare».
Roma-Sassuolo, appunto. Perché la ricordi come una delusione?
«Nel primo tempo era una partita bloccata. Gli episodi arbitrali capitano, da una parte e dall’altra. Però nella ripresa abbiamo giocato anche meglio, nonostante l’uomo in meno, ma dovevamo vincerla, potevamo farcela, stavamo controllando il gioco».
Bologna-Roma 1-5: è forse questa la vostra miglior partita a livello di gioco di squadra?
«Dipende da come gioca l’avversario. Se loro con il terzino prendono il nostro quinto si aprono dei buchi incredibili e in quel caso è successo questo. Poi è vero, abbiamo fatto grandi gol, di qualità e in velocità. Al primo tempo stavamo sopra 5-1, ma non lo so se è la partita migliore. O meglio, il risultato dice così, ma non credo sia questa».
E qual è?
«Sarò ripetitivo, ma Roma-Juve l’abbiamo giocata molto bene. Peccato per il risultato».
Dopo una buona vittoria contro il Torino, siete arrivati a Bergamo chiudendo il primo tempo in vantaggio, con un tuo palo a sfiorare il gol del 2-0…
«…quello è un gol mangiato».
Intendi che dovevi evitare il tocco sotto?
«No, dovevo fare il tocco sotto ma dovevo indirizzarla meglio. Me lo sono mangiato».
Ok. Nel secondo tempo cosa è successo, però?
«Succede che giocare contro l’Atalanta è difficile. Io ci sono stato due anni lì e nell’ultima mezz’ora ci mangiavamo tutti. Ed è ancora così. Nel primo tempo siamo stati corti e bravi a fraseggiare tra le linee, cosa difficile contro di loro. Nella ripresa, però, hanno ingranato la marcia e hanno iniziato a giocare. Con le sostituzioni di Ilicic e Muriel, poi, hanno cambiato la partita. Anche in quel caso, dovevamo restare in gara. Subisci l’uno a uno? Devi restare lì, anche essere brutto per qualche minuto e non allungarti. Come ho già detto, è un difetto da migliorare».
Dopo aver chiuso l’anno bene con il Cagliari ed avere aperto il 2021 altrettanto bene con due vittorie, contro Samp e Crotone, c’è stata Roma-Inter, una partita a due facce finita 2-2. In quel caso c’è da cogliere l’aspetto positivo perché siete riusciti a rialzarvi e a non commettere lo stesso errore di Bergamo?
«È diverso, perché l’Atalanta non si ferma, loro invece dopo il 2-1 si sono abbassati. Ci hanno fatto giocare, hanno iniziato a correre a vuoto. E siamo riusciti a creare qualcosa. L’Atalanta pressa uomo a uomo. Sono partite e squadre diverse».
Brucia ancora la sconfitta del Derby?
«Certo».
Che partita è stata?
«Il calcio è fatto di episodi, ma devi essere bravo a girarli a tuo favore. Se vai sotto 2-0 dopo venti minuti diventa difficile. Perché loro sono fortissimi in quello, si sono messi là, tutti dietro la linea, raddoppiavano sempre, perdevamo palla e ripartivano. In quel caso ti ammazzano, perché perdi energie mentali e fisiche, pensi di non riuscire a passarli, non vedi giocate possibili e contemporaneamente devi farti sessanta metri di corsa per difendere contro calciatori di gamba bravi a ripartire. È nato tutto da due episodi, è vero, ma il calcio è fatto così»
Il match di campionato contro lo Spezia è arrivato dopo la scottante eliminazione in Coppa Italia: quell’abbraccio di gruppo che c’è stato all’ultimo è la fotografia che simboleggia la vostra unione?
«Noi siamo quelli, siamo un gruppo così, unito. Le sconfitte capitano, anche se nessuno le vorrebbe, nemmeno in amichevole, e noi siamo i primi a essere arrabbiati. Ma una cosa è certa: abbiamo consapevolezza della nostra forza e questo è un aspetto importante, perché significa che c’è equilibrio nella testa di ciascuno di noi. Soprattutto qua a Roma è importante. Dopo il Derby eravamo terzi e qualcuno iniziava a dire che bisognava cacciare via tutti. Siamo i primi a essere arrabbiati, vogliamo vincere ogni partita, soprattutto il Derby, nessuno di noi vuole perdere, ma siamo terzi».
Hai fatto l’assist a Karsdorp per il 3-1 e poi quello a Bruno Peres, che ha servito Pellegrini per il 4-3: è uno dei tratti distintivi del vostro calcio il cambio di gioco da un esterno all’altro, anche in area di rigore?
«Sì, è uno degli aspetti positivi della linea a cinque. A quattro sarebbe difficilissimo farlo e servirebbe un centrocampo in grado di coprire tutto. Nel nostro sistema i quinti fungono da ali aggiunte e i tre difensori e il mediano devono essere bravi a chiudere dietro, mentre noi dobbiamo andare sul fondo e a metterla sul secondo palo».
Ci descrivi l’azione del 4-3? Cosa hai pensato quando hai messo la palla in mezzo?
«I pensieri sono stati contrastanti nel giro di pochi secondi. Appena lo abbiamo preso mi sono detto “è finita”, ma poi dal calcio d’inizio ho pensato “adesso lo facciamo”. L’episodio, poi, è andato bene. Vedi? Anche qua è stato un episodio, perché Bryan ha fatto un passaggio che è stato deviato e la palla è andata sul fondo, ma siamo stati bravi a spingerlo a nostro favore».
Sei un destro che gioca a sinistra, è un limite o un valore aggiunto?
«Io gioco a sinistra, quello è il mio ruolo. Per me è un fattore positivo, anche perché quando posso provo a utilizzare anche il sinistro. In fase offensiva sono un esterno aggiunto, che gioca a piede invertito, come capita agli esterni d’attacco. Sono cinque anni che faccio il quinto a sinistra e mi trovo bene là. Come ho già detto in passato, a destra mi trovo male e faccio fatica, dovrei abituarmi e cambiare tutto, a partire dalla postura del corpo».
Dopo il lockdown hai trovato la continuità: cosa è cambiato?
«Io credo di aver migliorato da gennaio 2020, ho giocato buone partite anche prima del lockdown, su tutte penso a Genoa e il Derby».
È allora cosa è cambiato a inizio anno?
«La testa».
Ha inciso così tanto?
«Incide sempre. Poi c’è da dire che durante il lockdown a livello di lavoro fisico mi sono fatto il mazzo»
Non avevi mai lavorato così?
«Prima del crociato ero un cavallo pazzo, mi allenavo il giusto, mi prendevo cura di me quando serviva, andavo a mille all’ora. Poi dopo l’infortunio ho iniziato a fare le cose diversamente, a causa del ginocchio, facendo più palestra. Arrivato a Roma ho provato di tutto, ho modificato l’alimentazione, ma non cambiavano le cose. E il motivo era uno, oltre al fatto che giocavo a destra: la testa».
Hai un passo di gara molto particolare, con accelerate improvvise che mettono in difficoltà gli avversari. È questa la tua caratteristica migliore?
«Lo so che alcuni rimangono sorpresi, ma io sono quattro anni che faccio questo. Con l’Atalanta siamo arrivati quarti e io giocavo così, ma forse avevo poca visibilità. Poi mi sono fatto male e sono uscito un po’ dai radar, ma il mio modo di giocare è questo».
In cosa puoi migliorare?
«In tutto».