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Spinazzola: «Ho imparato dalle batoste. Mourinho mi chiese se avessi paura»
Leonardo Spinazzola parla del recupero dall’infortunio e torna su Euro 2020: ecco le dichiarazioni dell’esterno della Roma
Leonardo Spinazzola ha rilascato un’intervista al Corriere della Sera.
INFORTUNIO – «Peggio il ginocchio. Il legamento crociato ti fa male anche dopo. Dicono invece che il tendine d’Achille, una volta guarito, addirittura si rafforzi. Ho tutto, sono felice. Anche io passo i miei momenti tristi, ma poi guardo avanti e non mi piango addosso».
NIENTE LAMENTELE – «Ci sono arrivato con le batoste. Un giorno, però, ho detto a mia moglie Miriam: se mi lamento ancora per qualcosa che riguarda il calcio, dammi uno schiaffo. Inter? C’è un’altra domanda?».
ITALIA AVREBBE VINTO LO STESSO NEL 2020? – «Abbiamo vinto quello che c’è stato e questo basta. Ci sentivamo forti anche un anno prima. La pandemia è stata un dramma tale che cancella ogni altro discorso. Penso alla gente che è morta, a chi ha perso i propri cari, ai ragazzi che non hanno potuto vivere appieno gli anni più belli. Da piccolo ero sempre a giocare a pallone, mia mamma voleva portarmi via dal campo dopo avermi rincorso a lungo».
CHIESA IDOLO DEL FIGLIO – «Vero. Ho chiesto a Federico di mandarmi un video per Mattia. La prima cosa che mi ha detto è stata: bello, ma domani viene a casa nostra?».
MOURINHO – «Mi ha telefonato prima di Italia-Turchia e mi ha detto: te la fai sotto o sei forte? Hai paura o sei pronto? E io: sono prontissimo, mister, e non vedo l’ora di incominciare».
RIENTRO – «Mi sono fatto una mia tabella di recupero perché devo tenere la testa sempre sul pezzo. Mi aiuta. Sentitrò cosa dice il mio corpo, ma è chiaro che darò retta ai medici».
SEMPRE PENSATO DI FARE IL CALCIATORE – «Le doti, sinceramente, le avevo da subito. Forse ne avevo anche troppe. A volte sono un po’ presuntuoso, come quando alcuni allenatori nelle giovanili mi vedevano già in una posizione di campo più arretrata e io invece volevo giocare più avanti e fare gol. Poi i gol sono diventati sempre di meno ed io sono diventato un terzino. Forse ho perso tempo e qualche occasione. Forse era soltanto la mia strada e dovevo percorrerla in fondo».