2018
Ce l’hanno tutti con lui: Spalletti è solo un Mazzarri che ce l’ha fatta?
Spalletti nuovamente all’attacco di un giornale, colpevole di aver riportato ciò che aveva effettivamente detto. Il tecnico dell’Inter torna ai fasti romani: la sua è una vera e propria sindrome da accerchiamento
Non vi è assolutamente dubbio che Luciano Spalletti sia l’uomo giusto al posto giusto. In una delle Inter più mediocri dell’ultimo decennio (ma probabilmente non la più mediocre) la sua presenza è decisamente un valore aggiunto. Un valore aggiunto di mediocrità, appunto. Non è l’Inter ad essere diventata una squadra modesta grazie al suo allenatore, piuttosto è il fatto che l’Inter sia per motivazioni differenti ed assolutamente plausibili – tecniche, economiche, societarie, quello che vi pare – una squadra modesta che Spalletti è lì (leggi anche: INTER MODESTA, ECCO PERCHÈ C’È SPALLETTI. NON IL CONTRARIO). Chi accetterebbe allo stato attuale di allenare una squadra decisamente lontana dai vertici del calcio italiano (e non parliamo di quello europeo, meglio così va)? Chi si farebbe mai vanto di poter guidare una strampalata corazzata composta da brillanti cercatori di trifola come Brozovic, Eder, Candreva, Santon, tanto per citarne alcuni? Forse Guardiola? Acqua, acqua… Probabilmente Mourinho? Acqua! Ancelotti? Mah! Conte? Mmmh… fuocherello, dai.
L’interista medio non ha ancora accettato il fatto che Spalletti sia la conseguenza diretta, immediata, della mediocrità nerazzurra. Non la causa. Rispetto a quanto scritto ieri però c’è decisamente di più. Di fatto, la modestia di Spalletti non risiede tanto in motivazioni di tipo tattico e nemmeno nella presunta incapacità di gestione della rosa (quale rosa poi, scusate). Che l’ex tecnico giallorosso non sia un innovatore assoluto, è palese ai più, giusto? I risultati ottenuti in passato tuttavia non possono di certo classificarlo come asino. Al di là dei campionati vinti in Russia, è proprio in Italia che Spalletti ha dimostrato di poter competere a discreti livelli con ciò che ha. Cioè con ciò che gli danno (quasi sempre poco, ma non pochissimo). Certo, l’Inter è probabilmente tutta un’altra storia, ma i nerazzurri di oggi di sicuro non valgono più della Roma dello scorso anno. Tutt’altro.
I mediocri non sono mai fatti oggetto di odio, perché l’odio mira in alto
Ciò che consegna Luciano da Certaldo alla schiera dei mediocri appartiene più che altro alla sfera emotiva, o se preferite mentale, o se preferite ancora comportamentale. I giornalisti un po’ scontati scriverebbero che, in senso assoluto, Spalletti non è vincente. In verità il tema è un po’ più complesso di come appare, perché nessuno è vincente sin quando non gli viene data possibilità effettiva di poterlo dimostrare. Potremmo dire per esempio che Marcelo Bielsa, riconosciuto quasi universalmente come uno dei più grandi rivoluzionari del pallone moderno, non ha vinto quasi una ceppa. Nel concreto però, quante opportunità ha avuto davvero per poter vincere? Date un’occhiata al suo curriculum e capirete meglio. Certo, è anche vero il contrario: difficilmente un perdente arriva ad avere opportunità per trionfare, ma non è nemmeno così raro che accada. Piuttosto avvertiamo che la mediocrità sia una malattia dell’animo che si manifesta non tanto nei fatti, quanto negli atteggiamenti. Uno scrittore italiano di inizio secolo asseriva: «Essere un mediocre non è una pena. La pena è accorgersene. Ma è un mediocre chi s’avvede d’esserlo?».
Di certo non pare essersi accorto di nulla Spalletti, nuovamente alla carica ieri dopo le improvvide dichiarazioni rilasciate ad alcuni tifosi romanisti all’interno di un ristorante (pare). Il tecnico nerazzurro non ha di fatto negato di aver parlato un po’ di tutto e tutti e di essersi lasciato andare a qualche commento di troppo sull’attuale situazione nerazzurra («Inter ambiente depresso»), ma non solo («Alla Roma Totti non correva più, Pallotta vende tutti»). Piuttosto è partito all’attacco del giornale che aveva riportato quelle parole (leggi anche: SPALLETTI CONTRO IL CORRIERE DELLA SERA): «Se c’è la volontà di attaccarmi da parte del Corriere della Sera, ne prendo atto». Ora, la domanda che potrebbe sorgere spontanea nelle persone dotate di raziocinio è la seguente: perché mai il Corriere della Sera dovrebbe avercela con Spalletti? Tecnicamente cioè, spieghiamo meglio, quale dovrebbe essere la motivazione per cui un giornale dovrebbe attaccare un allenatore ed una squadra in questo momento, diciamolo con franchezza, di certo non di primissimo piano? Spalletti non è una minaccia per nessuno. Lo scriveva pure Tito Livio giusto qualche millennio fa: «I mediocri non sono mai fatti oggetto di odio, perché l’odio mira in alto».
La sindrome da accerchiamento di Spalletti: Inter, è un nuovo Mazzarri?
Del resto va preso atto di un pregresso non ignorabile che, in questo senso, non depone a favore del tecnico nerazzurro. L’anno scorso, quando era ancora alla guida della Roma, Spalletti guidò una vera e propria crociata all’indirizzo di alcuni giornali locali (cioè della Capitale, nulla a che spartire con il Corriere della Sera: specificazione importante per chi pensasse ad un comune mandante), arrivando persino a pronunciare parole piuttosto infuocate («Giornalisti sfigati, io vi prendo per il culo») in alcune occasioni. Tutti ce l’hanno con Spalletti, soprattutto i colleghi della carta stampata. Luciano, come un noto predecessore in nerazzurro, avverte il rumore dei nemici. Solo che questa volta i nemici non ce l’hanno con l’Inter, ce l’hanno solo ed unicamente con lui. Lo Spalletti in piena sindrome da accerchiamento tuttavia non ricorda nemmeno vagamente il vincente Mourinho dei bei tempi andati, quanto piuttosto un altro toscano che aveva poggiato il sedere sulla panchina interista: l’uomo delle scuse per ogni stagione Walter Mazzarri.
Proprio ora che le cose in casa nerazzurra non sembrano proprio andare per il verso giusto, Spalletti sembra accorgersi di essere al centro di un mirino o, ancora peggio, di un complotto ordito dalla stampa che vuole metterlo sotto attacco. Per un motivo ignoto, eppure a quanto pare sufficiente per farlo sbroccare o più probabilmente per deviare l’attenzione altrove. Dove? Ovunque, ma non in campo. Così l’incubo di un Mazzarri-bis torna a materializzarsi in casa nerazzurra. Protagonista stavolta un altro tecnico toscano forse discretamente più preparato rispetto a chi lo ha preceduto, ma con la stessa permalosità intrinseca. Del resto chi altri è Spalletti, se non un Mazzarri che ce l’ha fatta?