2016
Spalletti conosce lambiente. Ma è un vantaggio?
La Roma è di Luciano Spalletti: l’analisi del ritorno
L’avvicendamento sulla panchina della Roma si è completato: dopo i saluti a Rudi Garcia, protagonista di due secondi posti ma in parabola discendente nell’anno solare 2015, spazio al ritorno di Luciano Spalletti. Che nel quadriennio alla guida della Roma – dal 2005 al 2009 – ha collezionato a sua volta due piazzamenti d’onore in Serie A (più quello concesso dalla vicenda Calciopoli), due successi in Coppa Italia ed una Supercoppa Italiana.
UN’ALTRA ROMA – Quella che poi lasciò con rescissione consensuale del contratto dopo appena due gare del campionato 2009-10: due sconfitte che rinvigorirono alcune differenze di vedute con la struttura dirigenziale già emerse nella sua ultima fase sulla panchina giallorossa. Era la Roma italiana, quella in capo alla famiglia Sensi, è la Roma americana quella che ritrova nella sua versione 2.0: del resto se ne è accorto immediatamente, è bastato il viaggio a Miami atto a finalizzare l’accordo per tastare con mano la nuova realtà. E con ogni probabilità le rinnovate ambizioni: il cambio alla guida tecnica della Roma è stato sofferto e da Spalletti la proprietà attende quella svolta necessaria per (quantomeno) salvare il salvabile, accedere all’Europa dei grandi e come si suol dire portare a casa la pagnotta. Che, nel caso analizzato, sono i fondi necessari a giustificare un importante calciomercato in entrata – quello già svolto – ed a garantire linfa nuova al prossimo.
LA STORIA DELL’AMBIENTE – Tra i pro del ritorno di Luciano Spalletti alla guida della Roma la maggioranza degli addetti ai lavori ha subito inserito l’aspetto conoscenza dell’ambiente: l’allenatore di Certaldo padroneggia ogni angolo di Trigoria nonché qualsiasi sfaccettatura di una piazza che sa esaltarti alla velocità con cui poi ti scarica. Del resto, almeno in parte, gli è accaduto in primissima persona: sicuramente apprezzato per il lavoro tattico e qualitativo svolto, ma allora additato – nelle battute finali – di non essere in grado di sfondare il muro del secondo posto. Qualcosa peraltro appreso alla perfezione dal buon Garcia. Ed il parallelo giunge immediato: il tecnico francese, nella sua stagione d’esordio e dunque ignaro delle pieghe dell’ambiente, ha manifestato il suo lato migliore e di conseguenza la Roma, protagonista di una stagione super da 85 punti ed alle spalle soltanto di una Juventus oggettivamente monstre. Non appena inviluppato nel mondo Roma, ambientatosi a dovere, ha iniziato a dare segnali di cedimento: prima salvando il salvabile, come nel caso del secondo posto della scorsa stagione, poi crollando fino all’esonero.
FUTURO – Dunque: siamo certi che conoscere l’ambiente rappresenti un reale vantaggio? Ovviamente il calo subito dalla Roma di Garcia ha ulteriori spiegazioni non riconducibili alle tensioni dell’ambiente: in tal senso il tecnico francese è reo di non aver trovato un’alternativa tattica al modello calcistico proposto nel primo anno e che in effetti aveva sorpreso il campionato italiano. Anche in relazione al doppio impegno con quel fronte europeo che non doveva gestire prima. Una volta appresa la Roma, gli avversari sono riusciti a limitarla ed è mancato il fatidico piano B. Conseguenza immediata una serie di partite dall’impressionante ripetitività. E noia. Luciano Spalletti nell’esperienza allo Zenit St. Pietroburgo, i più attenti lo avranno notato, ha mostrato una discreta malleabilità: 4-2-3-1 base, non rari però i passaggi ad impianti a due punte o ad un centrocampo più posizionale e meno aggressivo negli spazi. E’ niente più che un gioco avventurarsi nei classici disegnini della Roma che sarà: lo racconterà il campo. La proprietà americana, dopo alcune scelte rischiose, ha deciso di andare sull’usato sicuro. Se funzionerà o meno lo vedremo.