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Solo Fagioli un giorno ci racconterà perché non è bastato puntare su di lui
Prima di Juventus-Sassuolo, nella conferenza che anticipa Juventus-Sassuolo quando Cristiano Ronaldo gioca nel suo primo anno alla Juventus, a Massimiliano Allegri chiedono…
Prima di Juventus-Sassuolo, nella conferenza che anticipa Juventus-Sassuolo quando Cristiano Ronaldo gioca nel suo primo anno alla Juventus, a Massimiliano Allegri chiedono quando mai ci sarà l’Allegrismo nei dizionari, visto che il Sarrismo c’è già entrato. La risposta dell’allenatore, campione d’Italia in carica e che lo sarà anche in quella stagione, sterza su Nicolò Fagioli, all’epoca un ragazzino che gioca nella Juventus Under 23 e si allena ogni tanto con la prima squadra: «L’Allegrismo non deve entrare nei vocabolari. La cosa che vorrei io è che si facesse qualche passo indietro. Noi abbiamo un ragazzo che è Fagioli e vederlo giocare è un piacere, perché è un ragazzo del 2001 che conosce il calcio. È bello vederlo giocare e non ne escono fuori sempre di questi ragazzi e sarebbe bello non perdere ragazzi così. E credo che per farlo si dovrebbe fare quello che si faceva prima, lavorare sui singoli giocatori. Magari saranno passi indietro, ma un passaggio fatto bene vuole dire un’azione da gol, un passaggio fatto male dà tempo agli altri per farli sistemare. E su questi particolari bisogna lavorare di più, perché il calcio, soprattutto per i ragazzi, è un gioco. Normale che quelli che hanno più estro hanno una sensibilità diversa e quindi devono andare al campo e avere voglia di giocare a calcio, perché se gli facciamo passare la voglia di giocare a calcio mollano».
Ecco, una parte della delusione che si può provare nei confronti del ragazzo che oggi ha 22 anni e si sta scoprendo come giocatore più virtuale di quanto abbia fatto in campo, sta proprio qui. Non nel moralismo a buon mercato che si sta spendendo com’è ovvio che sia in questi giorni, sui ragazzi troppo ricchi che sperperano il denaro puntando sulle scommesse. E neanche nella facile psicologia sulla solitudine dei giovani, inghiottiti nel buco nero degli smartphone, visto che più o meno in quel tunnel ci siamo un po’ tutti. A fare male, più di ogni altra cosa, è vedere un talento che rischia di essersi buttato via nonostante fosse stato eletto proprio come il prototipo del ragazzo tecnicamente speciale. Lo aveva fatto anche Andrea Pirlo, che era stato l’allenatore che lo aveva fatto debuttare davvero, andando oltre le parole, impiegandolo come titolare in Juventus-Spal di Coppa Italia e promuovendolo pubblicamente: «Fagioli ha fatto una grande partita a livello fisico e tecnico, è un giocatore importante di prospettiva. Dobbiamo farlo crescere al meglio». Per poi ribadire ancora di più il concetto dopo il suo debutto in Serie A col Crotone: «Fagioli è entrato bene con una bella personalità. È un giocatore che ha il calcio nella testa e questa è una cosa molto importante. È un giocatore che può fare più ruoli, ma secondo me potrà fare il regista perché si posiziona sempre bene nella ricezione e guarda sempre davanti. Non diamogli troppe responsabilità perché è ancora molto giovane».
Ci può stare che tutto questo non basti per rafforzare un ragazzo fragile da una tentazione troppo grande. Si dovrebbe partire da questa “insufficienza” per chiedersi cosa mai succeda se diventa più emozionante puntare sulle partite o sul poker quando tanti puntano su di te come simbolo di una nuova bella generazione di giovani calciatori. Una risposta facile non c’è e chiunque la proponga rischia di compiere una forzatura, una semplificazione o un errore di valutazione troppo grosso. Non è certo il momento, ma sarà Fagioli un giorno – e Tonali, e Zaniolo e gli altri come loro – a raccontarci come non basti l’adrenalina di uno stadio e se ne vada a cercare ancora altrove dove non si è protagonisti, se non quando le cose vanno davvero male.