2016

Emery: «Serie A? Sto bene al Siviglia»

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«E’ un campionato intrigante, ma voglio continuare a vincere qui»

C’è molto del calcio italiano nella filosofia di Unai Emery: meticoloso tatticamente, l’allenatore del Siviglia motiva e corregge i suoi giocatori, provando e riprovando i movimenti alla ricerca dei sincronismi perfetti. Non a caso la scorsa estate è stato cercato da Milan e Napoli. E, infatti, unisce al lavoro sul campo quello tecnologico: «Mi piace aggiornarmi. Lavoro molto sul campo, ma parecchio anche al video. Sfrutto diversi programmi e cerco di analizzare più dati possibili: gps, numeri, statistiche… Un po’ come fanno in Nba. Io e il mio staff studiamo le ultime 4 partite dei nostri avversari: quelle in casa se li affrontiamo sul loro campo o le ultime 4 in trasferta se invece si gioca da noi. Poi prepariamo i filmati da analizzare con la squadra: un’ora di video alla vigilia e 20’ il giorno della partita. Io mi occupo di illustrare concetti, movimenti e schemi collettivi. Un mio collaboratore, invece, cura la parte individuale con i giocatori. A parte prevenzione, forza e lavori aerobici, è tutto con la palla. Direi 80-85%», ha dichiarato Emery a Tuttosport.

PRESSIONE – Poi ha parlato del pressing, un marchio di fabbrica delle sue squadre: «C’è un collaboratore che “allena” individualmente i giocatori in sala. E’ vero, è un tasto su cui punto molto: a me piace che la squadra abbia l’attitudine al pressing. Quando facciamo le esercitazioni tattiche, io ho già studiato gli avversari e di conseguenza alleno i miei di volta in volta su come, quando e dove pressarli. E’ per questo che mi muovo con i palloni sotto le braccia e all’improvviso li butto in certe zone. Io sono dentro al gioco e chiedo un certo gioco. Il dinamismo, per essere trasmesso bene, deve partire da me. Io credo che si giochi esattamente come ci si allena. Se ti alleni in modo dinamico e concentrato, poi lo sarai pure la domenica. E i giocatori, senza l’input dell’allenatore, non sempre lo sono di loro».

LEZIONI – Emery, che non è infastidito dall’etichetta di “professore”, ha svelato i suoi principi e le idee tattiche: «Essere protagonisti del gioco con il pallone e avere sempre una pressione intensa con l’obiettivo di recuperare palla il più velocemente possibile. Mi piace partire sempre dai singoli reparti: la linea dei 4 difensori, gli attaccanti… Poi unisco il tutto, come in un puzzle. Ovviamente dipende anche dal tempo a disposizione: quando non si gioca ogni tre giorni, il martedì lo dedico alle esercitazioni di reparto».

SERIE A – Infine, sul calcio italiano: «Il vostro è un calcio importante e un campionato molto intrigante per gli allenatori. Ma io sto bene al Siviglia e voglio continuare a vincere qui. Mi piace Sarri. Ma in generale studio quelli che affronto: lo scorso anno ho conosciuto bene la Fiorentina di Montella, che praticava un calcio di tocco e fraseggio. In questa stagione ho affrontato la Juventus, che è totalmente diversa: sobria, concreta, forte e con i tre difensori migliori del mondo. Sacchi è sempre stato un riferimento, è stato il numero uno a livello tattico. Mentre Ancelotti è il top nel gestire le dinamiche di gruppo».

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