2012
Shakhtar, Lucescu: “Ecco come sono arrivato…”
SHAKHTAR DONETSK LUCESCU INTER JUVENTUS MILAN BRESCIA – Mircea Lucescu è stato protagonista di una lunga intervista, rilasciata per i colleghi della Gazzetta dello Sport e apparsa nell’inserto Extra Time. Il tecnico dello Shakhtar Donetsk ha parlato del suo arrivo in terra ucraina, facendo poi un paragone con il calcio italiano e parlando degli errori commessi dai nostri club in Europa: “Come sono finito a Donetsk? Hanno iniziato a cercarmi al Galatasaray. Ne sapevo poco, incontrai un loro rappresentante a Bucarest. Il presidente doveva mandarmi un aereo, ma c’era maltempo e non se ne fece niente. Vinsi il campionato, andai al Besiktas, lo rivinsi e buttai fuori in coppa la Dinamo Kiev. Lo Shakhtar mi invitò di nuovo, venni qui e al presidente dissi ancora no: volevo giocarmi la Champions. Akhmetov poi venne a Istanbul: altro no. Mi fa: “Hai vinto due campionati di fila, non te ne fanno vincere un altro”. Andammo a +11, ci successe di tutto e capii che aveva ragione.Mi invitò di nuovo, e gli promisi: riparliamone. Finì la stagione, me ne andai qualche giorno in Italia e luimandò pure lì un aereo. Arrivai a Donetsk e mi presentò a tutti come nuovo allenatore. Che potevo fare? Cosa ho portato alla squadra? Esperienza, fiducia, e la convinzione che si poteva vincere. Arrivo io, e per 2 anni vinciamo il campionato contro la Dinamo Kiev. E non era facile, il loro presidente era pure presidente della federazione… I tanti brasiliani in squadra? All’epoca il Barcellona prendeva i migliori. Io dissi al presidente che non potevamo permetterci quelli già formati: qui non vengono, e se vengono è per soldi. Quindi decidemmo di prenderli giovani, di talento, ed educarli fino ad avere giocatori completi. Si dice che ne puoi prendere uno, due, dopo il terzo fanno gruppo a sé. È vero, fanno gruppo, vivono la loro cultura, ed è giusto. L’abilità sta nel rispettarli e fare in modo che si integrino. Qual è il segreto dello Shakhtar? Ci sono 2 modi per fare la squadra: coi soldi, se non hai tempo, o coi giovani. Nel secondo caso il gruppo te lo ritrovi per 10 anni, basta cambiarne un paio per volta. Il segreto è questo: chi comanda ha una filosofia, trova un allenatore che ha la stessa filosofia e la trasmette ai giocatori. Se tutti pensano nella stessa direzione, arrivano anche i risultati. Come vedo i giovani allenatori? Sono fortunati, hanno la possibilità di osservare, studiare. Prima era tutto segreto, io non potevo vedere altri allenare o leggere. Sono stato molto esigente coimiei tecnici, volevo sapere il perché di tutto.Ora i giovani sono focalizzati sulla tattica, ma hanno un po’ dimenticato le basi, la tecnica. Se ho provato a fare a Brescia come a Donetsk? Come no, ma me li vendevano tutti. Portai il Brescia in A e Corioni ne diede via quattro. Lo stesso a Pisa, così era impossibile. Mi mancava questo tipo di rapporto tra presidente e allenatore. In Italia un allenatore non può essere protagonista, ha bisogno di tempo e titoli per essere stimato. I presidenti cercano di svicolare e cambiare tecnico per essere loro i protagonisti. Sono gelosi. Dove si sono fermate le italiane in Europa? Innanzitutto, avete snobbato un po’ l’Europa. Per esempio, quando ho visto il Napoli che ha giocato in casa del Dnipro con le riserve ho detto: “Impossibile”. Puoi cambiarne un paio ma non mezza squadra, così dai l’impressione che non ti interessa. L’Europa ti guarda, qui spesso sbagliate. I mezzi per risalire ci sono. Però vincere e piazzarsi bene non dev’essere un traguardo, ma una tappa per l’Europa. Un esempio da seguire? La Juventus: stadio di proprietà, serietà, atleti educati secondo lo spirito del club. Non gente che viene così, per un anno o due: li prendono giovani, crescono con la squadra, le danno tutto. Anche l’Inter ha preso questa via. Il Milan invece è rimasto col suo modo di pensare: li prende a fine contratto, di nome, pensamolto all’immagine e poco a costruire. Come fai a costruire con gente di 34-35 anni? Non saranno mai parte della tua anima. La sfida di mercoledì con la Juventus? La rispetto molto, ho seguito il processo che l’ha riportata in alto, fino ad avere di nuovo una squadra capace di lottare e vincere anche in Europa. E non lo fa solo coi giovani: guardate che motivazioni hanno gente come Pirlo o Buffon.“