2017

Sgarbi «Dei calciatori mi interessano le fidanzate. Con Buffon…»

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Vittorio Sgarbi, intervistato da Tuttosport, ha parlato del suo rapporto con il calcio. Dal mito per Sivori alla raccolta delle figurine, dall’amicizia con Buffon all’interesse comune con Bobo Vieri

Quello intervistato da Tuttosport è un Vittorio Sgarbi come sempre disarmante. Ti aspetti di restare spiazzato da ogni sua dichiarazione, ma le sue parole lo fanno sempre in maniera tale da sorprenderti. L’argomento oggetto del dialogo con Fabio Riva è il calcio, cui il critico ammette di non prestare più particolare attenzione da ormai troppo tempo: «A 9 anni già pensavo che avrei voluto diventare poeta». Anche Vittorio Sgarbi, però, è stato tifoso: «Tenevo contemporaneamente per la Juventus e per la Spal, la squadra della mia città». Squadra che adesso è tornata in Serie A e per cui Sgarbi potrebbe addirittura tornare allo stadio: «Sì, infatti, l’ho detto. Per la Spal tornerei allo stadio. Ma non per passione, quanto per amor patrio e considerazione dell’unica forma di reattività che la città ha mantenuto, per l’unica forma di rinascimento che si è data».

Eppure le frequentazioni calcistiche di Sgarbi sono note, quella più solida è con Gigi Buffon: «Legge i miei libri, mi parla di questioni artistiche». Poi però a smarcarsi aggiunge: «Non sapevo chi fosse, se non perché ero stato fidanzato con una sua fidanzata 15 anni fa. Eh sì, questa è l’unica cosa che mi interessa nei calciatori». Con Vieri invece i discorsi toccano altri argomenti: «Con Vieri parleremo di figa, no? Ma si tratta di una frequentazione soprattutto di quando lui era un giocatore attivo». Eppure, da bambino, Sgarbi un mito lo ha avuto: «Facevo la collezione delle figurine. Il mio giocatore preferito era Sivori». A quale artista lo paragonerebbe? «Caravaggio, vivace, fantasioso, potente». Diverso il discorso per l’amico Buffon: «Il portiere tende a proteggere, non a incitare. Dunque un autore che protegge, tra quelli noti, può essere Guido Reni. Dà sicurezza, è un conservatore della grande condizione dell’artista».

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