2020
Serie A, per la ripartenza c’è un nodo da sciogliere. Torna l’ipotesi di giocare al Centro-sud
Per tornare a giocare in Serie A manca l’accordo su un tema fondamentale: cosa fare in caso di nuova positività
Cosa fare in caso di giocatore o membro dello staff positivo. Questa la domanda che assilla i medici, i dirigenti, le squadre e chi sta provando a organizzare un piano per la ripartenza della Serie A. Gli scienziati su questo hanno chiuso tutte le porte, ma non solo loro: di fronte a un caso, i calciatori – o i membri del cosiddetto «gruppo squadra» – devono essere trattati come gli altri. Due settimane di quarantena. Per il «positivo», ma anche per le persone che hanno avuto contatti ravvicinati con lui.
La FIGC, invece, come riporta La Gazzetta dello Sport, aveva invece studiato una sorta di modello tedesco, con una chiusura di una settimana per prevenire qualsiasi possibilità di ulteriore contagio (tamponi a distanza di 24 ore e test sierologici in 5-7 giorni). La spaccatura è netta. Per gli esperti è un aut aut: o prendete in considerazione l’idea di fermarvi in caso di positività oppure è inutile partire. Dovrà esserci un incontro per discutere del nuovo protocollo e intanto sta tornando di moda – spiega La Rosea – l’idea di far disputare le restanti partite al Centro-sud. Sarebbe una scelta complicata anche perché a quel punto almeno mezza Serie A dovrebbe trovarsi centri di allenamento più vicini agli stadi dove si giocherebbe.