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La Serie A resterà a 20 squadre. Già 60 anni fa c’era chi voleva i playoff

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Tutto sul futuro del campionato di Serie A dopo le voci delle ipotesi playoff e della riduzione delle squadre

Nell’odierna intervista al Corriere della Sera, Lorenzo Casini fa una riflessione sull’idea di una riforma dei campionati. In Italia si è tutti d’accordo sull’eccessivo numero di squadre professionistiche. Ma colui che è il presidente della Lega da poco più di un anno e mezzo, non sembra molto incline a cambiare il format della Serie A utilizzando ragioni europee: «Limitare il dibattito a una Serie A con 20 o 18 squadre, se Premier e Liga sono a 20, è fuorviante».
La conseguenza logica, o se volete anche la premessa di questo ragionamento, è che l’Italia pensa di essere al livello dei tornei che più sono al centro del mondo – Inghilterra e Spagna -, laddove nazioni come Germania, Francia, Olanda o Portogallo sono basati su 18 squadre. Come dire: vogliamo che la Serie A sia nella Serie A del calcio continentale, anche se questo ha portato – e non da oggi – a un impoverimento dello spettacolo e alla creazione di un vasto numero di squadre che ad un certo punto della stagione vivono nell’assoluta tranquillità, senza particolari stimoli nel non poter guardare avanti a posti che garantirebbero l’accesso alle coppe europee e neanche preoccupati di scendere di categoria.

Un anno fa, l’amministratore delegato della Lega, Luigi De Siervo, utilizzò la tattica del “finto” interessamento alla riforma, controbilanciato dal grido d’allarme più che preoccupato: «Il campionato a 18 squadre sarebbe un terremoto. Io dico solo che le riforme si fanno insieme. Noi non siamo contrari, lo stiamo dimostrando con i fatti, ma la scelta di passare da 20 squadre a 18 sarebbe sanguinosa. Non è un tabù, ne stiamo parlando comunque, ma bisogna essere attenti perché significherebbe avere 76 partite in meno, oltre il 20% del prodotto e oggi non siamo in grado di ridurre i nostri ricavi perché la struttura dei costi delle società è rigida».
Ancora più indietro nel tempo La Repubblica scrisse che l’idea sulla quale il presidente Figc Gravina stava muovendosi era quella di diminuire in tre anni il numero delle squadre, passando dalle attuali 20 a 18 squadre, attraverso la formula dei play-off e dei play-out, non senza escludere persino un possibile un passaggio intermedio a 19. Il tutto sarebbe dovuto avvenire entro il 2024, quando tra pochi mesi assisteremo alla nuova formula della Champions League basata su un girone unico e con un maggior numero di partite, che imporrà pertanto un calendario ancora più affollato, con la necessità di trovare le date per poter permettere di disputare tutti gli incontri.
Il discorso è naturalmente ancora più complicato. Anche perché, in filigrana, c’è poi l’ombra della Superlega, che prima o poi gettare sul piatto il peso di una proposta più definita. Non è un caso che in tempi non sospetti Giuseppe Marotta definì la Superlega «un grido d’allarme» che andava ascoltato, al di là delle formule organizzative. E ribadiva come fosse prioritario per le big avere una Serie A con 18 partecipanti.
Data la lentezza dei tempi, e rimanendo in casa interista, viene da tornare indietro a 60 anni fa. All’epoca il campionato si basava per l’appunto su una struttura ridotta alla quale è facile non ritorneremo mai: 18 squadre, 3 retrocessioni. Il vulcanico allenatore dei campioni d’Italia, Helenio Herrera, non era uno che le mandava a dire, com’è noto, possedendo un gusto molto accentuato per la dialettica. Perciò, lanciò una proposta (dalle colonne di Hurrà Juventus, mensile bianconero…): «Il campionato è troppo lungo, logorante. Raramente le squadre italiane trovano il modo di battersi in campo internazionale, proprio per l’impellente necessità di ben figurare in campionato. Sono senz’altro per la riduzione del campionato, diminuendo il numero delle squadre. Oppure no: avrei una certa idea, quella di disputare il campionato in diverso modo. Dividendo le squadre in due gironi, con un girone finale a quattro squadre. Penso che sarebbe più interessante e spettacolare. Meno dispendioso in fatto di energie». Era il 1964 e i playoff erano già in agenda. Da allora di cose ne sono cambiate tante. In Italia un po’ di meno…

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