2014

Serbi e albanesi, domani è solo calcio

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Domani a Belgrado c’è Serbia-Albania: un Kosovo di mezzo e la migliore occasione per guardare avanti

SERBIA ALBANIA KOSOVO QUALIFICAZIONI EURO 2016 – Mai incontrati prima. Calcisticamente parlando, s’intende: due soli precedenti nel 1967, per le qualificazioni all’Europeo del 1968 la cui fase finale fu disputata in Italia, quando però la Serbia era ancora parte della Jugoslavia unita. Tanto forte da guadagnarsi la finale salvo poi perderla proprio con l’Italia. Allora nel gruppo 4 delle qualificazioni – l’unico a tre squadre (Jugoslavia, Albania e Germania Ovest) – vinsero due volte gli slavi: 4-0 a Belgrado e 0-2 a Tirana.

GARA “SENTITA”: UN KOSOVO DI MEZZO – Mai incontrati prima, vero, ma esclusivamente sul piano calcistico: la storia delle relazioni tra i popoli serbi ed albanesi rappresenta purtroppo un passato di odio e violenza. Sul piatto l’infinita e controversa questione dell’indipendenza del Kosovo: nata come provincia autonoma serba ma a decisa maggioranza albanese (nei primi anni ’90 la presenza di albanesi si è attestata intorno all’80%), già di per sé presenta questa contraddizione poi sfociata nei massacri a noi noti. La ricostruzione storica racconta di una Serbia che mai volentieri ha guardato alle rivendicazioni – prima autonome poi indipendentiste – kosovare, e di un popolo albanese che da sempre si è battuto affinché la sua costola kosovara potesse autodeterminarsi. Una guerra lunga anni (ufficialmente dal 1996 al 2000, ma le scosse di riassestamento si sono protratte nel tempo), inasprita dall’era Milosevic – poi imputato per crimini contro l’umanità – e risolta dall’intervento aereo Nato contro la Repubblica di Serbia.

L’APPROCCIO DELLE NUOVE GENERAZIONI – Da lì la garanzia di autonomia/indipendenza (concetto ancora non pienamente determinato) per il Kosovo con il ritorno degli albanesi ai tempi costretti a scappare e la fuga dei serbi ora netta minoranza etnica, religiosa e politica. Un rovesciamento delle parti che ha attutito solo parzialmente il grande prezzo che ogni guerra deve pagare: il massacro dei civili. Il vento però sta cambiando: fortunatamente o miracolosamente fate voi, le nuove generazioni – complici le tecnologie a disposizione e dunque una più agevole apertura al mondo circostante – di guerre, odio e contrasti non ne vogliono sapere. Fece il giro del mondo ad esempio la foto che ritraeva due adolescenti – lui serbo e lei croata avvolti nelle rispettive bandiere – baciarsi e nel chiaro intento di voler cristallizzare un simbolo: la pacificazione dei Balcani. Fenomeno che passa inevitabilmente dalle volontà delle giovani generazioni: guardare avanti e non indietro, all’insegna di un percorso pacifico, democratico, di crescita economica e perché no comune.

DOMANI E’ CALCIO – Mai come in casi del genere il nostro amato pallone e questioni che poco hanno a che fare con una sfera rotolante si toccano fino ad offrire un’irripetibile opportunità: quella di partire dallo sport per sensibilizzare. Domani i popoli serbi ed albanesi hanno l’occasione giusta per dimostrare che ad essere nel giusto sono le nuove generazioni: e che quindi a Belgrado, a prescindere da chi vinca, vinca il calcio. La Serbia che ha da riscattare la mancata e per certi versi clamorosa partecipazione a Brasile 2014, l’Albania mai così ambiziosa sotto la guida del nostro Gianni De Biasi: lo scenario è quello del Gruppo I, l’unico a cinque squadre, con tre posti a disposizione. Le prime due accederanno direttamente ad Euro 2016, la terza – se non sarà la miglior terza delle qualificazioni –  finirà ai playoff: la Serbia ha avviato il suo percorso pareggiando al 90’ in Armenia, l’Albania è partita col botto vincendo sul campo del Portogallo del Pallone d’oro Ronaldo e poi impattando in casa con la Danimarca. Proprio le rinnovate ambizioni albanesi (pensare cosa sarebbe stato con i vari Behrami, Xhaka, Shaqiri..) rendono il girone tra i più interessanti dell’intera kermesse: già domani una probabile testimonianza. A patto che a Belgrado sia solo calcio.

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