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Sassuolo Carnevali: «Non siamo abituati a lottare, ma dovremo farlo»

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Le parole di Giovanni Carnevali, direttore sportivo del Sassuolo, che si racconta a 360° a Radio Serie A: i dettagli

Giovanni Carnevali ha rilasciato una lunga intervista a Radio Serie A: di seguito le parole del direttore sportivo del Sassuolo.

PASSIONE PER IL CALCIO – «Arriva da mio papà, un grande appassionato di calcio. Quando ero piccolo mi portava sempre a vedere l’Inter, era tifoso: così mi sono innamorato di questo sport, sognando di fare qualcosa di bello in tale ambito. Crescendo ho avuto la possibilità di giocare a calcio, giocavo alla Solbiatese Calcio, la passione cresceva e migliorava sempre di più la conoscenza del mondo calcistico. Poi, un giorno, ebbi l’opportunità di andare in un grande club, ma rinunciai per rimanere nella mia città. Io e mio padre acquistammo una squadra di dilettanti: erano gli anni Ottanta, la società si chiamava Milanese Calcio. È stato un grande percorso di conoscenza per capire come funziona questo sistema dalla base»

RAPPORTO CON MAROTTA – «Un giorno mi chiamò Giuseppe Marotta appena arrivato al Calcio Monza, aveva acquistato due ragazzi dalla nostra società. Andai a Monzello e con lui è nato subito un bel feeling, lo conoscevo come dirigente e lui mi conosceva come giocatore. Una delle prime cose che gli dissi fu: “dei due ragazzi che avete preso ce n’erano di più forti, ma è rimasto un giocatore che è il più bravo di tutti”. Era il diciottesimo che nessuno aveva scelto, Marotta mi diede fiducia e lo prese. Io gli risposi: “Direttore, questo glielo regalo”. C’è sempre stata grande stima, abbiamo lavorato insieme in diverse squadre. Ho imparato tanto da lui. Il nostro è un rapporto di amicizia ma anche di litigi durante le trattative. Sarebbe fantastico lavorare insieme, può darsi, dipende da cosa farà lui in futuro».

MAROTTA PRESIDENTE FIGC – «È un grande manager e un grande politico, potrebbe essere un ruolo perfetto per lui perché conosce le problematiche del nostro mondo. Lui ha tutte le capacità per ricoprire qualsiasi ruolo».

BERARDI – «Io penso che Domenico sia un ragazzo speciale, bisogna conoscerlo bene perché viene criticato su cose non corrette. Tante volte si va a criticare questi giocatori che sposano la propria maglia: lui nasce e cresce con noi, c’è un legame speciale con la società perché è la nostra bandiera. Quest’estate lo voleva la Juventus, un interesse non concreto perché non siamo mai arrivati a una vera e propria trattativa. La Juventus aveva idee diverse, nella testa del giocatore c’era questo desiderio di provare a cambiare, ma non c’è stato niente che si poteva ottenere».

FAMIGLIA SQUINZI – «Presi una decisione, quella di andare a Sassuolo, perché era una grande sfida. Conoscendo la famiglia sapevo come avrei lavorato, mi hanno permesso di fare tutto, di operare prendendo decisioni in autonomia. All’inizio ho avuto difficoltà: quando si trattava di comprare un giocatore spendendo denaro volevo avere il loro consenso, ma il Dottore era fantastico perché mi dava piena libertà. Oggi c’è la famiglia, ci sono i figli che stanno proseguendo il lavoro dei genitori. L’azienda può avere una visione diversa con tanti giovani, ora. Io mi sento veramente legato a questa famiglia: tante volte parlo del Dottor Squinzi al presente, perché lo sento sempre vicino a me. Sono persone di valore, di un’umiltà incredibile. Cosa mi manca di più? La telefonata del Dottore».

RICORDO DEL DOTTO SQUINZI – «Mi chiamava spesso la mattina, mi chiedeva sempre: “Giovanni, ma quando mi compra Messi?”. Era un grande appassionato di sport, tifoso del Milan. Abbiamo ottenuto tante vittorie contro i rossoneri. Ricordo una partita vinta 4-3 con quattro gol di Berardi, fu una gioia immensa. Dopo il match il Dottor Squinzi entrò nello spogliatoio e disse a Domenico: “Ma dovevi farli tutti oggi?”. Lì capivo che era ancora un po’ troppo milanista, ma col passare del tempo il Sassuolo è diventata la sua squadra, la squadra del cuore. Quando battevamo l’Inter aggiungeva una targa nel suo ufficio, che gli veniva regalata dal nostro addetto agli arbitri, Remo Morini, che è una figura istituzionale del Sassuolo, una persona di famiglia. Ogni vittoria gli regalava questa targhetta, è iniziata con poche, ma poi ne sono arrivate diverse e speriamo di aggiungerne altre»

CESSIONI – «Ci sono due calciatori a cui mi sento particolarmente legato, Davide Frattesi e Manuel Locatelli. Sono due ragazzi che ho cercato di accontentare nel momento della cessione. Il lato economico di una cessione è importante, ma non determinante. A esempio, Locatelli voleva andare assolutamente alla Juventus, noi lo abbiamo accontentato pur rinunciando sotto l’aspetto economico perché c’era l’interesse di un’altra società, l’Arsenal.

SOPRANNOME SCANSUOLO – «Non ci conoscono, tante volte si è pensato facessimo affari con la Juventus, ma non era così. A esempio, abbiamo fatto più trattative con la Roma che con altre squadre, abbiamo preso tanti giovani da loro. Era un detto iniziale come se ci fosse un legame particolare tra Sassuolo e Juventus, ma noi abbiamo la fortuna di avere un buon rapporto con tante società».

DE ZERBI – «De Zerbi lo conosco da quando era ragazzino, giocava nei giovanissimi nel Milan. Il Sassuolo doveva cambiare allenatore e lui ci piaceva come allenatore. Arrigo Sacchi, con cui ho un ottimo rapporto, mi convinse che Roberto potesse essere l’allenatore giusto per noi e per il nostro tipo di gioco, che la società tenta di portare avanti da anni. È stato il miglior allenatore che abbiamo avuto? Io penso a Eusebio Di Francesco, con cui abbiamo avuto tanti anni importanti, arrivando anche in Europa League».

TIFOSI – «Sassuolo è una piccola città di 40 mila abitanti, abbiamo quasi 7 mila abbonati, abbiamo tifosi vicino a noi. Abbiamo gli incassi più bassi perché la nostra politica è quella di avere dei prezzi bassi e accessibili per famiglie e bambini».

STAGIONE – «Una stagione difficile, le motivazioni sono diverse, sarebbe troppo facile dire che abbiamo venduto molti giocatori e che quelli acquistati hanno reso meno. Avevamo ambizioni diverse, qualche errore l’abbiamo fatto noi come società, qualche colpa potrebbe averla il mister, così come i giocatori. Tutti assieme dobbiamo assumerci le nostre responsabilità sapendo che ogni anno c’è qualche squadra che si pensa possa ottenere qualcosa di diverso. Non siamo abituati a lottare, ma dovremmo farlo presto, spronando i giocatori. Credo che anche in questo mister Ballardini ci possa dare un aiuto».

ESONERO DIONISI – «Mi è costato tanto perché non siamo abituati, quando credi in un allenatore – e io credo che mister Dionisi abbia tutte le possibilità per fare l’allenatore a un livello alto – ti dispiace, anche perché conosci la persona, con cui c’è sempre stato un grande feeling. Le difficoltà bisogna superarle insieme, è troppo facile cambiare dopo poche partite. Non è bello e non è giusto, ma quando capisci che è necessario non c’è un’alternativa, anche se è una soluzione sofferente».

BALLARDINI – «In queste situazioni ci può aiutare, ha grande esperienza. Lo sto conoscendo bene in questi giorni: è una persona di poche parole, ma concetti ben chiari e precisi, che è quello che occorre a noi in questo momento. Credo che ci possa dare una mano».

OFFERTE DA ALTRI CLUB – «È vero che ho avuto delle richieste, ma le ho ricevute nel momento in cui il Dottor e la Dottoressa Squinzi non stavano bene. Onestamente non mi sono sentito di prenderle in considerazione, per me non poteva essere accettabile, pensavo che sarebbe stata una pugnalata per loro. Chi mi voleva tra Juve, Milan o Inter? Potrebbe essere una di queste tre, per non dire una bugia non si dice nulla».

FAVOLA FINITA A SASSUOLO – «È impossibile che questa favola possa finire, Sassuolo è una società che in questi anni ha lavorato sempre guardando il risultato, ma anche facendo crescere una squadra di calcio: il progetto Sassuolo va avanti. La società ha uno stadio di proprietà, ha fatto un grande sforzo nell’acquistarlo e nell’abbellirlo, oltre che aver creato un centro sportivo dove si allena la prima squadra maschile, quella femminile e anche tutti i ragazzini. Sono state realizzate tante belle cose, parliamo di una società che oggi è gestita da persone che hanno tante competenze e una grande voglia di fare bene. Chiaro che il risultato sportivo conta, ma i momenti di difficoltà li hanno passati tutti. Non possiamo fermarci ma dobbiamo avere lo stesso pensiero che aveva il Dottor Squinzi: “Mai smettere di pedalare”».

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