2017
Sandri, il ricordo della famiglia: «Gli omaggi per lui sono ammirevoli»
A breve decorreranno i dieci anni dalla morte di Gabriele Sandri. Il padre e il fratello: «Ringraziamo chi lo ricorderà con affetto»
La notte al Piper, la doccia dopo essere tornato a casa, via Pereira, quartiere Balduina, appena un paio d’ore di sonno, la partenza con gli amici verso San Siro da Piazza Vescovio. Gabriele Sandri s’infila su una Renault Scenic: sono in cinque, guida Marco. Ci sono anche Federico, Simone e il suo amico Francesco. Partono alle 6,30 andando incontro al destino che si consuma neppure tre ore dopo, alle 9,18, alla stazione di servizio di Badia al Pino Est sulla Autostrada del Sole, in direzione Milano. Quel colpo di pistola dell’agente Luigi Spaccarotella, esploso senza un motivo plausibile, tronca la vita al dj Gabbo, 26 anni. Una domenica nera del calcio italiano, una morte incredibile per le circostanze in cui si consuma. Sabato saranno passati dieci anni. “Il Corriere dello Sport” ha intervistato il papà Giorgio e il fratello Cristiano, che ancora oggi si portano dentro un dolore immenso,
RICORDARE – Come vi piacerebbe fosse ricordato? C.: «Con spontaneità. Non ci aspettiamo qualcosa, quello che sarà fatto ci farà piacere. Anche se ricorrerà il decennale della sua morte, un anniversario importante, come famiglia non è che volessimo organizzare qualcosa, poteva essere sufficiente il ricordo con una messa, come negli altri anni. E la faremo alle 17 presso la chiesa di San Pio X, nel quartiere Balduina. I ragazzi della Nord, che hanno sempre ricordato Gabriele in questo decennio, vogliono farlo in modo speciale e ci hanno coinvolto nel sit-in organizzato per sabato alle 14,30 sotto la Curva Nord. Sono state invitate tutte le tifoserie d’Italia. Il raduno è previsto proprio in quella zona di passaggio, tra la Curva e la Tevere, che per noi è il pezzo di stadio più rappresentativo. Lo percorrevamo, con papà, per andare in Tevere. E poi per andare in Curva Nord, io e Gabriele, da soli». G.: «Il fatto che ci sia questa attenzione ci fa piacere e ci gratifica, lui sarà contento. Gabriele controlla e vede tutto, ne sono sicuro, soprattutto vede le partite della sua Lazio. Avrà trovato una nuvoletta e sarà lì a tifare».
OMAGGI – Non c’è mai stato un minuto di silenzio, potrebbe essere disposto adesso, 10 anni dopo? G.: «No, ci sono troppi minuti di silenzio. Chi vuole ricordare Gabriele lo ricorda comunque. Devo dire la verità, ho avuto modo di conoscere anche persone che mi hanno dato la soddisfazione di capire che sarebbe stato punito ciò che era accaduto. Primo tra tutti l’ex prefetto Manganelli, capo della Polizia a quel tempo, lo ricordo con tanto affetto. Prese subito posizione, era un grande uomo». C.: «Fu un’assunzione di responsabilità. Tutto il contorno era più resistente per motivi elettorali, chiamiamolo così, alla fine gira tutto lì. E per non andare a impattare contro critiche, per me corrette, perché non si spara su un’autostrada in quel modo: siamo rimasti incastrati tra il politicamente corretto e il non politicamente corretto. L’importante è che sia emersa la verità. Un anno in più o in meno di galera non ci avrebbe ridato Gabriele. Volevamo la verità dei fatti». G.: «Da dieci anni la domenica vado a trovare Gabriele. Quando la Lazio gioca in casa trovo sempre mazzi di fiori portati dalle tifoserie che vengono a Roma. Farsi carico di andare al cimitero di Prima Porta è ammirevole. Ci sono tanti ragazzi che hanno veramente un cuore, a differenza di tanti adulti».