2015

Sampdoria, De Silvestri: «Io come Agassi»

Pubblicato

su

Il difensore blucerchiato: «Con mio padre rapporto complicato»

Un’infazia non del tutto normale quella di Lorenzo De Silvestri: l’esterno della Sampdoria come il tennisa Andre Agassi, che nella sua biografia, “Open”, ha raccontato del rapporto spesse volte conflittuale con il padre che da piccolo lo obbligava a giocare a tennis per ore ed ore durante la giornata con l’unico scopo di farlo diventare un professionista. Oggi “Lollo”, come viene chiamato nella sua Roma, svela: «”Open” mi piace perché è l’autobiografia di un grande sportivo e poi per il rapporto complicato che Agassi ha avuto col padre, in cui per certi aspetti mi sono rivisto». De Silvestri, di ritorno dopo un grave infortunio, non dimentica i giorni in cui il padre Roberto lo spronava a a fare tutti gli sport. Tranne il calcio.

SAMPDORIA, DE SILVESTRI: «MIO PADRE? UN MARTELLO» – «Mio padre? È stato lui a trasmettermi la passione per lo sport, però non esisteva la tecnica o il divertimento: solo il sacrificio. Io ho fatto ginnastica artistica, nuoto, atletica e soprattutto sci di fondo, ma sia a me sia a mia sorella Martina il fondo ce l’ha imposto. Non potevamo neppure fare un po’ di discesa come gli altri ragazzi. Senza sacrificio tutto era una perdita di tempo, si figuri il calcio – le parole di De Silvestri a La Gazzetta dello Sport . Abbiamo litigato tanto: potevo farlo tre giorni a settimana, ma contemporaneamente dovevo fare atletica. Alla fine però devo ringraziarlo, perché ad un certo punto fisicamente andavo il doppio degli altri. Papà non mi abbracciava, non diceva “ti voglio bene”, il suo modo di dimostrarmi l’affetto era starmi sempre vicino». Proprio come Agassi padre…

«HO ODIAOTO IL CALCIO» – Sempre nella sua biografia, Agassi scrive di aver odiato il tennis, di averlo sempre detestato perché impostogli. De Silvestri? «Io ho adorato il calcio, ma mi è capitato di odiarlo quando non giocavo o quando davo meno di ciò che potevo». Come trovare sé stessi con tanta pressione? «Credo che la parola chiave sia equilibrio. Innanzitutto interiore. A me capita di parlare solo, anche allo specchio, capita di dover sopportare la noia. A volte piangevo, soprattutto a Firenze quando stavo fuori. In quel periodo ho avuto anche Sinisa Mihajlovic e adesso so che non ero pronto come calciatore e come uomo. All’inizio anche a me la popolarità mi ha destabilizzato. Ero giovane e tanti si perdono proprio per questo. Noi viviamo in un mondo ovattato, ma poi purtroppo tutto finisce e chi non ti vuole bene davvero si dimentica di te». Tra gli idoli di De Silvestri Gianluca Zambrotta: un tipo normale, da cui l’esterno della Sampdoria ha preso anche lo stile… normale. Tranne per l’orecchino: «Se me lo fossi messo da ragazzo, papà me l’avrebbe strappato e forse anche adesso ci proverebbe, così come farebbe storie per i tatuaggi se li avessi. Per fortuna non mi piacciono. Sull’omosessualità invece ammetto di essere tra quelli che dicono che il calcio non è pronto per i coming out, ma mi pare che la società sia arretrata».

«IO E GABRIELE SANDRI» – De Silvestri ai tempi della Lazio venne alla ribalta per l’amicizia con Gabriele Sandri, il tifoso laziale ucciso dalla polizia per errore in una stagione di servizio: «Molti hanno strumentalizzato questa vicenda. Ma avevo solo 19 anni, andavo dappertutto e ripetevo le stesse cose. Con Gabriele non eravamo amici fraterni, ma ci frequentavamo spesso. Anche adesso, quando posso, mi piace ricordarlo insieme alla sua famiglia». L’avversario più antipatico? Zlatan Ibrahimovic. Meglio il derby di Roma o di Genova? «Alla Lazio ricordo Paolo Di Canio che ci caricava durante la settimana. Ma anche qui a Marassi è tutto bellissimo». Il miglior compagno? Eder. Il miglior avversario invece Diego Perotti. De Silvestri ammette che nel calcio non si dice sempre la verità, ma rivela: «Vorrei essere un esempio per i più giovani, mi piacerebbe essere impeccabile»

Exit mobile version