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Sacchi: «Torino Milan? I rossoneri siano professionali, sulle critiche a Pioli ecco il mio pensiero. E su Juric dico…» – ESCLUSIVA
Il commento di Arrigo Sacchi prima di Torino Milan, l’ex ct sul team di Pioli e non solo, tra aneddoti e riflessioni anche sulla sua carriera
Ventiquattro ore o poco più ci separano dalla sfida di cartello in programma per la giornata numero 37 di Serie A. Alle ore 20e45 di sabato 18 maggio infatti, il Torino ospiterà il Milan tra le proprie mura, in una sfida che si preannuncia fertile di emozioni e ricca di spunti da non perdere.
Entrambe le squadre arrivano infatti all’appuntamento dopo un periodo (sportivamente parlando e non solo) difficile e siamo certi tenteranno di render cara la pelle all’avversario. I sabaudi di Juric, per mantenere in vita le timide speranze di qualificazione ad una competzione europea. Il Diavolo di Pioli, per sanare (forse) definitivamente la fattura che si è andata a creare con i propri tifosi.
Proprio dell’incontro in programma al Grande Torino (e tanto altro) abbiamo avuto quest’oggi l’onore e il privilegio di confrontarci con Arrigo Sacchi. Il pluripremiato ex allenatore – tra le menti calcistiche più brillanti e vincenti della storia italiana – si è espresso così in esclusiva per CalcioNews24. Tanti, come anticipato, gli argomenti di attualità sportiva trattati non solo tangenzialmente nell’intervista, spaziando però anche tra aneddoti e riflessioni legate alla carriera de ‘Il profeta di Fusignano’.
Buongiorno Arrigo, iniziamo subito dal Milan di Pioli. Oggi in conferenza hanno chiesto al tecnico rossonero che squadra vedremo nelle prossime due partite. Lei che idea custodisce a riguardo? Pioli riuscirà a mantenere viva l’attenzione pur in assenza di obiettivi concreti da raggiungere?
«Se sono dei professionisti non dovranno essere svogliati. Credo che i soldi naturalmente arrivino lo stesso ai giocatori, quindi è una questione di sensibilità e di professionalità».
Se, ragionando per assurdo, fosse oggi l’allenatore del Milan, cosa direbbe al gruppo prima delle prossime due sfide?
«Beh…gli chiederei di fare quello che è il loro dovere».
Rimanendo sempre sulla figura di Stefano Pioli, negli scorsi giorni l’allenatore del Milan è stato bersagliato di critiche per il suo operato. Qual è il suo pensiero a riguardo? Il rischio è che si dimentichi quanto di buono fatto in precedenza…
«Pioli per prima cosa è una persona seria, che si è impegnata molto. Ha fatto anche dei passi in avanti. Io mi sono meravigliato molto dalla quantità di giocatori stranieri che sono arrivati contemporaneamente. E non so se per tutti c’è stato il benestare di Pioli. Se c’è stato bene, altrimenti…».
Nell’arco della sua carriera si è mai trovato in una situazione analoga a quella attuale di Pioli? Quando è arrivato al Milan c’era chi la chiamava ‘Il signor nessuno’, poi ha trasformato le critiche in complimenti..
«No, io non sono mai stato esonerato in una ventina d’anni. Non sono mai retrocesso e ho vinto dei campionati. Però, ovunque andavo, in relazione alle loro possibilità, ero io che dicevo i giocatori da tenere e quelli da mandare via».
E quanto ha contribuito la sua fermezza nel giudicare i calciatori prima dalla testa che dai piedi?
«Il calcio è il riflesso della storia e della cultura di un Paese. La nostra storia e la nostra cultura…non sono un granchè. Fare squadra è un peccato in Italia, è la cosa più improbabile. Metti dieci persone e sono capaci di fare tre o quattro gruppi diversi. Io cercavo delle persone affidabili. Delle persone possibilmente intelligenti, delle persone generose e corrette. Insomma, quello che in Italia è molto difficile trovare».
E ci ha sempre visto lungo?
«Errare humanum est! Anche se io qui…mi sono sbagliato poco».
Quando ha maturato questa visione sul calcio nostrano? E’ figlia di un percorso o è una condizione che il nostro Paese alberga da tempo?
«Io ero bravo in storia. Tanto che ai miei giocatori ricordavo sempre Giulio Cesare, che conquistò la Gallia con cinquanta mila uomini…i Galli erano cinque milioni. Ma i cinquanta mila erano compatti, arrivavano tutti insieme, mentre gli altri erano tutti sparsi. E questo vale per il calcio. Il nostro calcio purtroppo è l’immagine di come siamo ed è un’immagine allarmante».
Il pensiero non può quindi che andare alla Nazionale Italiana. Spalletti si trova dinnanzi ad un impresa ardua. Quanto saranno importanti il suo lavoro e le sue qualità umane agli Europei?
«Come ho già detto Spalletti è molto bravo, noi Italiani però non abbiamo un chiaro sistema di gioco definito. L’Ucraina ha uno stile, la Germania ha uno stile, la Francia ha uno stile. L’Argentina e l’Uruguay avevano uno stile. L’Austria pure. E noi cosa avevamo?».
Tornando invece alla partita di domani, Juric può rappresentare un problema per i rossoneri? Qual è il suo giudizio sul tecnico croato?
«Juric è un allenatore serio, che si impegna. E quando uno si impegna non si può che dire bene di lui. Domani sarò curioso di vedere la partita. Speriamo che i giocatori del Milan si ricordino che il Milan è stata una delle più grandi squadre del Mondo».
Abbiamo discusso del passato e del presente, concludiamo con il futuro. Questo Milan, in attesa di un nuovo allenatore, può guardare ai prossimi anni con speranza?
«Attualmente vedo una grande confusione. La mia speranza è che il Milan in futuro riesca a dimostrare altro».
Si ringrazia Arrigo Sacchi per l’immensa cortesia, la competenza e la disponibilità mostrate in occasione di questa intervista