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Ronaldo: «Tre favorite per lo scudetto. Milan alla pari di Inter e Juventus»

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L’ex Fenomeno brasiliano Ronaldo ha parlato delle squadre favorite per vincere la prossima Serie A

Ronaldo, ex Fenomeno brasiliano che in Italia ha vestito le maglie di Inter e Milan, in una intervista a La Gazzetta dello Sport ha fatto le carte alla prossima Serie A.

FAVORITE – «Inter, Juventus, Milan: le tre favorite, ma in ordine alfabetico. Chi sarà “la” favorita lo vediamo a fine mercato».

INTER – «L’Inter poteva vincere lo scudetto già l’anno scorso, diciamo pure che ad un certo punto l’aveva praticamente vinto. Perché è tornato Lukaku, uno che soprattutto in Italia, come si è visto e come si dice, fa la differenza. Perché lui e Lautaro possono essere una coppia quasi perfetta, e si è visto anche questo. Tanto feeling, tanti gol: cose che fanno bene ad una squadra. L’Inter ha perso lo scudetto perdendo il derby e gestendo male gli unici due mesi di difficoltà della stagione: è in quei momenti che ti serve coraggio, vincere partite complicate invece di pareggiarle. Ti serve aggrapparti a qualcuno: aggrapparsi a uno grosso come Lukaku è più facile».

JUVENTUS – «Conosco abbastanza come funzionano le cose nel vostro campionato per sapere che la Juve non poteva permettersi un altro anno come quello passato. E sta andando sul sicuro. Allegri ha detto “Vincere lo scudetto è un dovere”, giusto?. Anche fare meglio in Europa, credo. Ma intanto dopo due anni senza scudetto la Juve non ha pensato a lungo termine, ma a vincere subito. Altrimenti non sarebbe andata su Di Maria e Pogba, no? Gente che non ha niente da dimostrare, gente che sai cosa ti può dare e difficilmente non dà. E soprattutto: giocatori che in Italia fanno la differenza, possono vincere alcune partite anche da soli».

POGBA KO – «Quella è sfiga. Ma di sicuro ci sarà quando si deciderà la stagione».

DI MARIA – «Eh, lui lo conosco bene: a Madrid c’era chi andava allo stadio solo per vedere lui. Non gli daresti mai 34 anni, fisicamente sta ancora da dio. E giocando vede cose che quasi tutti gli altri non vedono. Lui non gioca, inventa: soprattutto assist».

CHIESA – «Me ne intendo di infortuni gravi, purtroppo. Lui probabilmente è il giocatore italiano più forte: per il suo modo di giocare gli servirà un po’ di tempo per ritrovare la forza e gli strappi di prima, ma avere nei tre davanti due giocatori così diversi e così complementari come lui e Di Maria permette di giocare in tanti modi. E di cercare un calcio molto offensivo: quello che serve in Europa, dove è più facile vincere giocando che speculando. Anche se può succedere pure il contrario».

BREMER VALE DE LIGT – «È il discorso che facevo prima: De Ligt ha 22 anni, per almeno dieci può essere uno dei difensori più forti del mondo. Però Bremer non è vecchio e viene da un grande campionato: nell’immediato, se saprà ripetersi, non darà alla Juventus molto meno di quello che le avrebbe dato De Ligt».

MILAN – «C’è una base importante, fatta di giocatori e di un’idea di calcio che immagino resterà, ma si può ancora migliorare. Corta in attacco? Dipende. Se Leao fa l’ultimo salto di qualità e Origi fa vedere, con continuità, quello che finora si è solo intravisto, direi di no. Altrimenti forse sì: Giroud non basterebbe».

DE KETELAERE – «Non lo conosco benissimo e credo che per valutare un giocatore non basti vederlo nel Bruges, anche se lui gioca pure in nazionale. Comunque la qualità, la fantasia e la modernità vanno sempre bene: può essere quello che serve ad una squadra che ha fatto vedere di essere anzitutto solida, non solo in difesa».

NAPOLI STACCATO – «Molto non so, ma di sicuro ha perso giocatori importanti: Koulibaly, soprattutto. Poi aspettiamo di vedere cosa faranno sul mercato da qui a fine agosto, ma ad esempio la Roma ha già fatto di più, mi pare».

ROMA – «Più che altro mi diverte il fascino di Mourinho. Dirigenti, calciatori: a lui è difficile dire di no. E ti fa fare quello che vuole lui, ma convincendoti che è una tua scelta. È l’allenatore giusto per toccare le corde giuste di Dybala, che a Roma può diventare un idolo, come forse alla Juve non si è mai sentito davvero fino in fondo».

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